ROMA, sabato, 2 luglio 2011 (ZENIT.org).-San Serafino di Sarov (1759-1833), il santo più amato e più venerato dal popolo russo, è stato definito “il cuore fiammeggiante”, l’ideale della santità russa, ma anche una delle figure più luminose in tutta la storia del cristianesimo. Nel famoso colloquio con il suo diletto discepolo Nicola Motovilov, san Serafino gli spiega qual è il vero fine della vita cristiana, dicendo: «Quanto a me, povero Serafino, ti spiegherò adesso in cosa consista realmente questo fine. La preghiera, il digiuno, le veglie e le altre pratiche cristiane, per quanto buone possano sembrare di per se stesse, non costituiscono il fine della vita cristiana, anche se aiutano a pervenirvi.Il vero fine della vita cristiana è l’acquisizione dello Spirito Santo di Dio! Quanto alla preghiera, il digiuno, le veglie, l’elemosina e ogni altra buona azione fatta in nome di Cristo, sono solo dei mezzi per acquisire lo Spirito Santo. Tieni presente che unicamente una buona azione fatta in nome di Cristo ci procura i frutti dello Spirito. Il bene compiuto nel nome di Gesù non solo procura una corona di gloria nel mondo futuro, ma fin da quaggiù riempie l’uomo della grazia dello Spirito Santo, come leggiamo nel Vangelo: “Dio dà lo Spirito senza misura. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa” (Gv 3,34-35). Nella parabola delle dieci vergini, l’olio che è venuto a mancare a cinque di esse è il simbolo dello Spirito Santo. Sono chiamate perciò “stolte”, perché non si preoccupavano del frutto indispensabile della virtù che è la grazia dello Spirito Santo, senza la quale nessuno può essere salvato. Antonio il Grande scriveva ai suoi monaci che la volontà di Dio è perfetta, dona la salvezza e agisce sugli uomini insegnando loro a fare il bene unicamente con il solo scopo di acquisire lo Spirito Santo, il tesoro eterno, inesauribile, che nulla al mondo è degno di eguagliare. Oh, come vorrei, amico di Dio, che in questa vita tu fossi sempre ripieno di Spirito Santo! Come vorrei, amico di Dio, che tu trovassi questa sorgente inesauribile di grazia e che ti domandassi incessantemente: “Lo Spirito Santo è con me?”»[1].

«Vieni, o Spirito, dal Cuore trafitto di Cristo!»

L’unica vera ricerca della vita è dunque scoprire “come ravvivare il dono dello Spirito Santo ricevuto nel Battesimo e nella Cresima, quando e Chi ci aiuta ad accrescerLo”!

Nell’Antico Testamento si implorava: «Vieni, o Spirito, dai quattro venti» (cf. Ez 37,9), ma ora, dopo il totale sacrificio di Cristo al Padre per la nostra salvezza, possiamo pregare con assoluta certezza: «Vieni, o Spirito, dal Cuore trafitto di Cristo!».

L’Acqua che sgorgò dal Costato di Cristo, insieme con il Sangue: “… uno dei soldati con la lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua” (Gv 19,34), era il simbolo dello Spirito Santo. È da quella “roccia spirituale”, da cui quest’acqua viva si riversa sulla Chiesa per dissetare i credenti. Come la pioggia, nella sua stagione, discende abbondantemente dal cielo e si raccoglie nei penetrali rocciosi di una montagna, finché non trova un varco verso l’esterno e si trasforma in fontana che sgorga in continuazione notte e giorno, estate e inverno, così lo Spirito Santo, che scese e si raccolse tutto quanto in Gesù durante la sua vita terrena, sulla Croce trovò un varco, una ferita, e divenne fontana che zampilla per la vita eterna nella Chiesa.

