di mons. Angelo Casile*
ROMA, venerdì, 11 febbraio 2011 (ZENIT.org).- La riflessione sul rapporto che esiste tra l’Eucaristia e il lavoro non può non partire dalla benedizione per la presentazione dei doni nella celebrazione eucaristica: «Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane (questo vino), frutto della terra (della vite) e del lavoro dell’uomo. Lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna».[1]
Al vino si unisce un po’ d’acqua per esprimere «la nostra unione con la vita divina di Colui che ha voluto assumere la nostra natura umana».[2] Il pane e il vino, e l’acqua, sono presentati come frutti della terra, della vite e del lavoro dell’uomo, perché attraverso la sua attività l’uomo prepara ciò che è indispensabile per celebrare l’Eucaristia: potremmo dire che se non ci fosse l’uomo che lavora non ci sarebbe l’Eucarestia. La Chiesa accoglie il lavoro come offerta, come collaborazione con Dio creatore e redentore, e lo “trasforma” nel Corpo del Signore perché ridia a ciascuno di noi vita e speranza certa.
Benedetto XVI ci ricorda che la presentazione dei doni non è una «sorta di “intervallo” tra la liturgia della Parola e quella eucaristica. Ciò farebbe venir meno, tra l’altro, il senso dell’unico rito composto di due parti connesse. In questo gesto umile e semplice si manifesta, in realtà, un significato molto grande: nel pane e nel vino che portiamo all’altare tutta la creazione è assunta da Cristo Redentore per essere trasformata e presentata al Padre».[3]
Il lavoro nell’Eucaristia e nella preghiera della Chiesa
La liturgia canta la bellezza del lavoro umano, individuale e sociale, come partecipazione all’opera creativa e redentiva di Dio e prega per la santificazione del lavoro con parole stupende: «O Padre, che chiami gli uomini a cooperare, mediante il lavoro quotidiano, al disegno immenso della tua creazione, fa’ che nello sforzo comune di costruire un mondo più giusto e fraterno ogni uomo trovi un posto conveniente alla sua dignità, per attuare la propria vocazione e contribuire al progresso di tutti».[4]
In questa preghiera possiamo trovare gli elementi fondamentali del lavoro umano: cooperazione all’opera di Dio, fedeltà quotidiana, partecipazione comune, impegno di giustizia e fraternità fondato sulla dignità della persona umana, compimento della propria vocazione, contributo allo sviluppo di ogni uomo e di tutto l’uomo. In tutta questa ricchezza di significati, il lavoro è assunto da Cristo uomo-Dio per essere consegnato al Padre, perchè Dio sia tutto in tutti (cfr 1Cor 15,28).
Si prega per il lavoro nel 1° maggio, memoria di san Giuseppe lavoratore, perché l’uomo sia fedele alle sue responsabilità, mangi del lavoro delle sue mani, sia felice e goda di ogni bene.[5] Si evidenzia il mistero di Cristo nel tempo e la santificazione del lavoro attraverso la celebrazione delle Quattro tempora [6] strutturata seguendo l’alternarsi delle stagioni (chrònos) e il loro riferimento al tempo liturgico (kairòs). Si prega ancora per il lavoro (nel senso più ampio di attenzione alla politica, alla giustizia e alla pace, alla custodia del creato, al bene comune) quando la Chiesa invoca la protezione di Dio: nel tempo della semina e del raccolto,[7] per quanti migrano per lavoro lungo le vie del mondo, [8] per la giustizia e la pace e per tutta la società civile. [9]
A questi testi vanno aggiunti i non pochi riferimenti presenti nella celebrazione della Giornata mondiale per la pace (1° gennaio), nella Giornata per salvaguardia del creato (1° settembre), nella Giornata per il ringraziamento (II domenica novembre), nella Liturgia delle Ore, soprattutto nelle invocazioni delle Lodi e nelle intercessione dei Vespri, e nel Benedizionale, strumento pastorale da valorizzare sempre più.
Eucaristia e lavoro: la fatica di ogni giorno
Nell’Eucaristia, oltre alle gioie della preghiera e del nostro essere fratelli, portiamo all’altare «fatiche di ogni giorno» e «ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente».[10]
I problemi che colpiscono il mondo del lavoro mi sembra siano generati da un semplice fatto: la società attuale non considera la persona umana che sta dietro ogni professione. «Il rapporto con il tempo, in cui si esplica l’attività del lavoro dell’uomo e il suo riposo, pone forti provocazioni al credente, condizionato dai vorticosi cambiamenti sociali e tentato da nuove forme di idolatria. Occorre pertanto chiedere che l’organizzazione del lavoro sia attenta ai tempi della famiglia per accompagnare le persone nelle fatiche quotidiane, consapevoli delle sfide che derivano dalla precarietà del lavoro, soprattutto giovanile, dalla disoccupazione, dalla difficoltà del reinserimento lavorativo in età adulta, dallo sfruttamento della manodopera dei minori, delle donne, degli immigrati. Anche se cambiano le modalità in cui si esprime il lavoro, non deve venir meno rispetto dei diritti inalienabili del lavoratore: quanto più profondi sono i cambiamenti, tanto più deciso deve essere l’impegno dell’intelligenza e della volontà per tutelare la dignità del lavoro».[11]
Benedetto XVI invita ad agire per consentire a tutti l’accesso e il mantenimento del lavoro. Lo impongono: la dignità della persona, ogni uomo deve lavorare per essere se stesso; le esigenze del giustizia, per non aumentare in modo eccessivo e moralmente inaccettabile le differenze ricchezza; la ragione economica, ciascuno può e deve contribuire allo sviluppo del proprio Paese.[12]
L’impresa (cooperativa, azienda) è un patto per la crescita del territorio. La disoccupazione può essere sconfitta solo se si creano posti di lavoro, solo se esistono cooperatori, imprenditori, che scommettono sulla dignità della persona umana e sul territorio per la riuscita della loro impresa come si sforza di mostrare la Chiesa italiana attraverso il Progetto Policoro (evangelizzare, educare,esprimere impresa).
