ROMA, mercoledì, 16 maggio 2012 (ZENIT.org) – Riportiamo di seguito il saluto di monsignor Enrico dal Covolo, Rettore della Pontificia Università Lateranense, durante l’incontro Pio XII, la questione antropologica e l’ordine sociale. Ricordando il radiomessaggio del 1942, svoltosi oggi nell’Aula Paolo VI dell’Ateneo.
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Eminenza Reverendissima,
Illustri Ospiti,
Professori e Studenti,
Amici tutti,
esprimo un sincero compiacimento agli organizzatori di questo convegno, in particolar modo al drappello dei membri, solerti e attivi, del “Comitato Papa Pacelli – Associazione Pio XII”, che da tempo, oramai, e con iniziative diverse, contribuiscono alla conoscenza dei poliedrici insegnamenti di questo venerabile Pontefice che – come auspichiamo – presto la Chiesa onorerà come beato.
Ancor oggi, purtroppo, quando si parla del venerabile Pio XII si solleva la questione del suo presunto “silenzio” durante la tragedia dell’Olocausto. Anche se gli storici seri, di qualsiasi orientamento ideologico e di qualunque appartenenza religiosa, hanno mostrato l’infondatezza di questa obiezione – come sicuramente ci ricorderà anche il dottor Tornielli –, l’argomento rischia di far passare in oblio altri aspetti importantissimi dell’attività e del magistero di questo Papa, nonostante il pur cospicuo numero di simposi di vario genere e di pubblicazioni registrato cinque anni fa, in occasione del cinquantesimo anniversario del suo pio transitus.
Il convegno odierno si colloca dunque in un ampio contesto, scientificamente pregevole, di riscoperta degli insegnamenti di Papa Pacelli.
In particolar modo, il tema affrontato è Pio XII, la questione antropologica e l’ordine sociale. Ricordando il radiomessaggio del 1942. Ritengo che ricordare, a distanza di 70 anni, questo messaggio sia di non poca importanza per il vissuto ecclesiale e per le sfide culturali e sociali che stiamo affrontando.
1. Anzitutto, quel famoso radiomessaggio è di non poca importanza per il vissuto ecclesiale. Ne spiego la ragione che, a me, appare duplice.
In primo luogo perché esso rappresenta una delle fonti più ricche e articolate di quella forma del sapere cristiano, che conosciamo come “Dottrina sociale della Chiesa”. I temi affrontati nel radiomessaggio del 1942 spaziano dall’economia ai rapporti tra gli stati, dai fondamenti dell’ordinamento giuridico nazionale ed internazionale, fino alla pace tra i popoli e nella compagine sociale.
Si trattò di un intervento così poderoso, da potersi paragonare a una sorta di “enciclica sociale” non scritta da parte di Papa Pacelli. Non ci sorprende, dunque, che il documento più completo in materia di Dottrina sociale della Chiesa, ossia il “Compendio della Dottrina sociale della Chiesa” citi per sei volte riferimenti al radiomessaggio del 1942.
Vi è anche un’altra ragione, che rende significativo il radiomessaggio del 1942 per il vissuto ecclesiale odierno.
Come è noto, la Chiesa intera celebra il cinquantesimo anniversario della celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano II, e anche la PUL si è attivata con una serie di iniziative di notevole livello scientifico. Orientati dai moniti del Papa Benedetto XVI, tutti desideriamo evitare di adoperare la cosiddetta “ermeneutica della discontinuità”, sostenuta da opposte fazioni, per adottare, invece, quella – teologicamente più convincente – della “continuità”.
In effetti, un’ammirevole continuità collega il magistero di Pio XII a non pochi dei documenti conciliari. Se ciò è noto per i legami che sussistono, ad esempio, tra la Mediator Dei e la Sacrosanctum Concilium, tra la Mystici Corporis e la Lumen Gentium, credo che pure la cosiddetta “apertura al mondo”, che costituisce una delle scelte conciliari più rilevanti, non sarebbe stata pensabile senza il cospicuo magistero sociale del Papa Pio XII.
Oserei dire: senza il radiomessaggio del 1942, cui si associano quelli non meno considerevoli del 1941 e del 1944, non avremmo avuto elementi dell’impalcatura dottrinale della stessa costituzione Gaudium et Spes.
Auspico che il convegno odierno e altre iniziative, che seguiranno, possano illuminare tale aspetto e consolidare così l’approccio ermeneutico al Concilio Vaticano II, tanto raccomandato dal Papa Benedetto XVI.
2. Inoltre,l’argomento affrontato nel convegno di quest’oggi è significativo per le sfide che la società tout court sta affrontando drammaticamente. Nel 1942 l’umanità era sconvolta dalla tragedia della seconda guerra mondiale e il Papa Pio XII, mentre ancora non si intravedeva l’esito di quel conflitto di proporzioni mai sperimentate nella storia fino a quel momento, levò la sua voce autorevolissima per indicare principi e criteri per la ricostruzione spirituale, morale, economica e giuridica della società.
Oggi la società mondiale non è dilaniata da un conflitto armato, ma è percorsa da una crisi finanziaria, i cui sbocchi appaiono incerti e preoccupanti. La Chiesa, esperta in umanità, offre il suo contributo di azione e di pensiero, affermando che ogni soluzione non potrà ignorare, pena il fallimento dei tentativi, la dimensione etica e spirituale delle operazioni di rinnovamento, proprio come il Papa Pio XII ricordò ai belligeranti e agli uomini di buona volontà nel 1942.
Inoltre, quel celebre radiomessaggio egli costituì – e non uso un’espressione iperbolica – la magna charta del personalismo cristiano, ponendo a fondamento della società la persona umana, con la sua dignità inalienabile e i suoi diritti fondamentali, soprattutto in quanto lavoratore e in quanto membro di una famiglia fondata sul matrimonio.
Dalla ricchissima dottrina del personalismo, formulata ai tempi di Pio XII da pensatori del calibro di Gilson, Mounier, Maritain, purificata in qualche suo elemento meno convincente proprio dal magistero di Papa Pacelli, poi destinata a svilupparsi in concetti quali quello dell’ “umanesimo integrale”di Paolo VI, possiamo trarre motivi di speranza e di rinnovamento per rispondere anche alle gravissime sfide dei nostri giorni.
Mi piace perciò concludere il mio saluto, sinceramente affettuoso per ciascuno di voi, con una citazione tratta dal radiomessaggio del 1942: “Origine e scopo essenziale della vita sociale vuol essere la conservazione, lo sviluppo e il perfezionamento della persona umana”.