ROMA, mercoledì, 9 febbraio 2011 (ZENIT.org).- La questione antropologica e non il libero mercato è la preoccupazione attuale su cui si sta focalizzando la Dottrina sociale della Chiesa. Ad affermarlo è il prof. Flavio Felice, Presidente del Centro Studi Tocqueville-Acton e docente ordinario di Dottrine Economiche e Politiche presso la Pontificia Università Lateranense. 

A questi argomenti il prof. Felice dedicherà una lezione sul tema “Il filo comune delle encicliche sociali” che si terrà a Roma, presso la sede di Rubbettino Editore, giovedì 10 febbraio alle ore 17.45. L'incontro si inserisce nell'ambito della Scuola di formazione "Luigi Sturzo" organizzata dal Centro Studi Tocqueville-Acton in collaborazione con Rubbettino Editore.

“Le cause della povertà rilevata da Benedetto XVI – osserva il docente – affondano le loro radici in primo luogo in una crisi di senso, dalla quale dipende una distorta idea di sviluppo umano, di qui l’esigenza da parte della Chiesa di continuare ad essere 'Maestra di umanità'”.

“Benedetto XVI – aggiunge – evidenzia che il dato antropologico è il vero problema della filosofia cristiana contemporanea e conseguentemente anche della Dottrina sociale della Chiesa, anche se troppi interpreti lo sottovalutano, riducendo così gli insegnamenti della Chiesa a mere visioni sociologiche ad uso di particolari visioni politiche, non di rado estranee alle intenzioni magisteriali”.

Ciò che appare con chiarezza, quindi, è che “oggetto della critica del Pontefice al paradigma economico dominante non siano la proprietà privata, il mercato o il perseguimento del profitto, che Benedetto XVI, in sintonia con il suo predecessore, invece ha saputo analizzare ed anche ridefinire”.

“Motivo di critica di Benedetto XVI è piuttosto – precisa – il riduzionismo materialistico che finisce per negare la dimensione integrale dello sviluppo umano a favore di un’idea di sviluppo considerato unicamente da un punto di vista puramente economico e tecnologico. Benedetto XVI ci dice invece che lo sviluppo è autentico se è integrale”.

“La riflessione di tutta la Dottrina sociale della Chiesa – continua il prof. Felice – incontra l’elaborazione teorica dell’economia sociale di mercato nella consapevolezza che le attività economiche, al pari di qualsiasi altra dimensione dell’agire umano, non si realizzano mai in uno vuoto morale o in un mondo virtuale, ma all’interno di un determinato contesto culturale, le cui matrici possono essere riconosciute e apprezzate ovvero trascurate e disprezzate”.

Questo perché, “quando un sistema sociale nega il valore trascendente della persona umana, a partire dal diritto a nascere e a vivere partecipando alla dimensione economica, oltre che politica e culturale, si rivela da se stesso come disumano, e merita di essere criticato”.

“In questa prospettiva – sottolinea –, una sana economia di mercato è sempre limitata da un ordine giuridico che la regola e da istituzioni morali, come ad esempio la famiglia e la pluralità dei corpi intermedi, che interagiscono con essa e la influenzano, essendone esse stesse influenzate”.