Maria è lo spazio di ogni libertà

Intervista a Nicoletta Micheli, autrice del soggetto di un film sulla Vergine

Share this Entry

di Antonio Gaspari

ROMA, venerdì, 25 febbraio 2011 (ZENIT.org).- Il film “Io sono con te” del regista Guido Chiesa racconta la storia di Maria di Nazareth, una ragazza vissuta nella Galilea di duemila anni fa, madre di quel Gesù che cambiò per sempre la storia dell’umanità.

Dal concepimento alla nascita fino alla momentanea scomparsa di Gesù che stava nel tempio di Gerusalemme per discutere con i dottori della legge, il film riprende tutti gli episodi narrati dal Vangelo di Luca.

In questo contesto Maria emerge in tutte le sue virtù femminili di madre che affronta con coraggio, leggiadria e bellezza la nascita, la crescita e l’educazione di un figlio così importante.

Fare un film sulla femminilità di Maria è una sfida coraggiosa e intrigante. Per cercare di comprenderne le ragioni e le implicazioni di questo progetto, ZENIT ha intervistato Nicoletta Micheli che, insieme a Maeve Corbo, è autrice del soggetto del film “Io sono con te”.

Come è successo che una femminista radicale sia arrivata a scrivere il testo di un film su Maria?

Nicoletta Micheli: A dire il vero, non sono mai stata femminista, pur riconoscendo le ragioni storiche del femminismo e cogliendone diciamo così la fenomenologia, a partire dalla ferita che lo ha originato. Ma anche in quel caso non faticherei a trovare delle continuità. Una femminista storica italiana mi riferì un’affermazione rivoltale da un’altra esponente, nordeuropea: “per voi è più facile”, le disse “perché avete Maria!”. La mia diversamente è stata una formazione politico-culturale, spesso un’autoformazione, avvenuta nell’alveo di un marxismo rinnovato ed eterodosso, almeno così lo immaginavo. L’intreccio dell’esperienza politica e di una ricerca pedagogica per molti versi pionieristica applicata al cinema e all’audiovisivo, rispondeva in me a un tentativo genuino di comprendere i fenomeni culturali in termini critici, di immaginare un sapere vivo e operante, in grado di mettere al centro la persona, in primo luogo all’interno della scuola. Questo è un bagaglio che resta. Ma la maternità è stata il passaggio chiave per un nuovo corso. Per me ha rappresentato una prima decisiva cura disintossicante dalle pastoie dell’ideologia e oggi mi è possibile comprendere la portata dirimente dell’Incarnazione nella storia anche grazie alla mia esperienza di madre. In occasione dei referendum sulla legge 40 sperimentai per la prima volta un netto rifiuto nei confronti di un certo mainstream che li sosteneva e delle mistificazioni che sentivo come fortemente anti-femminili, e dunque anti-umane. Mi resi conto che dietro le dispute di principio si decideva in realtà la vita e la morte di qualcuno, in genere il più debole. Decisivo è stato poi l’incontro con una donna di straordinario talento intellettuale che ragionava da tempo in prima persona sulla figura di Maria e che mi propose una chiave di lettura stringente, folgorante oserei dire, attraverso l’intersezione di traiettorie eterogenee, che era riuscita a sviluppare da un posizione di outsider e autodidatta (un profilo nel quale mi riconobbi facilmente!). Il cammino che ho avuto poi il privilegio di condividere ha dato vita anche al progetto del film Io sono con te.

Quali interrogativi le ha suscitato la figura della Vergine?

Nicoletta Micheli: Partivamo da una premessa fondamentale: il ruolo centrale della madre nei primi anni di vita, l’imprinting decisivo che solo lei è in grado di assicurare al figlio, ben oltre il periodo della gestazione e come questo fosse rivelato chiaramente nel Nuovo Testamento. La narrazione della nascita di Gesù offriva un riscontro evidente alle più avanzate ricerche intorno alla fisiologia del parto e all’interazione madre-bambino. Ci siamo posti su diversi fronti di ricerca. Ai fini di un progetto cinematografico dovevamo conoscere aspetti anche molto concreti in cui il contesto non faceva semplicemente da sfondo, come in molta parte dei film sull’argomento, ma interagiva fortemente con i personaggi e tentava di restituirli alla loro realtà. Questo ci ha consentito di gettare nuova luce sul racconto evangelico e sull’esegesi stessa. Il laboratorio che mettevamo in piedi ci permetteva di verificare ipotesi e dati acquisiti. Le cose hanno cominciato a prendere vita e Maria assumeva caratteri precisi, contorni evidenti. Gli studi sul mondo ebraico dell’epoca, arcaico e patriarcale, rivelavano aspetti controversi, pur dentro il riconoscimento della sua grandezza imprescindibile, che Maria prima ancora del figlio si è necessariamente trovata ad affrontare e discernere, perseguendo la legge divina che, per questo, in lei si era fatta carne. La nostra prospettiva faceva affiorare aspetti passati quasi del tutto inosservati dalla maggior parte degli studiosi o dei biblisti, e il nostro interesse antropologico su Maria consentiva via via di gettare una luce rivelatrice ad esempio, sulla nascita avvenuta fuori dalla comunità. Uno dei passaggi più sottovalutati se non addirittura rimossi è quello della presunta circoncisione di Giovanni e poi di Gesù. Questo atto violento e sacrificale ai danni di un innocente, non può che aver suscitato un netto rifiuto da parte della madre del Salvatore.

