Eucaristia, fonte di carità

ROMA, sabato, 10 settembre 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’intervento pronunciato l’8 settembre ad Osimo da mons. Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti,in occasione del Congresso Eucaristico Nazionale.

Share this Entry

* * *

Eminenze, Eccellenze,

Cari fratelli e sorelle,

Questo Congresso Eucaristico Nazionale mi offre l’occasione per riflettere con Voi sul rapporto tra l’Eucaristia e la missione che il Santo Padre ha affidato al Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, che ho l’onore di presiedere.

Nell’Esortazione Apostolica Sacramentum Caritatis (SC), il Santo Padre Benedetto XVI ricorda le parole con cui diede inizio al suo Pontificato, quando disse che “non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con Lui” (Acta Apostolicae Sedis 97 [2005] 711). Poi, riferendosi all’Eucaristia, il Papa spiega che “non possiamo tenere per noi l’amore che celebriamo nel Sacramento. Esso chiede per sua natura di essere comunicato a tutti. Ciò di cui il mondo ha bisogno è l’amore di Dio, è incontrare Cristo e credere in Lui. Per questo l’Eucaristia non è solo fonte e culmine della vita della Chiesa; lo è anche della sua missione” (SC, 84).

L’Eucaristia, quindi, è fonte anche della missione del nostro Pontificio Consiglio, che è uno dei “Dicasteri … che coadiuvano il Romano Pontefice nell’esercizio del suo supremo ufficio pastorale per il bene e il servizio della Chiesa universale e delle Chiese particolari” (Pastor Bonus, art. 1).

In effetti, la missione della Chiesa “mira a raggiungere tutti gli uomini” (SC, 84), per poter condividere con loro il dono prezioso dell’amore di Dio e dell’incontro con Cristo. È proprio il bisogno di far arrivare l’amore di Dio a tutti gli uomini che spinge la Chiesa a rivolgere la sua sollecitudine pastorale “alle particolari necessità di coloro che sono stati costretti ad abbandonare la propria patria o non ne hanno affatto” e a “seguire con la dovuta attenzione le questioni attinenti a questa materia” (PB, art. 149). Essa inoltre si prende cura di “tutti coloro che si trovano fuori del proprio domicilio (affinché) possano usufruire di un’assistenza pastorale adeguata” (PB, art. 151). In tutto questo consiste il compito che il Santo Padre ha affidato al Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti.

Concretamente, si tratta di sollecitudine pastorale nei confronti di rifugiati e migranti, apolidi, nomadi e gente dello spettacolo viaggiante, marittimi, sia in navigazione che nei porti, coloro che sono impiegati o lavorano negli aeroporti o sugli aerei, quelli che viaggiano per motivi di pietà, studio o svago, come i pellegrini, gli studenti internazionali e i turisti (cf.PB, art. 150-151).

Come potete vedere, sono categorie di persone molto eterogenee, avendo in comune soltanto il fattodi non trovarsi nella propria patria, avendola lasciata definitivamente o temporaneamente, volontariamente o forzatamente, accompagnati da Operatori pastorali consacrati o laici. In sintesi, parliamo di donne e uomini, bambini e anziani coinvolti nel fenomeno vasto e complesso della mobilità umana, spesso marcato da sofferenze, insicurezza e precarietà, dove la speranza diventa più debole quando prendono il sopravvento la mancanza di rispetto per la dignità e i diritti della persona umana, nell’affannosa ricerca di opportunità per un futuro migliore.

In che cosa consiste lasollecitudine pastorale che il nostro Dicastero è chiamato a prestare verso la gente in movimento? Con una funzione prevalentemente di studio, di promozione e di animazione pastorale, il nostro Pontificio Consiglio esercita il suo compito stimolando e assistendo le Chiese locali nell’attività a favore dei migranti e degli itineranti “affinché il popolo cristiano … acquisti coscienza delle loro necessità e manifesti efficacemente la sua solidarietà nei loro confronti”, come afferma la Pastor Bonus (art. 150, § 4). Ciò significa dunque essere le braccia e il cuore di Gesù Cristo, oggi, accanto ad ogni persona in mobilità, essendo, direttamente o indirettamente, “testimoni della compassione di Dio per ogni fratello e sorella”, resi tali dall’Eucaristia (SC, 88).

Per lo svolgimento della nostra missione, siamo grati ai singoli Vescovi, alle Conferenze o Sinodi Episcopali e alle corrispondenti strutture delle Chiese Cattoliche Orientali di tutto il mondo, con cui collaboriamo e per le quali abbiamo un ruolo di coordinamento dell’azione pastorale in tale campo.

