Libertà religiosa contro fondamentalismo irreligioso

di Rafael Navarro-Valls*

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MADRID, mercoledì, 16 febbraio 2011 (ZENIT.org).- In rapida successione, il Senato spagnolo (18 gennaio) e il Parlamento europeo (20 gennaio) hanno approvato due risoluzioni che condannano gli attacchi contro le minoranze cristiane in Egitto, Nigeria, Filippine, Cipro, Iran e Iraq. Prima, l’aveva fatto la Francia. Implicitamente o esplicitamente in queste dichiarazioni si rifiuta la strumentalizzazione della religione nei conflitti di natura politica, attuando al contempo un’energica difesa della libertà religiosa.

Ciò che in queste risoluzioni si ripudia – a mio avviso – è quella visione ingenua sullo stato di salute dei diritti umani che tende a fare di tutt’erba un fascio. Credere che, poiché l’Occidente gode di un adeguato riconoscimento dei diritti umani, lo stesso avvenga nelle altri parti del mondo. È ciò che si inizia a definire come “sindrome Internet”: la comoda illusione di un mondo agiatamente globalizzato, che ignora che più della metà degli abitanti della terra non conosce le nuove tecnologie.

In realtà, l’integralismo è un’ombra minacciosa che si estende su ampie zone del pianeta, erodendo i diritti umani. La sua presenza tentacolare si presenta con diverse varianti. Esiste un integralismo cosiddetto religioso, che in realtà è una forma di fanatismo irreligioso. Il fanatismo è irreligioso nella misura in cui ricorre alla violenza, che una visione ragionevole della religione rifiuta e detesta. Per questo le recenti condanne dell’Occidente nei confronti degli attacchi integralisti ai cristiani d’Oriente non possono essere interpretate come forme di islamofobia, proprio perché ciò che si rifiuta è quella celata natura politica dei fanatici, i quali sono soliti nascondersi dietro cortine di fumo presentate come religiose. Si capisce così perché 70 personalità musulmane francesi abbiano pubblicato un manifesto con l’eloquente titolo “L’Islam, schernito dai terroristi”. Si riferiscono espressamente alle “atrocità commesse in nome dell’Islam” contro i cristiani in Egitto e in Iraq. Afferma che “questi assassini non sono dell’Islam e non rappresentano assolutamente i musulmani”. Rifiuta in sostanza ciò che considerano come l’usurpazione della loro identità religiosa da parte di “falsari” che usano la religione come un’arma distruttiva. Il modo migliore per verificare il grado del rispetto dei diritti umani è la libertà religiosa. In questo senso l’allarme dell’Occidente è giusto.

Ma insieme al fondamentalismo cosiddetto religioso ne esistono altri, più subdoli, che si diffondono in zone dell’Occidente formalmente rispettose dei diritti umani. Non mi riferisco tanto al fondamentalismo di natura freudiana, che dissolve la religione in illusorie manifestazioni psichiche, ma a ciò che Jorge Semprún chiama “fondamentalismo della purificazione sociale”. Quello che nel quotidiano tende ad eliminare le discrepanze, ma che nel complesso quadro del rapporto tra coscienza civile e coscienza religiosa ha decretato dittatorialmente che la seconda è solo un retaggio di fronte ad un orizzonte agnostico.

Gli uni e gli altri fanatici – quelli dell’Oriente e quelli dell’Occidente – sono gli stessi che hanno messo in circolazione una sorta di polizia mentale, i cui agenti si dedicano ad una caccia alle streghe in cui la prima a perdere è sempre la libertà. Come ha detto tempo fa Holmes: “La mente dell’intollerante è come la pupilla degli occhi: più luce riceve, più si contrae”.

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*Rafael Navarro-Valls è docente della Facoltà di diritto dell’Università Complutense di Madrid e segretario generale della Real Academia de Jurisprudencia y Legislación spagnola.

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ZENIT Staff

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