Diritto alla vita o alla morte?

L’11 febbraio si celebrerà la 19°Giornata del malato

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di Felice Previte*

ROMA, mercoledì, 2 febbraio 2011 (ZENIT.org).- L’11 febbraio di ogni anno viene ricordata la “Giornata del malato”, soprattutto quello debole ed indifeso che come tale viene riconfermato anche dalla Costituzione Europea promulgata recentemente.

In questo giorno, peraltro, non può essere disatteso il pensiero anche nei riguardi di tutti quei malati che portano nel loro corpo i segni di una grande sofferenza psico-fisica.

Ma non possono essere disconosciuti i familiari, le loro ansie, speranze, necessità, mentre la società civile, malgrado tutto anche se in una solidarietà esteriore, continua a chiudersi nel guscio del proprio egoismo.

Nella nostra storia contemporanea si vuole introdurre con il termine eutanasia non più l’assistenza affettuosa al malato, ma un’azione con la quale per una qualunque ragione si vuol porre fine alla sofferenza per una morte indolore.

Per fare qualche esempio: l’eutanasia neonatale, cioè quella autorizzazione ad “eliminare” bambini sotto i 12 anni portatori di gravi malattie o di infinite malformazioni, mali incurabili (vedi legge in Olanda); l’eutanasia sociale, cioè quella autorizzazione ad “eliminare” anziani con gravi malattie che comportano una spesa sociale per una lunga degenza o una lunga cura; l’eutanasia sanitaria, cioè quella autorizzazione ad “eliminare” pazienti mediante somministrazione di sostanze tossiche, come esecrabili fatti su cui una cruda cronaca, anche recente, ci informa.

Per i cristiani l’uomo è creatura di Dio, Magistero della Chiesa rinnovato dal beato Giovanni Paolo II nell’Enciclica “Evangelium Vitae” che sull’eutanasia afferma essere “…uccisione deliberata moralmente, inaccettabile di una persona umana”.

Per il mondo civile l’essere umano, la persona, la ragione e la logica non chiedono di morire, ma di vivere.

Spesso, però, la cronaca ci porta a conoscenza drammi che si consumano nella solitudine delle famiglie.

Quando la malattia pone nella situazione di sofferenza fisica, ma soprattutto nella patologia psichica, il compito della comunità (= Istituzioni) devono concorrere ad un maggiore impegno di tutela del “malato” ormai “dimenticato e defraudato del proprio diritto”.

La patologia mentale, spesso cronica, costituisce uno stato di emergenza latente perché il sofferente spesso è un elemento disgregante della famiglia stessa, ma soprattutto della società. Mentre quest’ultima deve anelare alla speranza di risoluzione di questo disagio sociale e non all’emarginazione che di fatto avviene malgrado ogni affermazione anche di natura istituzionale.

Il “malato” deve uscire dal lungo buio tunnel della disperazione e della sofferenza che da ben 33 anni non vede uno spiraglio di luce.

Per le famiglie il vero dramma è costituito dalle varie malattie, e sono molte e gravi, ma sopratutto dalla solitudine in cui spesso vengono a trovarsi.

Nel campo della solidarietà la Costituzione Europea rinnova e garantisce nel Titolo 4° art. II-94-95 la sicurezza sociale e la protezione della salute con “un livello di protezione della salute umana” che ci auguriamo sia per tutti i malati degli Stati d’Europa.

Solo in questa maniera possiamo considerare la celebrazione di questa Giornata un evento che non sia solo rievocazione, ma anche un fatto costruttivo, denso e pieno di significati.

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*Felice Previte è Presidente dell’associazione Cristiani per servire (http://digilander.libero.it/cristianiperservire)

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ZENIT Staff

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