CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 27 febbraio 2011 (ZENIT.org).- La XVII assemblea della Pontificia Accademia per la Vita (PAV), chiusa questo sabato da Papa Benedetto XVI, si è concentrata su due questioni di grande rilevanza etica che interpellano la Chiesa: il trauma post-aborto e le banche di cordone ombelicale.
Il Presidente della PAV, il Vescovo Ignacio Carrasco de Paula, ha spiegato all’inizio dell’udienza che l’analisi è stata compiuta prendendo come riferimento l’insegnamento del Papa, “una luce indispensabile e un forte incoraggiamento a lavorare sempre di più al servizio non tanto di un’idea astratta, ma di soggetti concreti, cioè le persone, gli esseri viventi, quegli uomini – nati e non nati, bambini, giovani, adulti e anziani, sani e malati – che incontriamo tutti i giorni”.
Per questo motivo, ha detto al Pontefice, “seguendo il suo consiglio abbiamo cercato di allargare la prospettiva della razionalità, andando oltre l’iniziale dato scientifico, per cogliere quella specifica dimensione trascendente che ci rivela la presenza di Dio”.
Banche di cordone ombelicale
Alle banche di cordone ombelicale è stata dedicata la sessione di questo venerdì mattina, al trauma post-aborto quella del pomeriggio dello stesso giorno.
Monsignor Jacques Suaudeau, della sezione scientifica dell’Accademia, si è soffermato sulla definizione di cellule staminali da cordone ombelicale e sul loro utilizzo in medicina, sottolinenando la necessità della loro conservazione.
“Nel 1998 la moltiplicazione delle banche di cordone nel mondo e la necessità di una procedura uniforme di prelievo e conservazione hanno portato alla creazione dell’organizzazione Netcord”, che a sua volta ha dato vita alla Net-cord foundation for the accreditation of cellular therapy (Fact), la quale ha accreditato 18 banche in dodici diversi Paesi, ha spiegato il presule nel corso dei lavori.
Lo spagnolo Justo Aznar, dell’Università cattolica di Valencia, ha messo a confronto le banche pubbliche con quelle private.
Dal canto suo Carlo Petrini, dell’unità di bioetica dell’Istituto Superiore di Sanità italiano, ha analizzato la questione all’interno del quadro legislativo europeo, presentando le direttive che costituiscono i riferimenti essenziali per i Paesi membri dell’Unione.
“Quella 2004/231 impone agli Stati di designare una o più ‘autorità competenti’ cui spetta la responsabilità di attuare quanto la stessa direttiva prescrive, in particolare per quanto riguarda autorizzazioni, accreditamenti e licenze, nonché per quanto riguarda l’organizzazione e il controllo.
Essa stabilisce requisiti inderogabili per la tracciabilità, il controllo dell’importazione e dell’esportazione, la registrazione delle attività, la notifica di reazioni e eventi avversi. L’attuazione è poi dettagliata nelle due direttive successive: 2006/172 e 2006/863”.
Nonostante ciò, però, “vi sono ampie aree in cui le autorità competenti possono interpretare e attuare in modalità differenti quanto le direttive prescrivono”, ha rilevato Petrini. “Le differenze sono esacerbate dal fatto che le autorità competenti designate nelle varie Nazioni sono eterogenee”.
Per questo, “non tutte le Nazioni hanno adottato normative sulle banche di cordone”.
Trauma post-aborto
Per affrontare il problema del trauma post-aborto, è stata invitata a partecipare Theresa Burke, presidente del progetto “La vigna di Rachele”, iniziativa che mira ad assistere le donne che hanno abortito volontariamente, nata negli Stati Uniti e ora estesa anche in Europa.
Il trauma dell’aborto, ha indicato monsignor Carrasco all’inizio delle sessioni di lavoro, “ha sicuramente conseguenze a livello collettivo, e in primo luogo nella famiglia”.
Il presule ha voluto sottolineare che di fronte a problematiche derivate da un’interruzione volontaria di gravidanza non si può parlare di “sindrome”, perché una sindrome è “un concetto clinico molto preciso”.
Piuttosto, ha indicato, “esistono conseguenze” che possono essere “traumatiche e comportare gravi situazioni di difficoltà psicologica, anche in ambito familiare”.
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, gli aborti nel mondo sono circa 42 milioni all’anno.
Nel corso delle sessioni di lavoro, suor Marie-Luc Rollet ha messo a confronto teorie e realtà del trauma post-aborto, mentre Joanne Angelo, psichiatra di Boston, si è soffermata sulla prevenzione e la cura di questa drammatica esperienza.