Suor Bonetti: basta a questo vergognoso mercato della donna

Durante la manifestazione di protesta a piazza del Popolo

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ROMA, domenica, 13 febbraio 2011 (ZENIT.org).- “Non possiamo più rimanere indifferenti di fronte a quanto oggi accade in Italia nei confronti del mondo femminile”. E’ una constatazione e un appello quelli lanciati questa domenica da piazza del Popolo, a Roma, da suor Eugenia Bonetti, da anni in prima linea contro la tratta degli esseri umani.

Missionaria della Consolata per 24 anni in Kenya, che al suo ritorno nel 1993 ha iniziato a lavorare in un Centro d’ascolto della Caritas di Torino, dove ha conosciuto “il mondo della notte e della strada”, la religiosa ha voluto unire la sua voce a quella delle migliaia di donne riunitesi questa domenica nella Capitale, ai piedi del Pincio, per protestare dopo lo scandalo del caso Ruby e chiedere il rispetto della loro dignità e dei loro diritti.

Tante le donne, di tutte le età, ma anche gli uomini che hanno affollatto quest’oggi Roma e che hanno visto alternarsi sul palco di piazza del Popolo esponenti del mondo dello spettacolo e della cultura, così come giornaliste e politiche. Una parte della mobilitazione nazionale dal titolo “Se non ora, quando?”, che ha coinvolto oltre 230 città italiane più una cinquantina di città di tutto il mondo, con italiani che hanno manifestato di fronte al palazzo delle Nazioni Unite a Ginevra o a Parigi, Londra. Gli organizzatori hanno parlato, solo in Italia, di un milione di manifestanti.

“Sono qui per dare voce a chi non ha voce – ha detto suor Bonetti –, alle nuove schiave, vittime della tratta di esseri umani per sfruttamento lavorativo e sessuale, per lanciare un forte appello affinchè sia riconosciuta la loro dignità e ripristinata la loro vera immagine di donne, artefici della propria vita e del proprio futuro”.

La religiosa è infatti responsabile dell’Ufficio “Tratta donne e minori” dell’Unione delle Superiore Maggiori d’Italia, creato in occasione del Grande Giubileo del 2000 e che coordina il servizio di 250 suore appartenenti a 75 congregazioni, impegnate in Italia in 110 progetti, spesso in collaborazione con la Caritas o altri enti pubblici o privati, insieme a volontari e associazioni.

“A nome loro e nostro, che ci sentiamo sorelle e madri di queste vittime – ha affermato con forza –, diciamo basta a questo indegno e vergognoso mercato del mondo femminile”.

Infatti, ha continuato la religiosa, l’immagine veicolata oggi del corpo della donna tende a ridurlo a “oggetto o strumento di piacere, di consumo e di guadagno, misconoscendo invece l’essenziale che lo stesso corpo umano racchiude: una bellezza infinita e profonda da scoprire, rispettare, apprezzare e valorizzare”.

E le notizie di cronaca rigurdanti le feste alla villa di Arcore del Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al centro delle indagini della Procura di Milano, “ci portano a pensare che siamo ancora molto lontani dal considerare la donna per ciò che è veramente e non semplicemente un oggetto o una merce da usare”.

“In questi ultimi tempi – ha continuato – si è cercato di eliminare la prostituzione di strada perché dava fastidio e disturbava i sedicenti benpensanti. A abbiamo voluto rinchiuderla in luoghi meno visibili, pensando di aver risolto il problema, ma non ci rendiamo conto che una prostituzione del corpo e dell’immagine della donna è diventata ormai parte integrante dei programmi e notizie televisive, della cultura del vivere quotidiano e proposta a tutti, compresi quei bambini che volevamo e pensavamo di tutelare”.

“Tutto questo purtroppo – ha sottolineato – educa allo sfruttamento, al sopruso, al piacere, al potere, senza alcuna preoccupazione delle dolorose conseguenze sui nostri giovani che vedono modelli da imitare e mete da raggiungere”.

“La donna è diventata solo una merce che si può comperare, consumare per poi liberarsene come un qualsiasi oggetto ‘usa e getta’ – ha aggiunto suor Bonetti –. Troppo spesso la donna è considerata solo per la bellezza e l’aspetto esterno del suo corpo e non invece per la ricchezza dei suoi valori veri di intelligenza e di bellezza interiore per la sua capacità di accoglienza, intuizione, donazione e servizio, per la sua genialità nel trasmettere l’amore, la pace e l’armonia, nonché nel dare e far crescere la vita”.

Per questo, ha concluso, è giunto il momento perché ognuno dia il proprio contributo e per questo “come religiose rivolgiamo un forte appello alle autorità civili e religiose, al mondo maschile e maschilista che non si mette in discussione, alle agenzie di informazione e formazione, alla scuola, alle parrocchie, ai gruppi giovanili, alle famiglie e in modo particolare alle donne affinché insieme possiamo riappropriarci di quei valori e significati sui quali si basa il bene comune per una convivenza degna di persone umane, per una società più giusta e più libera, con la speranza di un futuro di pace e armonia dove la dignità di ogni persona è considerato il primo bene da riconoscere, sviluppare, tutelare e custodire”.

Alla vigilia della manifestazione Marco Tarquinio, direttore del quotidiano dei Vescovi italiani, “Avvenire”, aveva firmato un editoriale affermando: “ebbene sì, se io fossi una donna domenica sarei in piazza. Non per politichetta, ma per amore. E per ribellione del cuore e della mente, da credente e da persona libera”.

“Ci sarei – aveva scritto – con la speranza di ascoltare voci chiare e consapevoli e accenti nuovi e autocritici su una battaglia per la parità uomo-donna che ha dato frutti importanti e dolci, ma anche agri, e che soprattutto – per vederlo basta avere gli occhi – ha paradossalmente prodotto e radicato nella testa di tanta gente d’Italia anche una vasta, sventata e triste ‘pari opportunità’ dell’involgarimento, della libertà declinata sino allo sciupìo di sé. Il peggio dei sogni al maschile trasformato in realtà”.

“Sarei in piazza, in quella piazza – continuava –, per ribellarmi non solo e non tanto al reato ancora da provare in giudizio di un uomo potente e, come lui stesso dice di sé, ‘qualche volta peccatore’, ma alla réclame dell’escortismo che è certa ed è provata e che sta appestando i giornali e ci appesta la vita”.

“Ci sarei – aggiungeva – per protestare contro la cartellonistica cialtrona che infesta le vie delle nostre città e contro la televisione sconciata e scosciata del velinismo e dei reality guardoni”.

“Se fossi donna – sottolineava il direttore di ‘Avvenire’ –, andrei in piazza fra altre donne per chiedermi – e chiedere ad alta voce – che cosa abbiamo insegnato a quelle tante nostre figlie pronte a considerare la vendita di sé un investimento come un altro – perché un errore terribile c’è stato se siamo arrivati sino a qui, e non è solo di queste ragazze belle e confuse, determinate e senza bussola, figlie di madri liberate o fatte sole, di padri assenti o espulsi, di famiglie provvisorie e risolte, come un problema d’aritmetica o un lampeggiante desiderio”.

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ZENIT Staff

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