Il momento in cui Gesù, sulla Croce, “spirò” (Gv 19,30), è anche, per l’evangelista, il momento in cui “effuse lo Spirito”; la stessa espressione greca deve essere intesa, secondo l’uso proprio di Giovanni, nell’uno e nell’altro senso: nel senso letterale di “spirare” e in quello mistico di “dare lo Spirito”; nella nuova versione della CEI (2009) si traduce: “E, chinato il capo, consegnò lo spirito”. L’episodio dell’Acqua e del Sangue, che segue immediatamente, accentua questo significato mistico. Di lì a poco, questo mistero è come rappresentato plasticamente, quando, nel Cenacolo, Gesù risorto “alitò”/“soffiò” sui discepoli e disse: «Ricevete lo Spirito Santo!» (Gv 20,22). Parafrasando un’espressione di Gesù: «La gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro»(Gv 17,22), san Gregorio Nisseno fa dire allo stesso Gesù: «Lo Spirito Santo che hai dato a me, Io l’ho dato a loro!». E ancora i Padri della Chiesa paragonano l’umanità del Salvatore ad un vaso di alabastro, pieno del profumo dello Spirito Santo. Sulla Croce “il vaso di alabastro” fu infranto (cioè il Corpo crocifisso fu spezzato dalla morte), come nell’unzione di Betania, e lo Spirito si effuse, riempiendo di profumo “tutta la casa”, cioè tutta la Chiesa, ma anche tutta l’umanità.

Dunque, proprio perchè Gesù Cristo è per eccellenza pieno di Spirito Santo, con grandissima gioia possiamo affermare che la sua missione principale è quella di donarci il suo Spirito, anzi di “battezzarci in Spirito Santo e fuoco”, secondo l’espressione cara a Giovanni Battista: «Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno neanche di portargli i sandali; Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco» (Mt 3,11). «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”»(Gv 1,32-33). Per Gesù lo Spirito è l’Amore che lo unisce al Padre e quindi ce lo dona per due ragioni: la prima perché si deve compiere la promessa del Padre, che, attraverso il Figlio, dona lo Spirito con infinita abbondanza: «Colui che Dio ha mandato dice le parole di Dio e senza misura egli dá lo Spirito. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa»(Gv 3,34-35). «Quando verrà il Paraclito, che Io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, Egli darà testimonianza di me» (Gv 15,26).

La seconda ragione perché è il dono più alto di Dio all’uomo, quindi la testimonianza suprema del suo Amore per noi: «L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). A ragione quindi il papa Benedetto XVI conclude dichiarando: «Portiamo dentro di noi quel sigillo dell’Amore del Padre in Gesù Cristo che è lo Spirito Santo»[2].

Gesù pieno di Spirito Santo

Con Maria SS.ma e san Giuseppe è bello contemplare Gesù pieno di Spirito Santo, così come ce lo presentano i Vangeli. I genitori di Gesù sono infatti i primi testimoni di questa sovrabbondanza d’Amore sia per rivelazione, sia per irradiazione iniziata su questa terra e prolungata eternamente nel Regno della Gloria in Paradiso.

«Lo Spirito Santo scenderà su di te, - annunciò l’angelo a Maria - e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35). «Giuseppe, figlio di Davide, - gli disse l’angelo in sogno - non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,20-21).

Nel racconto del Battesimo di Gesù, leggiamo: «Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il batte simo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento”» (Lc 3,21-22).

Quando si recò nella sinagoga di Nazaret, Gesù attribuì a se stesso quanto si legge nel rotolo del profeta Isaia: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione» (Lc 4,18).

Durante la Trasfigurazione, venne una nube (simbolo dello Spirito Santo), che coprì Gesù ed i presenti con la sua ombra. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto: ascoltatelo» (Lc 9,34-35).

Al termine della missione dei settantadue discepoli, Gesù “esultò di gioia nello Spirito Santo” (Lc 10,21) e sempre il Figlio del Padre parla ed agisce nello Spirito. Dice infatti Benedetto XVI: «Il Paraclito, primo dono ai credenti, già operante nella creazione (cfr. Gn 1,2), è pienamente presente in tutta l’esistenza del Verbo incarnato» (Sacramentum caritatis, 12).