In effetti,attraverso i diversi organismi ecclesiali che operano sul territorio, possiamo raggiungere concretamente le persone e le collettività a noi affidate. Per loro possiamo svolgere quel “servizio della carità nei confronti del prossimo” che nasce attorno al Mistero eucaristico, che consiste nell’amare, in Dio e con Dio, ogni persona che avviciniamo, incluse quelle che non conosciamo, giacché per ogni persona “il Signore ha dato la sua vita ‘amandoli fino alla fine’ (Gv 13,1)” (SC, 88). Mentre cerchiamo di rispondere in prima persona all’appello di Gesù Cristo: “date loro voi stessi da mangiare” (Mt 14,16), che ancora oggi interpella i singoli cristiani e le comunità ecclesiali (cf. SC, 88), il nostro servizio della carità sottolinea la centralità della persona umana e, dunque, la necessità di difendere la dignità e i diritti delle persone in mobilità, soprattutto individuando percorsi di autentica integrazione, dove ai diritti di ciascuno corrisponde l’osservanza reciproca dei doveri.

L’Eucaristia, che ci spinge ad essere “pane spezzato” per gli altri, ci porta ad impegnarci “per un mondo più giusto e fraterno” (SC, 88). Con la gente in movimento, cerchiamo di costruire tale mondo proprio lì dove essi vivono, lavorano, soffrono, conquistano, in cui siamo chiamati a portare Cristo, il Suo amore, la Sua parola, la Sua Chiesa. Qui l’Eucaristia “si offre a ciascuno … nella condizione in cui egli si trova, facendo diventare la sua situazione esistenziale luogo in cui vivere quotidianamente la novità cristiana” (SC, 79). Vivendo “la novità radicale portata da Cristo” proprio nella loro esistenza quotidiana, le persone in mobilità diventano testimoni nel proprio ambiente di lavoro e in tutta la società. A tale riguardo, in questi giorni qui ad Ancona molti congressisti sono ospitati su una nave ancorata nel porto, come segno di solidarietà con i marittimi della Fincantieri e, idealmente, con quelli di tutto il mondo, che affrontano particolari difficoltà a causa della crisi economica. Il nostro Dicastero accompagna anche la gente del mare e assiste le loro famiglie.

Così si attua, nel mondo della mobilità umana, la prima e fondamentale missione che scaturisce dall’Eucaristia, quella cioè di rendere testimonianza con la vita. Benedetto XVI, ancora nell’Esortazione Sacramentum Caritatis, afferma che “la testimonianza fino al dono di se stessi, fino al martirio è sempre stata considerata nella storia della Chiesa il culmine del nuovo culto spirituale… Anche quando non ci viene chiesta la prova del martirio, tuttavia, sappiamo che il culto gradito a Dio … trova la sua realizzazione nella lieta e convinta testimonianza, di fronte al mondo, di una vita cristiana coerente negli ambiti dove il Signore ci chiama ad annunciarlo” (85).

Nel tentativo di far circolare la vita in Cristo, che l’Eucaristia suscita anche nel mondo della mobilità umana, il nostro Pontificio Consiglio periodicamente organizza Congressi mondiali e regionali nei vari settori di nostra competenza, realizza visite pastorali nei luoghi dove si fanno sentire più acuti il grido di sofferenza e ricerca di aiuto dei nostri fratelli e sorelle in mobilità. Inoltre, pubblichiamo documen
ti e riviste che possono toccare la coscienza e la sensibilità di uomini e donne di buona volontà, spingendoli ad attivarsi perché tali situazioni trovino positiva soluzione.

Una delle ultime iniziative, che cito come esempio, è stata il pellegrinaggio di diverse etnie di Zingari, provenienti da tutta l’Europa, alla tomba dell’Apostolo Pietro, nello scorso mese di giugno. È la prima volta che il Santo Padre ha dato a questo popolo un’Udienza privata in Vaticano. L’evento è stato organizzato dal nostro Dicastero con la collaborazione della Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana, della Diocesi di Roma e della Comunità di Sant’Egidio. Incontrandoli, Benedetto XVI ha affermato che essi sono “un’amata porzione del Popolo di Dio pellegrinante” che ci ricorda “che ‘non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura’(Eb 13,14)”, Parlando, inoltre, del Beato Zefirino Giménez Malla, martire zingaro di cui ricorre il 150mo anniversario della nascita e il 75mo del martirio, il Papa li ha incoraggiati a seguire il suo esempio, soprattutto nella dedizione alla preghiera, particolarmente quella del Rosario, e nell’amore per l’Eucaristia.

Con tutto ciò, il nostro Pontificio Consiglio sa che la sua è una missione che non può svolgere da solo. Abbiamo bisogno del coinvolgimento di tutta la Chiesa e di tutta la società, nonché di tutti gli Organismi impegnati nell’enorme fenomeno della mobilità umana. Si tratta di una missione che si esplicita nel portare tutti a Cristo. Questo rimanda al Mistero eucaristico e al senso profondo della santa comunione. Essa ha sempre e inseparabilmente una dimensione verticale e una orizzontale: comunione con Dio e comunione tra di noi, due dimensioni che si incontrano e si intrecciano misteriosamente nel dono eucaristico.

Nell’Eucaristia dunque, troviamo l’intima unione con Dio, Unità e Trinità, e nello stesso tempo incontriamo i fratelli e le sorelle migranti e itineranti, intimamente uniti a Gesù Cristo, che per ciascuno di noi ha dato la vita.

Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione