di padre Angelo del Favero*
ROMA, venerdì, 18 febbraio 2011 (ZENIT.org).- Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti da’ uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinchè siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,38 – 48).
Il Signore parlò a Mosè e disse: “Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: ‘Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo’” (Lv, 1-2.17-18).
Commentando il Vangelo di oggi, in genere si spiega che i consigli dati da Gesù: “…porgigli anche l’altra (guancia);…lascia anche il mantello;…fanne con lui due (miglia)”, non vanno necessariamente presi alla lettera.
In effetti, Gesù stesso non ha porto l’altra guancia dopo aver ricevuto uno schiaffo dalla guardia del sommo sacerdote Anna, indignata per la sua risposta (Gv 18,22-23). Il Signore ha preferito ammonirlo con dolcezza, per illuminarlo con la verità delle sue parole, scaturite da un cuore mite, umile e del tutto disposto a ricevere un secondo schiaffo pur di rivelargli l’amore del Padre. Il messaggio, perciò, riguarda l’atteggiamento profondo del cuore. Tuttavia, il giorno dopo, Gesù ha fatto alla lettera le altre due cose che oggi raccomanda, quando, costretto a portare la croce fino al Calvario, ad ogni caduta ha voluto rialzarsi per riprendere il suo dolorosissimo cammino, lasciandosi infine spogliare e crocifiggere nudo davanti a tutti.
Il Suo eroico esempio è per noi immenso conforto, ma può anche lasciarci rassegnati: com’è possibile, infatti, per noi peccatori, riuscire a non opporci al malvagio quando ci schiaffeggia con le sue parole, e ci spoglia con il disprezzo del suo sguardo, magari imponendoci la sua sarcastica presenza? E non si tratta solamente di sopportarlo, ma di accoglierlo con dolcezza, con rinnovata pazienza e con l’amore disposto a servirlo.
Noi vogliamo sinceramente ascoltare le parole del Signore: “amate i vostri nemici, pregate per quelli che vi perseguitano” (Mt 5,44), ma quasi sempre ci ritroviamo nell’incapacità di metterle in pratica, quando costoro ci stanno di fronte.
La nostra volontà, allora, si comporta come la mano sinistra di chi ha imparato a scrivere solo con la destra: per quanto egli voglia scrivere e la mano sinistra si sforzi di obbedire, dalla penna non escono altro che scarabocchi. Com’è vero che il Creatore non ci ha provvisto di ali per vincere la forza di gravità, così sembra impossibile alla nostra fragile natura obbedire al comandamento nuovo di Gesù: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34).
Tuttavia, se guardiamo all’amore materno, vediamo che per natura la madre è portata ad amare il suo bambino proprio come Gesù ha amato noi, dimenticando se stessa anche a costo di dare la vita per lui. Ogni madre compie le opere di madre per il fatto naturale di essere madre, e non diventa certo madre perché si sforza di compiere le opere di una madre senza esserlo già.
Non ostante gli esempi contrari di madri che decidono di rifiutare la vita già accolta dal loro grembo, si può affermare che tale amore oblativo non è mai abolito in loro, com’è vero che materna è la natura di ogni donna. Il suo è solamente un amore con le ali tarpate, ma è un grande, grandissimo amore.
Quasi a commento della Parola di questa Domenica, Benedetto XVI ha detto recentemente: “Se un uomo reca in sé un grande amore, questo amore gli da’ quasi le ali, e sopporta più facilmente tutte le molestie della vita, perché porta in sé questa grande luce; questa è la fede: essere amato da Dio e lasciarsi amare da Dio in Cristo Gesù. Questo lasciarsi amare è la luce che ci aiuta a portare il fardello di ogni giorno. E la santità non è un’opera nostra, molto difficile, ma è proprio quest’“apertura”: aprire le finestre della nostra anima perché la luce di Dio possa entrare, non dimenticare Dio perché proprio nell’apertura alla sua luce si trova forza, si trova la gioia dei rendenti” (Udienza generale in Aula Paolo VI, 16 febbraio 2011).
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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.