Gesù è venuto per battezzarci in Spirito Santo e fuoco

Si può dunque comprendere che la pienezza dello Spirito in Gesù non è tanto fine a se stessa, quanto si identifica con il cuore della sua missione: “battezzarci in Spirito Santo e fuoco”! Grazie ai Sinottici e in particolare al vangelo di Giovanni possiamo essere illuminati su questa verità ancora troppo poco approfondita. Quando infatti Gesù annuncia il Vangelo, non si limita ad una semplice dichiarazione di una nuova realtà di vita e di pensiero, ma vuole concretamente diventare “bella notizia per i poveri, liberazione per i prigionieri, vista ai ciechi, consolazione per tutti gli affitti, grazia permanente del Signore….”.

È pertanto fortissimo in Gesù il desiderio di portare lo Spirito Santo, o meglio di “battezzare in Spirito Sano e fuoco”. Si tratta un desiderio che aumenta man mano che leggiamo i diversi episodi della sua vita apostolica: dagli incontri personali nelle case o lungo la via agli insegnamenti privati agli apostoli, dalle discussioni con gli scribi ed i farisei alle predicazioni alle folle che Lo seguono numerose… Particolarmente significativi sono i colloqui con Nicodemo e la Samaritana. Ai dubbi di Nicodemo sulla rinascita dall’alto, Gesù rispose: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti meravigliare se t’ho detto: dovete rinascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito» (Gv 3,5-8). Alle perplessità della Samaritana, Gesù replicò: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere! ”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva» (Gv 4,10).

Tuttavia la dichiarazione più decisiva circa la sua volontà di accendere il tutto il mondo il fuoco dello Spirito, è quando proclama: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!» (Lc 12,50).

Il “battesimo” è riferito alla sua Morte, perché, come abbiamo già accennato, sarà proprio sulla Croce che si completa e contemporaneamente inizia una nuova incessante “consegna del Suo Spirito”. Così l’aveva annunciato nel grande giorno della festa delle Capanne: «“Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva”. Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato» (Gv 7,37-39).

Nell’Eucaristia Gesù ravviva ed accresce in noi il dono del suo Spirito

Sono due i più grandi desideri espressi da Gesù prima di morire. Il primo viene da Lui manifestato ai suoi discepoli, quando dice loro: «Ho tanto desiderato (è molto intensa l’espressione latina: “desiderium desideravi”) mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione» (Lc 22,15). Con un supremo atto d’amore, Gesù fa capire la necessità della consumazione totale del sacrificio del suo Corpo come aveva già affermato: «E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna» (Gv 3,14-15). Ed è ancora nello Spirito che offre se stesso: “con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio” (Eb 9,14). Infine nei discorsi di addio, Gesù mette in chiara relazione il dono della sua vita nel mistero pasquale con il dono del suo Spirito ai suoi (cf. Gv 16,7).

Il secondo grande desiderio dapprima è un’assicurazione: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre»(Gv 14,16). In seguito assume la forma dell’accorata invocazione che innalza al Padre al termine della “preghiera sacerdotale”, quando esclama: «Padre giusto… io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’Amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro». (Gv 17,26).

Gesù ha liberamente affrontato la Passione e la Morte certamente per vincere il maligno e il peccato, ma soprattutto per risorgere con un nuovo Corpo Glorioso che Gli permettesse di rimanere per sempre con l’umanità di tutti i tempi e di tutti i luoghi e per effondere su ciascuna creatura il suo Spirito d’Amore: «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). La sua Presenza è dunque permanente e, sotto i segni del pane e del vino, è visibile nell’Eucaristia, che è per eccellenza il sacramento dell’Amore e quindi il segno tangibile dello Spirito Santo e della sua incessante effusione dentro di noi!

