Due facce della stessa medaglia

Libertà religiosa e libertà di coscienza

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di Rafael Navarro-Valls*

MADRID, mercoledì, 2 febbraio 2011 (ZENIT.org).- La libertà religiosa è la prima delle libertà, ma la libertà di coscienza è la stella polare che orienta le democrazie. Due facce della stessa medaglia. Basti un esempio. Non molto tempo fa si sono riuniti a Roma il primo leader politico del mondo (Barack H. Obama) e la prima autorità morale della terra (Benedetto XVI). L’incontro è durato circa venti minuti. Di questi, otto sono stati dedicati all’obiezione di coscienza, nel quadro della libertà religiosa.

È sintomatico che, nella scelta di un tema che preoccupi oggi i due nuclei più intensi di potere dell’Umanità, ci sia proprio quello del contrasto tra coscienza e legge, che rende sempre più manifesti gli oscuri drammi che si generano in alcune minoranze a causa di leggi che hanno, direttamente o indirettamente, un profilo etico. Un modo per dire che l’obiezione di coscienza non è una specie di “delirio religioso”, un sottoprodotto giuridico da relegare alle catacombe sociali. Al contrario, è una chiara specificazione del diritto fondamentale alla libertà religiosa e di coscienza.

È proprio questo che si è appena concluso in zone molto diverse dei due continenti. Da un lato, nel quadro dell’obiezione di coscienza all’aborto, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (risoluzione n. 1763, 2010), ha proclamato con forza “l’obbligo di garantire il rispetto del diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, dei fornitori dell’assistenza sanitaria”. Dall’altro, il Perù ha promulgato la sua prima legge sulla libertà religiosa (dicembre 2010), in cui l’articolo 4 è dedicato alla tutela dell’obiezione di coscienza, per chi non ritiene di poter compiere un obbligo giuridico “a causa di un imperativo morale o religioso grave o ineludibile”.

Il motivo di questa sorta di contrattacco dei diritti umani, trae la sua origine da due ordini di motivi. Il primo è la tendenza in alcuni Paesi orientali a contrastare la libertà religiosa. Il secondo è una concezione del potere – soprattutto in Europa – che sta convertendo la legge in un semplice procedimento di governo, per trasmettere consegne ideologiche, scivolando talvolta nella volgarità.

Quando si chiede, a nome del Papa, alla comunità internazionale, che intervenga “in modo forte e chiaro” a tutela della libertà religiosa, si sta mettendo in gioco la prima faccia della medaglia, “attoniti davanti all’intolleranza e alla violenza”. E quando si denuncia l’incontinenza normativa del potere, che cerca di imporre per via legislativa una filosofia belligerante con le coscienze, la stessa moneta è vista dall’altro lato, quella che legittimamente moltiplica le obiezioni di coscienza come reazione.

Tempo fa, in America, si è aperta la caccia alle streghe. Uno degli obiettivi erano gli attori di Hollywood. Questa è stata la loro reazione: “In molti modi è possibile perdere la propria libertà. Ci può essere strappata con un atto tirannico, ma può anche sfuggirci di mano giorno dopo giorno, inavvertitamente, mentre siamo troppo occupati per prestargli attenzione, o troppo perplessi, o troppo spaventati”. Avevano ragione.

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*Rafael Navarro-Valls è docente della Facoltà di diritto dell’Università Complutense di Madrid e segretario generale della Real Academia de Jurisprudencia y Legislación spagnola.

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ZENIT Staff

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