di H. Sergio Mora
CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 6 maggio 2012 (ZENIT.org).- In mattinata nell’Aula Paolo VI in Vaticano, si è svolta la cerimonia per il giuramento di 26 reclute della Guardia Svizzera Pontificia.
Davanti a cardinali, vescovi, esponenti del Corpo diplomatico presso la Santa Sede ed al rappresentante del Papa, il sostituto della Segreteria di Stato, mons. Giovanni Angelo Becciu, le nuove guardie svizzere hanno prestato solenne giuramento sulla bandiera del Corpo.
Prima del giuramento, il Segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, ha celebrato una messa per il corpo della Guardia Svizzera all’altare della cattedra della basilica vaticana, spiegando che “ci vuole coraggio per rendete testimonianza al Vangelo. Lo dico pensando a voi, care guardie svizzere, e vi esorto a farlo con gioia non solo quando siete in servizio, ma sempre, in ogni momento e situazione della vostra vita”.
Il Pontefice Benedetto XVI al termine del Regina Caeli in Piazza San Pietro, ha rivolto “un saluto speciale va alle nuove guardie svizzere e ai loro familiari, nel giorno della festa di questo storico Corpo”.
Intervistato da ZENIT il cappellano della Guardia Svizzera Pontificia, monsignor Alain de Raemy, ha sostenuto che il punto di forza della spiritualità delle Guardie è “la fedeltà al Papa” e la disponibilità a difenderlo pure a rischio della vita.
Qual è la spiritualità della Guardia Svizzera?
Mons. Alain de Raemy: Direi che non c’è una spiritualità specifica, una sola spiritualità, visto che arrivano da esperienze di famiglia, di parrocchie molto diverse tra loro, pure essendo tutti cattolici battezzati, cresimati e raccomandati dal loro parroco, rimane che provengono da esperienze spirituali molto diverse.
C’é chi non è andato mai a messa la domenica, ha fatto il battesimo, la comunione, la cresima, ma la sua famiglia non praticava, e poi ha scoperto la possibilità di essere arruolato nella Guardia Svizzera e per questo motivo ha approfondito le proprie ragioni di fede.
Quindi non tutti sono praticanti?
Mons. Alain de Raemy: Sono coscienti che arrivano in un posto dove normalmente si dovrebbe essere cattolico praticante. Il Papa chiede di avere cattolici convinti per questo servizio. Ma è sempre stato così. Molti svizzeri hanno colto questa possibilità senza avere necessariamente una forte motivazione religiosa.
Praticano i sacramenti?
Mons. Alain de Raemy: La messa della domenica è obbligatoria e la presenza viene verificata militarmente. E questo le guardie lo sanno già da quando presentano la candidatura. Sanno che c’è un cappellano che darà loro istruzioni religiose durante la scuola di formazione. Durante questo periodo svolgo una catechesi, sul ministero di Pietro, sulla storia dei Papi e della Chiesa. Una catechesi intensiva che viene effettuata nel corso di un mese.
Quali sono i compiti del cappellano delle guardie svizzere?
Mons. Alain de Raemy: Celebrare la Messa nella cappella della Guardia e offrire esercizi spirituali annuali. In collaborazione con il comandante e altri ufficiali, il cappellano è responsabile per le attività culturali del corpo così come per il reclutamento delle nuove guardie. È anche responsabile della biblioteca.
C’é dell’altro?
Mons. Alain de Raemy: Si, devo stare molto vicino alle guardie. Li vado a visitare quando stanno da soli tanto tempo e penso sia una occasione benedetta per sviluppare un dialogo personale.
Gli è capitato qualche volta di confessarli?
Mons. Alain de Raemy: Sì, mi è capitato. Le guardie fanno gli esercizi spirituali durante la Quaresima, un periodo nel quale il servizio diventa più leggero perché il Papa e la Curia sospendono ogni attività.
Quanto durano gli esercizi spirituali?
Mons. Alain de Raemy: Sono quattro giorni di esercizi spirituali con un predicatore scelto da me. In questo periodo si assiste ad un grande numero di confessioni. Il punto è che in molte parti della Svizzera si praticano confessioni collettive o simili, così i fedeli non sono più abituati alla confessione personali. Per questo durante la Quaresima troviamo guardie che si confessano per la prima volta.
Sono laici ma militari, come influisce questo nel futuro della loro vita spirituale?
Mons. Alain de Raemy: Il corpo delle guardie svizzere è il migliore fornitore di vite consacrate. La media è di una o due vocazioni l’anno. Tante volte persone che non lo avrebbero mai immaginato si fanno sacerdoti religiosi o diocesani.
E sono anche sacerdoti molto bravi?
Mons. Alain de Raemy: Sì, perché hanno sentito il Papa in modo diretto, non deformato dai media. Dunque hanno praticato la fedeltà al Santo Padre e hanno potuto ascoltare, conoscere e seguire la direzione spirituale del Papa e della Chiesa.
La cosa più complicata?
Mons. Alain de Raemy: Forse è che hanno un atteggiamento di ubbidienza formale che talvolta impedisce di andare più in fondo. Ma la loro ubbidienza è anche positiva, perché si fidano dei superiori e delle conseguenze del loro atteggiamento verso la fede.
E’ vero che le guardie svizzere sono disposte a versare il sangue per difendere il Papa?
Mons. Alain de Raemy: Questa è la spiritualità che unisce tutti, l’impegno che unisce tutte le guardie svizzere anche nella diversità di pratica religiosa. Basta vedere il giuramento per capire come la fedeltà al Papa è indistruttibile. Anche se possono avere dei dubbi sulla fede, e dopo il servizio qualcuno non vada tanto a messa, sentiranno sempre, ma sempre, l’unione con il Papa e questo è un sentimento che gli rimarrà dentro per sempre.