L’islam e i diritti dell’uomo

di padre Piero Gheddo*  

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ROMA, lunedì, 7 febbraio 2011 (ZENIT.org).- L’islam è di nuovo alla ribalta dell’attenzione mondiale, con le manifestazioni per una maggior democrazia in Tunisia, Egitto, Algeria, Giordania, Yemen, mentre in Libano sta prendendo piede un governo che si prevede dominato dagli Hezbollah. Dove sboccheranno questi movimenti popolari? Verso governi democratici o guidati dagli estremisti islamici come in Iran? L’Egitto, con i suoi 80 milioni di abitanti, è il più importante paese arabo-islamico del Medio Oriente; se andasse nella direzione dei Fratelli Musulmani, per Israele e l’Europa sarebbe un disastro di proporzioni inimmaginabili. Impossibile fare previsioni, ma le guide dei popoli islamici, culturali, religiose e politiche, dovrebbero rispondere a questo interrogativo: i popoli dell’islam, che si avvicinano al miliardo e mezzo di fedeli, vogliono entrare nel mondo moderno, portando il contributo dei loro valori umani e religiosi, o allontanarsene per creare una società alternativa?

Ecco in sintesi alcuni aspetti della situazione attuale, che dovrebbe preoccupare specialmente i capi e le guide spirituali dell’islam:

    –  Nel mondo islamico si assiste quasi ovunque ad una crescita del fondamentalismo, visto come soluzione ai disagi dei popoli del Corano.

    –  Nei paesi in cui i musulmani sono la maggioranza non esiste vera democrazia e i fedeli di altre religioni non godono di piena libertà religiosa.

     –  Dove i musulmani sono una consistente minoranza religiosa (Filippine, Thailandia, Cina, Costa d’Avorio, Nigeria), chiedono con la violenza e la guerriglia la secessione dallo Stato.

     – I paesi islamici, quasi tutti benedetti da Dio con grandi risorse naturali (petrolio), sono molto in basso nella graduatoria monitorata dall’Onu per misurare lo “sviluppo umano” dei popoli (istruzione, libertà, giustizia sociale, democrazia, diritti dell’uomo e della donna, benessere, sanità, ecc).

     L’uso della violenza, del denaro e del ricatto (se entri in questo commercio, in questa azienda devi convertirti all’islam) per portare nuovi fedeli nella comunità islamica o per impedire l’uscita di un fedele dall’islam è molto comune in quasi tutto il mondo islamico.

Superfluo continuare con gli esempi. Perchè i capi islamici non discutono pubblicamente di questi problemi, coinvolgendo i loro popoli? In Occidente si parla spesso di “islam moderato” e certamente la grande maggioranza dei musulmani è formata da persone di preghiera e di virtù umane, oneste e di buon senso: l’ho sentito dire dai cristiani in ogni parte del mondo islamico e ho avuto diverse esperienze probatorie. Ma perché poi, nella comunità di fede (la “umma”) questo islam moderato non viene mai fuori, ad esempio nelle frequenti e assurde condanne a morte di cristiani per la “Legge contro la bestemmia” in Pakistan?  Possibile che prevalgano sempre i gruppi estremisti e i “moderati” non facciano mai sentire la loro voce, non in Occidente dove c’è libertà,  ma proprio nei paesi dell’islam, per educare il popolo ad un diverso modo di sentire e di agire?   

E’ noto che la “Carta dei Diritti dell’Uomo”, approvata dall’Onu nel 1948, sia di chiara ispirazione cristiana, perché a quel tempo gli Stati membri delle Nazioni Unite erano quasi tutti cristiani. I paesi islamici non firmarono quella Carta e quelli che poi hanno firmato, nel 1990 al Cairo, hanno promulgato la “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo nell’Islam”, che afferma: “L’islam è la religione della natura dell’uomo” (art. 10); e concede libertà religiosa, ma “fino a che rimane nel quadro dei limiti generali che la Legge islamica prevede a questo proposito”. Discorso ambiguo e inconsistente.

Il problema fondamentale dell’islam è il rispetto dei diritti dell’uomo e della donna, che alla radice è un problema teologico: cioè come leggere e interpretare il Corano. Nel 2006 a Ratisbona Benedetto XVI segnalava una differenza essenziale fra islam e cristianesimo: “La fede della Chiesa si è sempre attenuta alla convinzione che tra Dio e noi, tra il suo eterno Spirito creatore e la nostra ragione creata esista una vera analogia”, cioè una somiglianza nel modo di ragionare . E il Papa concludeva: “Non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio”. In altre parole, la violenza per Dio non esiste, non può esistere, la ragione la condanna. Il Papa ha denunciato l’assurdità della violenza esistente nel mondo islamico, per dare uno scossone anzitutto all’Islam stesso. Perché l’islam moderato capisca che è arrivato il momento di reagire e di far sentire le proprie ragioni e la propria voglia di vivere in pace. Cosa c’è di errato nell’islam per non arrivare a capire questo? Se i capi e i teologi islamici non affrontano e non  risolvono questo assurdo, i popoli islamici, dei quali ammiriamo il profondo senso religioso e l’amore alla preghiera, non si capisce come e quando possano entrare nel mondo moderno.

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*Padre Piero Gheddo (www.gheddopiero.it), già direttore di Mondo e Missione e di Italia Missionaria, è stato tra i fondatori della Emi (1955), di Mani Tese (1973) e Asia News (1986). Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente scrivendo oltre 80 libri. Ha diretto a Roma l’Ufficio storico del Pime e postulatore di cause di canonizzazione. Oggi risiede a Milano.

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ZENIT Staff

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