Karnataka: assolti i gruppi radicali indù per le violenze del 2008

La Chiesa protesta per il rapporto della Commissione del giudice Somasekhara

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di Paul De Maeyer

ROMA, domenica, 6 febbraio 2011 (ZENIT.org).- La comunità cristiana dell’India, in particolare le diocesi cattoliche dello Stato sudoccidentale del Karnataka, che a Bangalore ospita il cuore pulsante dell’alta tecnologia “made in India”, respinge con decisione la relazione finale della commissione d’inchiesta sulle violenze anti-cristiane scoppiate nel settembre del 2008 nello Stato.

Le conclusioni delle indagini guidate da un ex giudice dell’Alta Corte del Karnataka e dell’Andhra Pradesh, B. K. Somasekhara, che ha consegnato il 28 gennaio scorso il suo rapporto al capo del governo del Karnataka, B. S. Yeddyyurappa, del partito nazionalista indù Baratiya Janata Party (BJP), sono infatti inaccettabili per i cristiani e per i movimenti dei diritti umani, che da anni denunciano l’impunità e la strisciante connivenza fra movimenti estremisti indù ed autorità.

Il rapporto della “Justice B. K. Somasekhara Commission of Inquiry”, la quale aveva avviato la sua attività nell’ottobre del 2008, ha assolto infatti sia il governo che le forze dell’ordine dello Stato del Karnataka, negando ogni loro coinvolgimento o responsabilità negli eventi, e scagiona inoltre le organizzazioni estremiste indù. Gli attacchi – sostiene il testo – non sono da “veri indù”, ma sono stati portati avanti da “fondamentalisti scellerati fuorviati” appartenenti a gruppi oppure a organizzazioni definite o indefinite che “erroneamente” hanno pensato che il partito al potere li avrebbe coperti (UCA News, 28 gennaio).

La relazione del giudice Somasekhara si è soffermata anche sulla molto delicata questione delle conversioni “forzate” o “indotte” al cristianesimo, un argomento “molto caro” ai gruppi radicali indù. Mentre scagiona la Chiesa cattolica, il rapporto dice di avere “chiare indicazioni di conversioni al cristianesimo” da parte di alcune organizzazioni o “sedicenti pastori”, che avrebbero usato fondi locali o esteri per indurre la gente a convertirsi, “non necessariamente costrizione, frode o coercizione”, come invece sostengono i gruppi fondamentalisti indù.

La commissione “one-man” (composta infatti da un solo componente, il giudice Somasekhara) respinge inoltre la richiesta avanzata da alcune organizzazioni indù di vietare le pubblicazioni cristiane – inclusa la Bibbia -, ma raccomanda invece di introdurre a sua volta nel Karnataka una “legge anti-conversioni”, seguendo dunque l’esempio di almeno sette altri Stati dell’Unione indiana: Arunachal Pradesh, Chhattisgarh, Gujarat, Himachal Pradesh, Madhya Pradesh, Orissa e Rajasthan.

Per la Chiesa, il rapporto è “ingiusto”. Durante una conferenza stampa, l’arcivescovo di Bangalore, monsignor Bernard Moras, ha parlato ieri, sabato 5 febbraio, di un testo “altamente comunale”, che “indubbiamente crea divisione”. Per il presule, la versione finale “legittima la posizione dello Stato” e “assolve deliberatamente le persone e le organizzazioni responsabili degli attacchi menzionate nel rapporto interinale” (Daijiworld.com, 5 febbraio). Presentato il 1° febbraio 2010, quest’ultimo aveva puntato il dito contro varie organizzazioni indù, come Bajrang Dal, Sri Rama Sene (SRS) e Vishwa Hindu Parishad (VHP).

“La comunità cristiana non era felice quando il governo ha proposto una commissione d’inchiesta ‘one-man’ sotto il giudice Somasekhara. Abbiamo cooperato con la commissione. Ma dopo aver esaminato il rapporto, siamo profondamente turbati e abbiamo deciso di respingerlo”, hanno dichiarato a loro volta i rappresentanti del Karnataka Regional Catholic Bishops Council (KRCBC) e del Karnataka United Christian Forum for Human Rights (KUCFHR) (Daily News & Analysis, 6 febbraio).

Da parte sua, la diocesi di Mangalore ha già annunciato che farà battaglia contro le conclusioni del giudice Somasekhara. “Trasmetteremo la nostra protesta al presidente e al primo ministro”, così ha detto nei giorni scorsi il vescovo della diocesi, monsignor Aloysius Paul D’Souza. “Presenteremo anche un’istanza presso l’Alta Corte”, ha aggiunto il prelato (UCA News, 3 febbraio). Secondo la diocesi, il rapporto “ha fallito nell’indicare al governo soluzioni e misure per contrastare i gruppi organizzati, responsabili degli attacchi alle chiese”. Così si legge in una nota ufficiale inviata all’agenzia Fides il 1° febbraio.

Molto netto è stato anche l’attivista cattolico Joseph Dias, segretario generale del Christian Secular Forum (CSF), il quale ritiene responsabili i nazionalisti del BJP. “In Karnataka e negli altri Stati indiani dove il partito è al potere, le violenze anticristiane sono nettamente aumentate”, ha detto a Fides. “Dobbiamo far sentire la voce del dissenso che sale dalla società civile. Chiediamo che il rapporto venga ritirato e sostituito con una nuova indagine imparziale. Altrimenti si rischia che i movimenti estremisti indù, che vogliono eliminare la presenza cristiana dalla società indiana, finiscano per avere la meglio, con l’appoggio delle istituzioni”, così ha continuato (3 febbraio).

Secondo i dati raccolti da Fides, nel Karnataka, che conta poco più di un milione di cristiani su una popolazione totale di oltre 52 milioni di abitanti, sono stati registrati durante l’ondata di violenza del 2008 almeno 113 attacchi contro obiettivi cristiani (sia persone che edifici o istituzioni) ed altri 138 assalti o atti anti-cristiani nei due anni successivi.

Ad accendere la miccia era stata la morte violenta di uno dei capi del gruppo radicale indù Vishwa Hindu Parishad (VHP), Swami Laxanananda Saraspati, ucciso da un commando armato la sera di sabato 23 agosto 2008 assieme con 5 seguaci nel distretto di Kandhamal, nello Stato nordorientale dell’Orissa, sul Golfo del Bengala, anch’esso teatro di gravissimi episodi anti-cristiani. I radicali indù avevano attribuito la responsabilità ai cristiani, anche se in seguito il capo della guerriglia maoista nell’Orissa, Sabyasachi Panda, aveva rivendicato la strage (AsiaNews, 6 ottobre 2008).

Oggi, la violenza contri i cristiani rimane all’ordine del giorno in India, specialmente nello Stato del Karnataka. Anzi, secondo Michael F. Saldanha, ex giudice dell’Alta Corte del Karnataka e presidente della Catholic Association of South Kanara, non ci sono dubbi: nel Karnataka, il partito nazionalista BJP “ha superato l’Orissa” (Compact Direct News, 22 marzo 2010).

Sembra comunque che le proteste del mondo cristiano stiano portando frutto. Questa domenica, il governatore del Karnataka, H. R. Bhardwaj, si è dichiarato “turbato” per il rapporto, che “ha adirato l’intera comunità cristiana perché non è stata fatta giustizia” (DNA, 6 febbraio). Il governatore ha inoltre sospeso temporaneamente una laurea “ad honorem” allo scrittore M. Chidananda Murthy, perché sospettato di aver appoggiato il rapporto Somasekhara.

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ZENIT Staff

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