Pertanto, dall’Eucaristia, Gesù continua fino alla fine dei tempi la sua missione di “battezzarci in Spirito Santo e fuoco”. È attraverso l’Eucaristia che perennemente il Padre risponde alla preghiera che il suo Figlio amato gli ha innalzato nel Cenacolo: «Padre …. l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro»(Gv 17,26). Infine è attraverso l’Eucaristia che Gesù Risorto ravviva continuamente il dono del suo Spirito in tutti i credenti, come fece la sera di Pasqua: «La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi! ”. Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. Dopo aver detto questo, soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”» (Gv 20,19-23).

L’Eucaristia una Pentecoste perpetua: ogni volta che celebriamo la Santa Messa riceviamo lo Spirito Santo”

Fin dal 1972 Paolo VI, durante un’Udienza Generale domandava: «Quale bisogno avvertiamo, primo e ultimo, per questa nostra Chiesa benedetta e diletta? Lo dobbiamo dire, quasi trepidanti e preganti, perché è il suo mistero, e la sua vita, voi lo sapete: lo Spirito, lo Spirito Santo, animatore e santificatore della Chiesa, suo respiro divino, il vento delle sue vele, suo principio unificatore, sua sorgente interiore di luce e di forza, suo sostegno e suo consolatore, sua sorgente di carismi e di canti, sua pace e suo gaudio, suo pegno e preludio di vita beata ed eterna. La Chiesa ha bisogno della sua perenne Pentecoste: ha bisogno di fuoco nel cuore, di Parola sulle labbra, di profezia nello sguardo. La Chiesa ha bisogno d’essere tempio dello Spirito Santo» (Paolo VI, Udienza generale, 29 novembre 1972). Benché le ricchezze del mistero di Cristo siano imperscrutabili, tuttavia alla luce di quanto affermava Paolo VI e di quanto abbiamo considerato, siamo ora in grado di rispondere alla domanda iniziale:«Come ravvivare in noi il dono dello Spirito Santo ricevuto nel Battesimo e nella Cresima, quando e Chi ci aiuta ad accrescerlo?».

È nostra convinzione che finora la risposta più conforme alla grandezza di questo Dono ci è stata offerta dal nostro papa Benedetto XVI, quando nel Messaggio per la XXIII Giornata Mondiale della Gioventù del 2008 (cf. nn. 5-6), affermò:«È con i sacramenti dell’iniziazione cristiana (che sono complementari ed inscindibili): il Battesimo, la Confermazione e, in modo continuativo, l’Eucaristia, che lo Spirito Santo ci rende figli del Padre, fratelli di Gesù, membri della sua Chiesa, capaci di una vera testimonianza al Vangelo, fruitori della gioia della fede.

Per crescere nella vita cristiana, è necessario nutrirsi del Corpo e del Sangue di Cristo: infatti, siamo battezzati e confermati in vista dell’Eucaristia (cf. CCC 1322; Sacramentum caritatis, 17). “Fonte e culmine”della vita ecclesiale, l’Eucaristia è una “Pentecoste perpetua”, poiché ogni volta che celebriamo la Santa Messa riceviamo lo Spirito Santo, che ci unisce più profondamente a Cristo e in Lui ci trasforma».

Similmente anche Giovanni Paolo II aveva dichiarato: «Attraverso la comunione al Suo Corpo e al Suo Sangue, Cristo ci comunica anche il Suo Spirito. Scrive sant’Efrem: “Chiamò il pane suo corpo vivente, lo riempì di se stesso e del suo Spirito. E colui che lo mangia con fede, mangia Fuoco e Spirito. Prendete, mangiatene tutti, e mangiate con esso lo Spirito Santo. Infatti è veramente il mio Corpo e colui che lo mangia vivrà eternamente”. La Chiesa chiede questo dono divino, radice di ogni altro dono, nella epiclesi eucaristica. Si legge, ad esempio, nella <em>Divina Liturgia di san Giovanni Grisostomo: “T’invochiamo, ti preghiamo e ti supplichiamo: manda il tuo Santo Spirito sopra di noi tutti e su questi doni affinché a coloro che ne partecipano siano purificazione dell’anima, remissione dei peccati, comunicazione dello Spirito Santo”. E nel Messale Romano il celebrante implora: “A noi che ci nutriamo del Corpo e del Sangue del tuo Figlio dona la pienezza dello Spirito Santo, perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito”. Così, con il dono del suo Corpo e del suo Sangue, Cristo accresce in noi il dono del suo Spirito, effuso già nel Battesimo e dato come “sigillo” nel sacramento della Confermazione» (Ecclesia de Eucaristia 17).

