La Francia affronta il nodo della laicità e dell'islam

Il partito di Sarkozy lancia un dibattito nazionale su quesi due temi

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di Paul De Maeyer

ROMA, giovedì, 24 febbraio 2011 (ZENIT.org).- Dopo aver affrontato questioni spinose come la cosiddetta “identità nazionale” e il velo integrale musulmano negli spazi pubblici, il presidente francese Nicolas Sarkozy si prepara nuovamente a muoversi su un terreno molto insidioso, quello della “laicité” e specialmente della compatibilità dell’islam con la Repubblica e i valori repubblicani.

Il suo partito UMP (Unione per un Movimento Popolare) ha organizzato per il 5 aprile una “convention” su “l’esercizio dei culti religiosi nella Repubblica laica e in modo particolare sull’esercizio del culto musulmano”. Queste sono le parole del segretario generale della formazione di destra, Jean-François Copé (la-Croix.com, 17 febbraio).

Ricevendo mercoledì 16 febbraio i deputati UMP, il presidente ha denunciato “il divario crescente tra i media e le preoccupazioni dei francesi” riguardo alle questioni dell’islam e della laicità. “Abbiamo pagato molto cara la cecità sull’immigrazione negli anni ’80. Era un dibattito tabù. Con la laicità e l’islam succede la stessa cosa”, ha detto Sarkozy, che ha chiesto entro l’anno proposte concrete su elementi come il contenuto delle prediche degli imam e i luoghi di culto musulmani (Le Figaro, 17 febbraio).

Sarkozy vuole frenare in particolare il malvisto fenomeno dei raduni di preghiera in strada dei musulmani, diventato il cavallo di battaglia di Marine Le Pen, presidente del Front National (FN) e figlia del fondatore del partito di estrema destra, Jean-Marie Le Pen.

“Dobbiamo avere un dibattito sulla preghiera in strada. In un paese laico non ci devono essere richiami alla preghiera in strada”, ha continuato Sarkozy. “Bisogna arrivare ad un corpus ideologico entro il 2011”, così ha ribadito Sarkozy davanti ai deputati UMP.

La destra neppure esclude di modificare la legge del 1905 sulla separazione tra Stato e Chiesa, la quale stipola infatti che “la Repubblica non riconosce, né stipendia né sovvenziona alcun culto”. A confermare l’idea di autorizzare un finanziamento pubblico dei luoghi di culto è stato il segretario di Stato incaricato dell’Abitazione e dell’Urbanistica, Benoît Apparu. “A mio parere, bisogna facilitare la costruzione di moschee nel nostro paese, anche a rischio che lo Stato debba parteciparvi”, ha detto a Radio Montecarlo e BFM-TV. Secondo Apparu, se necessario va data “una risistemata” alla normativa (Agence France-Presse, 17 febbraio).

Ma non tutti gli esponenti del governo del primo ministro François Fillon sembrano disposti a toccare la “legge simbolo” della Francia laica. Il ministro del Bilancio e portavoce del governo Fillon, François Baroin, ha detto a Europe 1 che “nell’agenda del governo non c’è un testo che porta ad una modifica della legge del 1905 e come responsabile politico, consigliere politico dell’UMP ed incaricato del dibattito non sarò favorevole ad una modifica della legge del 1905, si aprirebbe il vaso di Pandora” (AFP, 17 febbraio).

Sull’argomento si è espresso il 17 febbraio in un’intervista con Le Figaro un’altra figura chiave della maggioranza, l’attuale ministro alla Difesa e fondatore dell’UMP, Alain Juppé. “La legge repubblicana – così ha detto – dev’essere applicata in condizioni di eguaglianza per tutti. Certamente, la diversità esiste. Ma il principio repubblicano […] è che la legge non può accettare delle differenziazioni fondate su criteri religiosi o etnici”.

“Riguardo ai diritti, è imperativo riaffermare che i musulmani, come i cattolici, gli ebrei, i protestanti e gli altri, hanno il diritto di praticare il loro culto. Tra i doveri, vi è il rispetto dei valori repubblicani e in particolare l’eguaglianza uomo-donna”, ha aggiunto Juppé.

Ma l’ex primo ministro invita anche alla prudenza. “Bisogna pilotare e controllare questo dibattito, perché può sbandare. L’islam è la seconda religione della Francia e non è immaginabile stigmatizzarla”.

Anche l’ex guardasigillo o ministro della Giustizia, Rachida Dati, di origini magrebine, ha messo in guardia al riguardo. “Il dibattito sull’islam, che non presenta nessun problema per me, è pertinente. Ma bisogna fare attenzione, ed è importante dirlo, di non stigmatizzare l’islam come religione e di non stigmatizzare i musulmani, che sono in primo luogo francesi”, ha dichiarato la Dati su France 2 (AFP, 18 febbraio).