Il trattamento riservato al neonato, il fatto stesso che si negasse presso molte culture inclusa l’ ebraica, il colostro, vale a dire il primo latte, si colorava della sua matrice violenta, “sabotativa” . Ciò di fatto comprometteva la salute, a volte la sopravvivenza stessa, di madre e bambino, e per svariate ragioni. Maria ha potuto agire indisturbata nel provvidenziale isolamento, tenere accanto a sé il figlio, in contatto costante e garantirgli le funzioni primarie alla base di un imprinting riuscito. Spesso nelle omelie del Natale si parla di Gesù bambino come di un piccolo nato in condizioni misere, dandone una lettura pauperistica a nostro modo di vedere semplicistica se non fuorviante. Gesù venendo al mondo ha trovato solo quello di cui aveva bisogno: la madre. Luca non si sofferma sui dettagli del parto e questo è un altro dato emblematico. Un parto non prevede spettatori, ciò è scientificamente dimostrato, e quando si presentano spesso nascono i problemi. Problemi che siamo poi chiamati a risolvere attribuendoli alla presunta incapacità delle donne di partorire non assistite, come invece è avvenuto per centinaia di migliaia di anni! Il Corano guarda caso non risparmia di sottolineare le condizioni di una Maria, sofferente e accorata mentre dà alla luce il figlio, del tutto implausibile. Il fatto stesso di mostrarla risponde al subdolo proposito di interferire e neutralizzare così la madre.

Secondo lei, che tipo di donna, di moglie e di madre è stata Maria?

Nicoletta Micheli: Non era una proto-femminista, come molti hanno invece ravvisato nel nostro film. O una ribelle. Eppure senza dubbio era una donna forte che proprio per questo non aveva bisogno di dimostrarlo. Insieme a Gesù è l’unica a non aver mai esercitato il ruolo del carnefice. Mai. Questo è il riscontro oggettivo dell’assenza di peccato e della piena e realizzata umanità passata dall’una all’altro. Come moglie, vedo l’unione tra lei e Giuseppe nel segno della custodia e del sostegno. Non ha posto al centro della propria vita il marito, per il quale certamente provava un affetto fraterno, perché quel posto era naturalmente assegnato nel suo cuore e nel suo agire a Dio stesso. Né ha dato a Giuseppe spiegazioni in merito al concepimento, tanto meno ha pensato di interpellarlo prima di pronunciare il suo “Si”, come sembra prevedessero eventuali voti o consacrazioni qualora pronunciati da una donna. D’altro canto il rispetto che le ha riservato Giuseppe è tangibile nel Vangelo, fin nei suoi silenzi, giganteschi. In occasione del ritrovamento di Gesù al tempio, il fatto che sia Maria a parlare e non il padre, è un dato di enorme portata, in particolare per l’epoca. Il Vangelo ancora una volta ci sorprende nelle forme oltre che nei fatti. E lei dopo aver ma
nifestato i propri sentimenti e quelli del padre, chiede al figlio ragione del suo agire, senza punirlo, senza adirarsi. Come madre è la madre che alla nascita tutti aspettiamo.

Al di là degli aspetti religiosi, quali sono secondo lei le virtù della donna Maria?

Nicoletta Micheli: La Grazia che la contraddistingue a nostro modo di vedere non è “solamente” un requisito dottrinale, religioso, così come i dogmi che la riguardano. Hanno un’esplicazione terrena e umana che il cristianesimo chiarisce definitivamente, mettendo al centro il corpo. Nel film abbiamo tentato di tracciare questa genealogia mariana, attraverso la figura della madre, in base al criterio dell’imitazione che regge i rapporti umani. Anna avrà avuto nei suoi confronti gli stessi riguardi, lo stesso amore, rispetto, accettazione e fiducia nella virtù innata e nell’innocenza di ogni piccolo. Come Gesù predicherà poi.

Si tratta di qualità che sono ancora di attualità o appartengono ormai al passato ed alla tradizione?

Nicoletta Micheli: Esiste un grande fermento planetario intorno ai temi legati alla puericultura e all’educazione. Il nichilismo dilagante è un fenomeno antropologico molto prima che culturale, al pari degli stati depressivi, perché trae linfa dalle esperienze dolorose della prima infanzia che andrebbero sempre scongiurate. L’esortazione di Gesù: “lasciate che i bambini vengano a me” è rivolta a tutti noi perché ponendo noi stessi come idoli dei nostri figli, interferiamo nel rapporto che spontaneamente lega i piccoli a Lui. E Maria anche in questo ci è maestra. Analogamente, le frasi rivolte da Gesù alla donne sulla via dolorosa hanno una portata monumentale e tutta nuova per il nostro tempo. Gesù ci mette in guardia dagli inganni di coloro che compromettono ad esempio la nostra capacità di allattare o che vedono nella nostra facoltà di dare la vita una schiavitù biologica. Gesù sta dicendo alle donne, nel momento cruciale della Passione, che un giorno vivranno su loro stesse, sui loro corpi (i grembi, le mammelle), il giogo dell’arbitrio maschile e sacrificale. E’ un monito che non può lasciarci indifferenti.

L’8 marzo si festeggia la giornata della donna. C’è spazio anche per Maria in questa festa?

Nicoletta Micheli: Non ho mai amato questa ricorrenza. Potrei rispondere che Maria è lo spazio di ogni libertà. Anche quella del Figlio. Che noi lo sappiamo o no.

Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione