La tutela del minore dal concepimento

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di Aldo Ciappi*

PISA, giovedì, 10 febbraio 2011 (ZENIT.org).- “La tutela del minore dal concepimento” è il titolo del convegno organizzato dal Centro di Aiuto alla Vita insieme all’Unione Giuristi Cattolici, al Movimento per la Vita (MpV)e a Scienza e Vita locali, tenutosi il 4 febbraio a Pisa, nell’auditorium del Residence S. Rossore, alla presenza di oltre 120 partecipanti, in prevalenza avvocati.

L’on.le Carlo Casini, parlamentare europeo, Presidente del MpV e magistrato di Cassazione, ha trattato la figura del “concepito” nel panorama giuridico nazionale ed internazionale, sottolineando come sia sempre più urgente pervenire all’approvazione di uno “statuto dell’embrione umano”, tenuto conto delle fonti normative già esistenti – in primo luogo la Convenzione Internazionale dei Diritti del Fanciullo del 20 novembre 1989, richiamata dalla Corte Costituzionale (sent. n. 35/1997) – che già riconoscono anche al concepito la qualità di “soggetto” bisognoso di una tutela giuridica in ragione della sua intrinseca debolezza, pur essendo, questa tutela, completamente svuotata dalla Legge n. 194/1978 che, nonostante riconosca “il valore sociale della maternità” e dichiari di tutelare la vita umana “sin dal concepimento” (art. 1), nella seconda parte, di fatto, consente alla madre, almeno nei primi 90 giorni di vita, il diritto incondizionato di sopprimere il figlio. Più espressamente, la Legge n. 40/2004, sulla procreazione artificiale, ha riconosciuto all’embrione la dignità di “soggetto” giuridico nell’interesse del quale sono stati posti quei divieti di selezione, sperimentazione, congelamento ecc. che una certa giurisprudenza ideologizzata sta tentando di abbattere riducendo nuovamente l’embrione allo stato di puro oggetto.

Un oggettivo rafforzamento della tutela del concepito potrebbe venire, secondo Casini, dalla riforma, con semplice legge ordinaria dello Stato, dell’art. 1 del Codice civile, estendendo la “capacità giuridica” (cioè, di essere titolari di diritti e di doveri) ad ogni essere umano “sin dal concepimento”, e non più subordinandola all’evento della nascita.

Il prof. Antonio Boldrini, Direttore del Reparto di Neonatologia del S. Chiara di Pisa, ha ricordato che il nostro è il primo paese che, aderendo all’invito dell’ONU, ha introdotto una “carta dei diritti dei nati prematuramente”, tra cui, oltre al diritto ad essere considerato “persona” ad ogni effetto, vi è quello di avere accanto a sé i genitori, la cui presenza è fondamentale per questi bambini venuti alla luce prima della 37ma settimana (il 7-8% dell’insieme dei nati), parte dei quali, talora per diversi mesi, restano sospesi tra la vita e la morte dentro un’incubatrice, ed ha illustrato i grandi risultati raggiunti in pochi decenni da questa branca della medicina che oggi, in una realtà di eccellenza quale quella pisana, consente ad una percentuale sempre maggiore (la mortalità è scesa dal 30 per mille di circa 30 anni fa, al 3,5 per mille di oggi) di bambini, nati, talvolta, addirittura di 23-24 settimane, di farcela, spesso anche senza gravissime disabilità. La presenza dei genitori accanto al bambino consente, infatti, di stabilire con esso una profonda interazione che può aiutarlo nella lotta per la vita (ed a proposito sono stati citati anche i recenti studi sulla sensibilità intrauterina del feto sin dalle prime settimane di vita).

La dott.ssa Lorella Battini, ginecologa dell’Università di Pisa, ha trattato il tema della centralità del consenso informato nel rapporto tra medico e paziente (art. 5 Conv. di Oviedo 1997) anche nel quadro della medicina prenatale e neonatale, sottolineando la necessità per il medico di offrire ai futuri genitori tutte le informazioni utili per una maggiore consapevolezza del loro ruolo, rifuggendo da pericolose scorciatoie o false soluzioni, indotte da una sempre maggiore pressione sociale, che non terrebbero in giusto conto il bene del nascituro, come distinto soggetto di diritto, e considerando che il rischio di errore insito in certe tecniche, anche le meno invasive, è tuttora assai elevato. La diagnosi prenatale non deve avere, infatti, altra finalità che la cura, laddove sia possibile, del concepito e non la selezione eugenetica dei “meno adatti”.

La dott.ssa Paola Biondi ha parlato dell’obiezione di (scienza e) coscienza come diritto insopprimibile del medico, obbligato dal giuramento di Ippocrate ad astenersi da ogni maleficio (medicina “sostanzialistica”), di fronte ad una medicina di tipo “contrattualistico”, disposta a soddisfare i più disparati desideri del paziente, persino la morte, piuttosto che curare le malattie. Diritto che il medico dovrebbe poter esercitare a tutto tondo: dalla prescrizione del farmaco anticoncezionale, all’aborto chirurgico o chimico, dalla procreazione artificiale all’eutanasia; tutti casi in cui è in gioco il bene oggettivo dell’uomo, di ogni singolo uomo, irripetibile unità di corpo e spirito, di cui il buon medico deve sempre tener conto e lo fa, in casi estremi, con la sua obiezione.

L’avv. Giuseppe Mazzotta, Presidente dell’U.G.C.I. di Pisa, affrontando lo stesso tema, ha sottolineato il carattere generale del diritto all’obiezione di coscienza, riconosciuto nel nostro diritto interno sia dalla Legge 194/78 che dalla Legge 40/04, essendo radicato addirittura nella nostra antica cultura classica; basti pensare all’Antigone di Sofocle, che disobbedisce alle leggi di Creonte per dare giusta sepoltura al fratello. Pare ovvio, dunque, che anche in assenza di esplicita previsione di legge (come nel caso del contraccettivo “di emergenza”, anch’esso abortivo) possa essere invocata dal medico la “clausola” di coscienza come generale presidio di libertà di astenersi dall’applicare al paziente una certa “cura” in contrasto con i suoi principi e convinzioni etiche o religiose (v. parere del Comitato Nazionale di Bioetica del 28.05.2004 sulla “contraccezione di emergenza”-Norlevo).

Il prof. Luca Nocco, della Scuola Superiore “S. Anna” di Pisa, parlando dell’“avvocato del minore” nel diritto interno e internazionale, ha rilevato la necessità, da parte dei professionisti che si occupano di diritto di famiglia, di dotarsi di competenze interdisciplinari per gestire le liti familiari con un occhio sempre rivolto al dramma che i minori subiscono dalla rottura della coppia, auspicando che sia presto introdotta nel processo familiare una figura istituzionale per la cura degli interessi dei minori, spesso non adeguatamente rappresentati e protetti.

La dott.ssa Alina D’Angelo, anche lei della Scuola Superiore “S. Anna”, ha concluso il convegno parlando della “mediazione familiare”, un importante istituto – nato nel nord America nella seconda metà dello scorso secolo e ancora non ben delineato dal punto di vista normativo nel nostro ordinamento – di supporto alla famiglia con lo scopo di fornire competenze di tipo psicologico ai coniugi in crisi e di offrire soluzioni rispettose dell’interesse dei figli minori quando i genitori non riescano da soli a svolgere adeguatamente la loro funzione.

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*Aldo Ciappi è Presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani di Pisa.

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ZENIT Staff

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