La speranza cura l'anima

Padre Stefano M. Manelli spiega il Secondo mistero gaudioso del Rosario

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di padre Stefano M. Manelli F.I.

ROMA, martedì, 22 maggio 2012 (ZENIT.org) – In questo mistero contempliamo il disegno di Dio che realizza le speranze dei suoi figli.

Sant’Elisabetta sperava nella maternità, voleva diventare mamma, bramava un  figliuolo da offrire  a Dio. E fu esaudita nella speranza.

La Madonna  Santissima  sperava  con  l’umanità intera nell’avvento del Rendentore  e Salvatore. Bramava affrettarne l’arrivo per essere a suo totale servizio. E fu esaudita anch’Ella.

Chi  spera  nel  Signore  non  resterà  deluso.  «Ho sperato  in  te,  Signore,  non  sarò  confuso  in  eterno»(Sal 30,2).

La virtù della speranza è  la virtù che ci  fa guardare in alto, ci fa confidare in Dio, ci fa attendere sereni  l’aiuto  e  il  conforto  da Colui  che  ci  ama  e  non manca di provvedere ai suoi figli.

Certo, la nostra speranza deve riguardare soprattutto i veri e i grandi beni, che sono quelli spirituali ed eterni;  ma  non  esclude  anche  i  beni  temporali,  per quanto siano secondari.

Il nostro grave difetto, invece, sta nel fatto che noi siamo  ripieni  quasi  unicamente  di  speranze  terrene.

Noi speriamo di avere il lavoro, di stare bene in salute, di  trovare marito, di vincere  il concorso, di avere una casa, ecc… Tutte cose buone, ma certamente non così  importanti e necessarie come  la salvezza dell’anima,  l’amore  di Dio  e  del  prossimo,  la  fedeltà  alla Chiesa, la pratica dei Sacramenti, l’esercizio delle virtù, la vita di preghiera e di penitenza, l’aspirazione alParadiso…

Quando  san  Tommaso  Moro,  Gran  Cancelliere d’Inghilterra, fu condannato a morte per la sua fedeltà alla religione cattolica e alla Chiesa, nel giorno del suo martirio salì sul palco dei giustiziati con  il volto sereno di chi si reca a una festa. Il carnefice stesso rimase così colpito che gli chiese perdono perché doveva tagliare la testa a una persona così nobile e lieta nel portamento. Ma san Tommaso lo abbracciò e gli disse: «Amico, tu mi fai il più gran piacere del mondo: tu mi apri le porte del Cielo!».

La speranza, virtù teologale, ci lega a Dio, Padre buono, ci lega al Paradiso e ci sospinge ad esso come al Regno di ogni gioia divina e della felicità eterna.

A noi capita,  invece, di  legarci e di sperare solo negli  interessi e nelle  soddisfazioni  terrene, al punto che spesso facciamo servire la stessa pratica religiosa solo  al  conseguimento  di  speranze  terrene:  la  guarigione da una malattia e la buona riuscita di un esame, ad esempio. Poi, appena ottenuta  la guarigione o superato l’esame, addio preghiera e Comunione! Non è forse vero?

La speranza della Madonna, invece, ci appare sublime nella sua tensione amorosa verso Dio, invocato e bramato come Redentore dell’umanità, e Salvatore delle anime per l’eternità. La sua anima ha sperato nel Signore  distaccata  da  se  stessa  e  da  ogni  appoggio umano.

E Dio  la  sostiene  e  la  conduce  all’esultanza del bene sperato: «Il mio spirito esulta…» (Lc 1,47).

Il frutto della speranza, infatti, è la gioia. Nel Magnificat della Madonna c’è  l’esplosione della gioia e della gratitudine di Colei che ha visto la realizzazione delle sue speranze. La Madonna esulta per  l’avvento della Redenzione e della salvezza degli uomini, da Lei sperate con umile e fiduciosa attesa.

Per questo Ella è sempre  pronta  a  riempire  gli  uomini  di  speranze  in ogni situazione di travaglio. Anche l’ultima parola del grande messaggio di Fatima è una parola di immensa e gioiosa speranza: «Infine, il mio Cuore Immacolato trionferà!».

Di fronte allo scenario del mondo in sfa celo di corruzione e di violenza, di errori e di sporcizie, possiamo rivolgerci a Colei che la Chiesa chiama «Madre di misericordia,  vita, dolcezza  speranza nostra…», possiamo attendere con  fiducia  il giorno del trionfo del Cuore Immacolato di Maria.

In quel giorno,  anche  noi  canteremo  il Magnificat  della  gioia  e della  riconoscenza,  se  saremo  stati  fedeli al  suo materno messaggio di preghiera e di penitenza, di consacrazione  al  suo  Cuore  Immacolato  e  di  riparazione delle colpe nostre e altrui.

In particolare, per  tutte  le  anime devote del  suo Cuore Immacolato, la Madonna ha offerto non solo la speranza della salvezza, ma anche il privilegio di trovarsi  in  cielo  molto  vicine  a  Dio,  perché  «saranno amate da Dio  come  fiori da me posti  ad  adornare  il Suo trono». 

Dio  voglia  che  noi  siamo  del  numero  di  queste anime predilette!

*Per ogni approfondimento: Padre Stefano Maria Manelli, “O Rosario benedetto di Maria!” (Casa Mariana Editrice)

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ZENIT Staff

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