Anche il presidente della Federazione Protestante di Francia (FPF), il pastore Claude Baty, a capo della terza religione del Paese, ha confessato di temere “il peggio” ed ha detto che “prendere di mira specificamente le preghiere dei musulmani in strada significa stigmatizzare una sola religione, e questo è malsano” (AFP, 17 febbraio).

L’opposizione critica l’iniziativa di Sarkozy e dell’UMP, accusandoli di protagonismo in vista del doppio appuntamento elettorale del 2012 (presidenziali e legislative) e di voler rubare la scena all’estrema destra, che da mesi sta sfruttando il tema nella sua campagna contro l’islamizzazione della Francia. Per il deputato Henri Emmanuelli (PS), Sarkozy ci è ricascato. “Non ha ancora capito che con questo genere di iniziativa lavora per Marine Le Pen”, così ha dichiarato l’ex ministro socialista, ospite del programma Le Talk-Orange-Le Figaro (AFP, 17 febbraio).

Secondo Sarkozy, la sinistra si sbaglia. “Marine Le Pen solleva dei problemi, ma lavora ben poco alle soluzioni”, così si difende dalle critiche l’inquilino dell’Eliseo (Le Figaro, 17 febbraio). Rimane però il fatto che l’estrema destra vola nei sondaggi, rubando intenzioni di voto all’UMP. Secondo un recentissimo sondaggio IFOP per il quotidiano France-Soir, la giovane Le Pen (classe 1968) salirebbe al 19-20% delle preferenze nel primo turno delle presidenziali del 2012, rispetto al 22-23% per il presidente Sarkozy, cioè lo scarto che separa i due politici sarebbe al massimo del 3-4% (Le Parisien, 19 febbraio).

La stessa Marine Le Pen ha chiesto all’UMP “ancora un piccolo sforzo”. “Faccio notare che quando l’FN è al 15 % nei sondaggi, l’UMP parla dei problemi”, ha detto a Le Point. “Ma non sono fessa”, così ha continuato: la convention dell’UMP sarà solo “blabla”, cioè chiacchiere. Per la politica, “le preghiere in strada non sono la conseguenza della mancanza di spazio nei luoghi di culto musulmani. Questa è una menzogna e una manipolazione” (Le Point.fr, 17 febbraio).

La proposta più drastica è stata lanciata dal Partito di Sinistra di Jean-Luc Mélenchon, che ha chiesto un ritorno al testo originale della legge del 1905, togliendo la modifica apportata nel 1942 da Philippe Pétain, capo dell’allora governo collaborazionista di Vichy. Mélenchon ha chiesto inoltre l’abrogazione del concordato napoleonico del 1801, per motivi storici ancora in vigore nella regione Alsazia-Mosella.

Per la deputata UMP, Arlette Grosskost (UMP), l’eccezione dell’Alsazia-Mosella – l’unica regione dove la legge del 1905 non viene applicata e dove lo Stato paga i ministri dei tre culti riconosciuti (cattolici, protestanti ed ebrei) – funziona benissimo. Anzi, secondo la Grosskost, è ora di integrare l’islam nel regime concordatario. “L’islam è la seconda religione di Francia. Bisogna smettere di chiudere gli occhi, non si farà marcia indietro”, ha detto (Le Parisien, 21 febbraio).

Una cosa è certa: dopo la cancelliera tedesca Angela Merkel nell’ottobre 2010 e il primo ministro britannico David Cameron, nel suo discorso pronunciato il 5 febbraio nel corso della 47.ma Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera, anche il presidente Sarkozy respinge dunque il “multiculturalismo” o le sue derive.

“Non vogliamo una società nella quale le comunità coesistono l’una accanto all’altra. Quando si viene in Francia, si accetta di amalgamarsi in una sola comunità, la comunità nazionale”, così ha ribadito Sarkozy giovedì 10 febbraio sul canale televisiva TF1 (l
a-Croix.com
, 17 febbraio). Secondo un sondaggio, pubblicato sul libro “Les Français face aux inégalités et la justice sociale” (uscirà il 9 marzo nelle librerie), solo il 20% dei francesi vuole che gli immigrati “mantengano le loro tradizioni particolari”, mentre l’80% vuole “che si adattino e si amalgamino nella società”.

La società multiculturale e multietnica è stata difesa invece da tre politici ecologisti, cioè Esther Benbassa, Noël Mamère e Eva Joly, di Europe Écologie. In una tribuna pubblicata il 27 gennaio scorso sul quotidiano Libération, il trio ha spezzato una lancia a favore di “una laicità ragionata che riconosca la parte dell’appartenenza etnica, culturale, religiosa, linguistica”. Per gli autori, “integrazione e assimilazione sono movimenti venuti dall’alto, autoritari, che non prendono in considerazione le realtà umane”.

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ZENIT Staff

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