di Maria Chiara Petrosillo
ROMA, martedì, 22 maggio 2012 (ZENIT.org) – Mercoledì 16 maggio il Diploma di Specializzazione in Studi Sindonici dell’Ateneo Regina Apostolorum (www.uprait.org) ha avuto come ospite il Dott. Alberto Di Giglio, docente di Storia del Cinema Sacro e Religioso presso Il Centro Sperimentale di Cinematografia-Sede lombardia.
Dal 1990 è presidente dell’Associazione Culturale Sindonis Cultores, curatore e direttore del sito web sindonologia.it. Autore del documentario “La Sindone, il Segno del nostro tempo” è stato dal 1999 al 2003 direttore de “Il Telo” Rivista quadrimestrale di Sindonologia.
ZENIT lo ha intervistato per capire meglio il rapporto che può esserci tra Sindone e Cinema.
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Che c’entra la Sindone con il cinema?
Dott. Di Giglio: La Sindone nella sua natura di immagine evoca il cinema, si tratta di una reliquia / immagine di grande suggestione e fascino. La fotografia già nel lontano 1898 rivelava la sua natura bidimensionale, ottanta anni dopo, nel 1978 gli americani Jumper e Jakson, in Italia l’informatico Tamburelli ne rilevarono la sua tridimensionalità. Il cinema è movimento, è dinamica di immagini in sequenza, e la Sindone, in quanto immagine in “movimento”, dalla fotografia alla rivelazione tridimensionale è un fenomeno che sorprende.
Un dato porta a riflettere, l’apparizione fotografica del 1898 avvenne esattamente due anni dopo la nascita del Cinema, inaugurando in certo qual modo il filone del cinema cristologico.
Analizzare il “cinema cristologico” significa occuparsi della storia del cinema tout court. Si tratta infatti non soltanto di una realtà quantitativamente rilevante, ma soprattutto di un fenomeno compresente allo sviluppo della settima arte. Dopo che le arti visive (e soprattutto la pittura delle nazioni cristiane, a Occidente come ad Oriente) e le sacre rappresentazioni si erano nutrite per secoli dei racconti biblici, anche nell’evoluzione delle immagini in movimento la presenza evangelica – e più in generale scritturale – è stata una presenza non secondaria.
In particolare, il cinema che si rifà alla Bibbia sembra essere una sorta di fil rouge che si rinnova ad ogni svolta: dalle primissime “Passioni” cinematografiche alle riletture a vario titolo scandalose, passando attraverso i Kolossal hollywoodiani. Specialmente il Nuovo Testamento ha accompagnato la storia dell’audiovisivo, seguendone i mutamenti di capacità rappresentativa e di gusto, anticipando alcune sensibilità e prospettando alcuni punti di vista, tanto che si è arrivati a dire come nella “rappresentazione di Cristo sullo schermo si rifletta l’intera storia del Cinema”
Cinema e Sindone hanno trovato una felice sintesi in occasione della solenne ostensione del 2010, quando la città di Torino ha offerto al mondo il meglio dei suoi tesori, in quei giorni raccolti presso il Museo Nazionale del Cinema che ha la sua sede all’interno della Mole Antonelliana. Qui i pellegrini della Sindone potevano ammirare l’immagine di Gesù raccontata in trenta film, in una mostra dal titolo “Ecce Homo” L’ immagine di Gesù nella storia del cinema. Una imponente rassegna con foto di scena , manifesti, locandine e riviste, narranti i grandi capolavori del cinema cristologico a partire dagli inizi del Novecento.
Scrive Jean-Michel Frodon nel suo intervento di presentazione al catalogo della mostra: “Il cinema inventato nel e dal mondo cristiano, intrattiene con la figura del Cristo un rapporto profondo e misterioso, che va al di là delle semplici illustrazioni della “più grande storia mai raccontata” che ha prodotto” ”. </p>
Quale legame tra un immagine misteriosa e l’arte cinematografica?
