Caritas italiana, da 40 anni “un cuore che vede”

Il 24 novembre prossimo sarà ricevuta in udienza da Benedetto XVI

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di Chiara Santomiero

ROMA, venerdì, 1° luglio 2011 (ZENIT.org).- Quaranta candeline: sono quelle che si appresta a spegnere idealmente Caritas italiana domani per festeggiare i 40 anni dalla sua istituzione, il 2 luglio del 1971.

Voluta da Paolo VI nello spirito del rinnovamento determinato dal Concilio Vaticano II, fu istituita con decreto dell’allora presidente della Conferenza episcopale italiana, card. Antonio Poma mentre ad un Comitato promotore, coordinato da mons. Giovanni Nervo, fu affidato il compito di stabilire il rapporto con le diocesi e promuovere l’elezione dei delegati regionali che avrebbero costituito il Consiglio nazionale in attuazione dello Statuto provvisorio.

“Memoria, fedeltà e profezia – ha affermato mons. Vittorio Nozza, direttore di Caritas italiana durante la conferenza stampa svoltasi oggi a Roma per la presentazione degli eventi che caratterizzeranno il 40° – sono tre grandi dimensioni del cammino della Caritas nei quattro decenni trascorsi dalla sua fondazione e che saranno al centro degli appuntamenti programmati”.

Dieci gli eventi previsti fino al 24 novembre prossimo quando Caritas italiana sarà ricevuta in udienza da Benedetto XVI le cui consegne segneranno la fine delle celebrazioni e apriranno il nuovo cammino dell’organismo pastorale.

“Nei primi otto appuntamenti – ha sottolineato Nozza – saranno considerate e sviluppate sette grandi tematiche dell’essere e agire di Caritas italiana e delle Caritas diocesane e cioè: la comunicazione, la funzione pedagogica, i poveri e le opere, le politiche sociali, gli immigrati e la Chiesa, gli studi e le ricerche con la presentazione del Rapporto Caritas-Zancan 2011 su povertà ed esclusione sociale in Italia e del Dossier statistico immigrazione Caritas-Migrantes”.

Negli ultimi due appuntamenti – il 35° Convegno nazionale delle Caritas diocesane che si svolgerà a Fiuggi dal 21 al 23 novembre prossimo sul tema “la Chiesa che educa servendo carità” e nell’udienza con il Santo Padre -, “verranno sviluppate – ha aggiunto Nozza – altre cinque grandi tematiche che sono la memoria, l’educare alla vita buona del Vangelo, l’amore al tessuto sociale del nostro Paese a servizio dei poveri, la cooperazione tra Chiese sorelle in Europa e nel mondo, i territori, le parrocchie e le Caritas parrocchiali, per metterci alla scuola del magistero del presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, e del Papa Benedetto XVI per il cammino futuro”.

“Un cuore che vede”, questa espressione tratta dall’enciclica Deus caritas est, deve essere per Nozza l’essenza dell’agire della Caritas, la traduzione di quel “metodo della pedagogia dei fatti” che le è proprio e che “impegna la comunità a partire dai problemi, dalle lacerazioni presenti sul territorio, dai fenomeni di povertà, dalle sofferenze delle persone per costruire insieme a loro risposte di prossimità, di solidarietà e per allargare la partecipazione e la corresponsabilità”.

Un metodo e una presenza, quella della Caritas, che ha inciso nella storia della Chiesa e della società italiana in questi 40 anni.

Un “marchio”, lo ha definito Chiara Giaccardi, docente di sociologia e antropologia dei media all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano durante la tavola rotonda successiva alla conferenza stampa che ha costituito il primo evento del percorso celebrativo, il quale “ha una riconoscibilità e un’autorevolezza anche tra i non credenti”. A servizio di un ruolo “quello di interfaccia tra la realtà delle persone vulnerabili e le istituzioni, le persone di buona volontà, i media” e di una funzione “di profezia che porta alla denuncia di ciò che non va nonostante i costi da pagare e i rischi di strumentalizzazioni”.

La Caritas, cioè “sostiene una visione della realtà sociale diversa da quella rappresentata dai media occupandosi dei non notiziabili, dei conflitti dimenticati, dando voce agli aspetti positivi dell’immigrazione e denunciando l’avvicinarsi della crisi economica prima di tutte le analisi con il semplice contare le persone in fila per ricevere i pacchi degli alimenti”. In questo modo “contribuisce a riequilibrare l’agenda setting ed evita l’effetto della spirale del silenzio rispetto a chi non ha voce, allungando il ciclo di vita delle notizie, destinate –anche le più tragiche – ad essere dimenticate in pochi giorni”.

Un “tesoretto”, secondo Stefano Trasatti, direttore di Redattore sociale, di dati, storie, indagini e approfondimenti che aiutano la stampa nel riequilibrare la circolazione diseguale delle notizie laddove “quelle che inquietano e pongono problemi faticano a passare e i media sono piegati ai poteri forti”. “Le Caritas diocesane – ha aggiunto Trasatti – sono l’antenna vera della Chiesa per capire la realtà, cogliere i primi segnali dei cambiamenti e riportarli a conoscenza dell’opinione pubblica”.

Esprimendo, attraverso quest’azione, la forza originale che è alla base della sua ispirazione: la carità.

Una “costante provocazione a ribaltare la forma di razionalizzazione della vita associata propria del nostro mondo”: è questa, secondo mons. Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale delle comunicazioni sociali della Cei, il senso della virtù teologale della carità nel mondo di oggi.

Anche nell’ipotesi, ha sostenuto Pompili “che sia possibile una convivenza sociale in cui a ciascuno fosse dato tutto e solo quanto gli spetta, secondo un calcolo razionale di perfetta uguaglianza, tutto questo non sarebbe ancora un mondo veramente umano”. Ciò non significa “contrapporre giustizia a carità, ma solo ribadire che la carità è impossibile senza la giustizia e la giustizia si deforma senza la carità”.

La carità, allora “è il principio fondante il cristianesimo, ma anche la condizione di possibilità perché l’umanità sopravviva a se stessa”. “La capacità di futuro dei cristiani – ha concluso Pompili – è così intrecciata al futuro del mondo perché l’agape di Dio abbraccia gli uomini e le donne di ogni tempo e di ogni cultura”.

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ZENIT Staff

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