Benedetto XVI osserva ancora: «È in forza dell’azione dello Spirito Santo che Cristo stesso rimane presente ed operante nella sua Chiesa, a partire dal suo centro vitale che è l’Eucaristia. La conversione sostanziale del pane e del vino nel suo Corpo e nel suo Sangue pone dentro la creazione il principio di un cambiamento radicale, come una sorta di “fissione nucleare” (per usare un’immagine a noi ben nota) portata nel più intimo dell’essere, un cambiamento destinato a suscitare un processo di trasformazione della realtà, il cui termine ultimo sarà la trasfigurazione del mondo intero, fino a quella condizione in cui Dio sarà tutto in tutti (cf. 1Cor 15,28). Ciò che lo Spirito Santo tocca, conclude san Cirillo di Gerusalemme, è santificato e trasformato totalmente» (cf. Sacramentum caritatis, 11-13). Pertanto lo Spirito Santo - afferma il papa - illumina, rivelando Cristo crocifisso e risorto, e ci indica la via per diventare più simili a Lui, per essere cioè “espressione e strumento dell’amore che da Lui promana”. La presenza dello Spirito in noi attesta, costituisce e costruisce la nostra persona sulla Persona stessa di Gesù crocifisso e risorto. Rendiamoci dunque familiari dello Spirito Santo, ci invita il papa, per esserlo di Gesù. In tal modo la nostra vita sarà sempre più un riflesso del grande Mistero eucaristico! L’incoraggiamento di Benedetto XVI ai giovani (cf. Messaggio per la XXIII Giornata Mondiale della Gioventù del 2008, 4-5) vale per tutti: «Lo Spirito Santo è sorgente di vita che ci santifica: ci introduce nel mistero trinitario, permettendoci di vivere in pienezza la fede e accendendo in noi il fuoco dell’amore. Ci rende così missionari della carità di Dio!… Lo Spirito del Signore si ricorda sempre di ciascuno e vuole, mediante voi giovani in particolare, suscitare nel mondo il vento e il fuoco della Pentecoste!». Concludiamo con un Inno di sant’Efrem il Siro, chiamato “la cetra dello Spirito Santo”, proclamato dal papa Benedetto XVI durante l’Udienza generale del 28 novembre 2007:

«Nel tuo pane si nasconde lo Spirito che non può essere consumato;

nel tuo vino c’è il fuoco che non si può bere.

Lo Spirito nel tuo pane, il fuoco nel tuo vino:

ecco una meraviglia accolta dalle nostre labbra.

Il serafino non poteva avvicinare le sue dita alla brace,

che fu avvicinata soltanto alla bocca di Isaia;

né le dita l’hanno presa,

né le labbra l’hanno inghiottita;

ma a noi il Signore ha concesso di fare ambedue le cose.

Il fuoco discese con ira per distruggere i peccatori,

ma il fuoco della grazia discende sul pane e vi rimane.

Invece del fuoco che distrusse l’uomo,

abbiamo mangiato il fuoco nel pane e siamo stati vivificati» (Sant’efrem il Siro, Inno sulla fede 10,8-10).



1) IRINA GORAINOFF, Serafino di Sarov. Vita, colloquio con Motovilov, scritti spirituali, Gribaudi, Milano 1981, 155-164.

2) Benedetto XVI, Messaggio per la XXIII Giornata Mondiale della Gioventù del 2008, n. 4.



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*Federica Rosy Romersa è una teologa pastoralista impegnata da anni nell'evangelizzazione.