Dott. Di Giglio: Il compito della cinematografia è quello di rappresentare, narrare, o meglio interpretare, rendere visivo quanto la natura umana ci può dire nelle molteplici forme e realtà. Nello specifico Sindone parliamo di quegli eventi legati alla figura storica di Cristo; c’è poi da dire che la distanza che intercorre tra gli eventi storici narrati dai vangeli e la rappresentazione o ri-figurazione, nello specifico del linguaggio cinematografico può arrivare a deludere le aspettative porto ad esempio alcune fiction televisive piuttosto scadenti, oppure stupire in positivo come I cavalieri che fecero l’impresa di Pupi Avati o Il Messia di Roberto Rossellini.
La Sindone può essere vista come il racconto di una storia?
Dott. Di Giglio: La Sindone è narrazione, è racconto, dove la storia parte dalla testimonianza orale, fino a quella scritta e a quella dell’immagine in sé. La Sindone ci racconta i momenti ultimi della vita terrena di Cristo, ci mostra quanto i vangeli non dicono. Gli evangelisti ci dicono che fu flagellato, non come fu flagellato, non come fu coronato di spine e crocifisso, la Sindone ci mostra come tutto questo accadde. Tutto è fissato in quel telo. La Sindone ci mostra l’Hecce Homo, ma anticipa ed “annuncia” anche il Risorto.
Quanto è visto il cinema sindonologico?
Dott. Di Giglio: Occorre ricordare che solo alcuni film, nello specifico quelli storici su Cristo affrontano un esplicito riferimento alla Sindone; abbiamo tuttavia molteplici riferimenti e indizi diretti ed indiretti in vari film, tra i quali: Golgotha di J. Duvivier del 1935, il primo film su Cristo dall’avvento del sonoro; il Messia di Roberto Rossellini; Gesù di Nazaret di Franco Zeffirelli; The Passion di Mel Gibson; The Last Temptation di Martin Scorsese; I Cavalieri che fecero l’impresa di Pupi Avati.
Ci sono poi film la cui narrazione oscilla tra l’oggi – con i suoi problemi, dubbi, e punti di vista- ed il tempo delle fonti originali. Si tratta sovente di opere dove vediamo contestata la storicità e la dottrina di Cristo, come ad esempio: The Body di J. Conard; L’Inchiesta di Damiano Damiani del 1988; 7 Kilometri da Gerusalemme tratto dal libro di Pino Farinotti con la regia di Claudio Malaponti. Ci sono poi una quantità sterminata di documentari sulla Sindone, alcuni di grande pregio artistico dei quali è doveroso ricordarne almeno un paio: The Silent Witness di David Rolfe, (Gran Bretagna, 1978), ed In Search of Historic Jesus di Henning Schellerup (Usa, 1979).
Qual è il film che meglio rappresenta la vita di Gesù Cristo e la sua passione dal punto di vista della Sindone?
Dott. Di Giglio: Non parlerei di un solo film, piuttosto di trasversalità di visione dei vari autori: Pupi Avati ad esempio nella suggestione di un approccio religioso alla reliquia e del contesto storico tra la scomparsa da Costantinopoli dopo il 1204 e la sua apparizione in Francia nel 1356; Roberto Rossellini ne Il Messia per come ci mostra la deposizione del corpo di Gesù nella lunga e bianca Sindone; Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli, nella dinamica visiva della scoperta del sepolcro vuoto e del ritrovamento della Sindone. Ancora Pier Paolo Pasolini nel Vangelo Secondo Matteo del 1964, o ancora Christus di Giulio Antamoro del 1916.
Questi vanno ricordati per quanto attiene alla visione dell’oggetto Sindone. Ci sono poi registi che hanno mutuato in maniera interessante le indicazioni emerse dagli studi sulla Sindone come, ad esempio, le modalità della crocifissione, la coronazione di spine, dell’infissione dei chiodi nei polsi … I film più vicini ai dati sindonici sono L’ultima te
ntazione di Cristo di Martin Scorsese, Golgota di Julien Duvivier del 1935, ed il film di animazione Miracle Maker. Infine Mel Gibson nel suo The Passion, si discosta sensibilmente dai dati sindonici per quanto attiene alla crocifissione e la coronazione di spine, recuperando in maniera spettacolare e suggestiva lo “svuotamento” della Sindone nell’attimo finale del film: la Resurrezione.