Nello storico incontro per il Giubileo mondiale dei lavoratori, Giovanni Paolo II – che ha conosciuto la fatica del lavoro operaio e che sarà beatificato proprio il 1° maggio – ci ha esortati a governare con saggezza la globalizzazione globalizzando la solidarietà «a favore del lavoro dignitoso».[13]
Benedetto XVI, facendo proprio tale auspicio, afferma che il lavoro dev’essere decente, cioè «un lavoro che, in ogni società, sia l’espressione della dignità essenziale di ogni uomo e di ogni donna…».[14]
Dall’Eucaristia al lavoro: il culto gradito a Dio
È importante che a partire dalla liturgia, soprattutto nella celebrazione eucaristica, si viva l’impegno sociale come frutto del Mistero salvifico, curando la formazione e l’accompagnamento spirituale quanti sono impegnati nella vita sociale e politica, nelle varie associazioni con l’insegnamento del dottrina sociale.[15] Così facendo si manifesta «Cristo agli altri prima di tutto con la testimonianza della propria vita»,[16] rifuggendo «sia lo spiritualismo intimista sia l’attivismo sociale».[17] Accogliamo Gesù nell’Eucaristia per «imprimere la sua inesauribile efficacia su tutti i giorni della nostra vita mortale».[18]
«La nostra vera forza è dunque nutrirci della sua parola e del suo corpo, unirci alla sua offerta per noi, adorarlo presente nell’Eucaristia: prima di ogni attività e di ogni nostro programma, i
nfatti, deve esserci l’adorazione, che ci rende davvero liberi e ci dà i criteri per il nostro agire»[19]. La spiritualità cristiana «è lasciare che il Signore operi nella nostra vita quotidiana e la trasformi con la forza travolgente del suo amore».[20]
I nuovi Orientamenti pastorali ci ricordano: «Nel gesto della moltiplicazione dei pani e dei pesci è condensata la vita intera di Gesù che si dona per amore, per dare pienezza di vita. Neppure il suo corpo ha tenuto per sé: “prendete”, “mangiate”. L’insegnamento del Maestro trova compimento nel dono della sua esistenza: Gesù è la parola che illumina e il pane che nutre, è l’amore che educa e forma al dono della propria vita: “Voi stessi date loro da mangiare” (Mc 6,37)».[21] L’Eucaristia diviene così scuola di vita, perché «il cristiano cerca di fare della sua vita un dono, un sacrificio spirituale gradito a Dio, a imitazione di colui che nel suo sacrificio ha fatto della propria vita un dono al Padre e ai fratelli».[22]
Occorre quindi ritornare ad annunciare il Vangelo, vivere in profondità il proprio rapporto con Gesù Eucaristia, come singoli e come comunità, e offrire «un’esemplare testimonianza di vita, radicata in Cristo e vissuta nelle realtà temporali: famiglia; impegno professionale nell’ambito del lavoro, della cultura, della scienza e della ricerca; esercizio delle responsabilità sociali, economiche, politiche. Tutte le realtà umane secolari, personali e sociali, ambienti e situazioni storiche, strutture e istituzioni, sono il luogo proprio del vivere e dell’operare dei cristiani laici. Queste realtà sono destinatarie dell’amore di Dio».[23]
NOTE
1) CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Messale Romano, Libreria Editrice Vaticana, 1983, pp. 308-309.
2) Messale Romano, p. 308.
3) Sacramentum caritatis, n. 47.
4) Messale Romano, pp. 812-813.
5) Cfr Messale Romano, p. 501.
6) Cfr Messale Romano, pp. 1043-1045.
7) Messale Romano, pp. 814-816.
8) Messale Romano, p. 817.
9) Messale Romano, pp. 804-810.
10) Messale Romano, p. 310.
11) Rigenerati per una speranza viva, n. 12.
12) Cfr BENEDETTO XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, 29 giugno 2009, n. 32.
13) Discorso all’incontro con il mondo del lavoro, Tor Vergata, 1° maggio 2000.
14) Caritas in veritate, n. 63.
15) Cfr PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, 25 ottobre 2004, n. 539.
16) CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione dogmatica Lumen gentium, 21 novembre 1964, n. 31.
17) Compendio, n. 545.
18) PAOLO VI, Udienza generale, 24 maggio 1967.
19) BENEDETTO XVI, Discorso al Convegno ecclesiale di Verona, 19 ottobre 2006.
20) Rigenerati per una speranza viva, n. 5.
21) Educare alla vita buona del Vangelo, n. 18.
22) Il Giorno del Signore, n. 12.
23) Compendio, n. 543.
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*Mons. Angelo Casile è Direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale Sociale e del Lavoro della Conferenza Episcopale Italiana.