BOLOGNA, mercoledì, 16 febbraio 2011 (ZENIT.org).- La figura di Emil Cioran (1911-1995), una specie di ateo-credente, è servita per aprire la riflessione del primo incontro del Cortile dei Gentili.
“Io sono uno straniero per la polizia, per Dio, per me stesso”, diceva lo scrittore e filosofo rumeno, che ha trascorso quasi tutta la vita a Parigi. Le sue parole sono servite da guida per la riflessione che il Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha presentato il 12 febbraio in un’Aula Magna gremita all’Università di Bologna.
Nel primo incontro di questa “struttura” di dialogo fra credenti e non credenti nata in seno al dicastero vaticano su suggerimento di Benedetto XVI, il porporato ha mostrato le acute contraddizioni di Cioran.
“Non era strettamente ateo né agnostico, tant’è vero che era giunto al punto di suggerire ai teologi una sua particolare via ‘estetica’ per dimostrare l’esistenza di Dio. Scriveva, infatti, in Lacrime e santi (tradotto da Adelphi nel 1990): ‘Quando voi ascoltate Bach vedete nascere Dio… Dopo un oratorio, una cantata o una Passione, Dio deve esistere… Pensare che tanti teologi e filosofi hanno sprecato notti e giorni a cercare prove dell’esistenza di Dio, dimenticando la sola!’”.
“Cioran accusa l’Occidente di un delitto estremo, quello dell’aver estenuata e disseccata la potenza generatrice del Vangelo: ‘Consumato fino all’osso, il cristianesimo ha smesso di essere una fonte di stupore e di scandalo, ha smesso di scatenare vizi e di fecondare intelligenze e amori’”.
“Questo Qohelet-Ecclesiaste moderno si trasforma, allora, in una sorta di ‘mistico del Nulla’, lasciando intravedere il brivido delle ‘notti dell’anima’ di certi grandi mistici come Giovanni della Croce o Angelo Silesio, risalendo fino allo sconcertante cantore del nesso Dio-Nulla, il celebre Meister Eckhart medievale”, ha spiegato il Cardinal Ravasi.
“Si ha sempre qualcuno sopra di sé – continuava il filosofo –; al di là di Dio stesso si eleva il Nulla”. Ma il Cardinal Ravasi ha mostrato il paradosso: “Il campo visivo del cuore è: il mondo, più Dio, più il Nulla. Cioè tutto”.
E allora questa è la sua conclusione: “E se l’esistenza fosse per noi un esilio e il Nulla una patria?”.
“Il Nulla – sempre per ossimoro – diventa il nome di un Dio, certamente ben diverso dal Dio cristiano, eppure come lui pronto a raccogliere il male di vivere dell’umanità”.
Scriveva Cioran, evocando la “psicostasia” dell’antico Egitto, ossia la pesatura delle anime dei defunti per la verifica della gravità delle loro colpe: “Nel giorno del giudizio verranno pesate solo le
lacrime”.
“Nel tempo della disperazione, infatti, certe bestemmie – dichiarava Cioran, sulla scia di Giobbe – sono ‘preghiere negative’, la cui virulenza è accolta da Dio più della compassata lode teologica (l’idea era già stata formulata da Lutero)”, ha osservato il porporato.
“Cioran è, quindi, un ateo-credente sui generis – ha aggiunto –. Il suo pessimismo, anzi, il suo negazionismo riguarda piuttosto l’umanità: ‘Se Noè avesse avuto il dono di leggere il futuro, non c’è alcun dubbio che si sarebbe fatto colare a picco!’”.
Per Cioran, ha ricordato Ravasi, “l’uomo ti fa perdere ogni fede, è una sorta di dimostrazione della non esistenza di Dio”. “E qualche volta è difficile dargli torto, guardando non solo la storia dell’umanità, ma anche il vuoto di tanti individui che non ha niente del tragico Nulla trascendente”.
“Di molte persone si può affermare quanto vale per certi dipinti, cioè che la parte più preziosa è la cornice”, diceva Cioran. “Ma per fortuna – ed è questa la grande contraddizione – esiste, come si diceva, anche Bach…”, ha concluso il Cardinal Ravasi.