Pakistan: fondamentalisti islamici contro Benedetto XVI

Annunciata una manifestazione nazionale di protesta contro il Papa per il 14 gennaio

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di Paul De Maeyer

ROMA, giovedì, 13 gennaio 2011 (ZENIT.org).- “Tra le norme che ledono il diritto delle persone alla libertà religiosa, una menzione particolare dev’essere fatta della legge contro la blasfemia in Pakistan: incoraggio di nuovo le autorità di quel Paese a compiere gli sforzi necessari per abrogarla, tanto più che è evidente che essa serve da pretesto per provocare ingiustizie e violenze contro le minoranze religiose. Il tragico assassinio del governatore del Punjab mostra quanto sia urgente procedere in tal senso: la venerazione nei riguardi di Dio promuove la fraternità e l’amore, non l’odio e la divisione”.

Questo era l’appello a favore dell’abrogazione della molto discussa norma – in concreto gli articoli 295-B e 295-C del Codice Penale pachistano – rivolto lunedì 10 gennaio alle autorità del paese da Benedetto XVI nel suo tradizionale discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Queste poche parole sono state sufficienti per provocare un putiferio nel paese asiatico, nel quale la religione è sempre di più un fattore di profonda divisione, anzi che sta spaccando l’intera società.

Come riferisce l’agenzia Fides, il forum islamico Tehrik-e-Tahaffuz-e-Namoos-e-Risalat (TTNR o Alleanza per difendere l’onore del Profeta) ha annunciato infatti per domani, 14 gennaio, dopo la tradizionale preghiera del venerdì, una manifestazione nazionale di protesta contro il Pontefice. La rete trasversale è nata lo scorso mese in reazione alla mobilitazione a favore di Asia Bibi, la donna cristiana accusata di (presunto) oltraggio al Profeta e condannata a morte per impiccagione il 7 novembre da un tribunale nella provincia del Punjab.

L’annuncio della manifestazione conferma la continua islamizzazione e radicalizzazione del paese, un fenomeno che non risparmia le più alte sfere pachistane, quella giudiziaria inclusa. A lanciare la rete TTNR è stato infatti l’avvocato trentenne Rao Abdur Raheem, la cui organizzazione di giovani avvocati – una volta considerata una forza della democrazia – ha approvato il recente assassinio del governatore del Punjab, Salman Taseer, e considera il suo assassino, il ventiseienne Malik Mumtaz Hussain Qadri, un “eroe”. Per questo motivo, l’Asian Human Rights Commission (AHRC) ha chiesto in un comunicato inviato all’agenzia Fides (12 gennaio) la messa in stato d’accusa dei responsabili della TTNR per aver “istigato pubblicamente all’omicidio di persone innocenti”.

Già nei giorni scorsi, rappresentanti politico-religiosi hanno condannato l’intervento del Santo Padre. Come riferisce AsiaNews (12 gennaio), il segretario generale di uno dei più vecchi partiti islamici del Pakistan – il Jama’at-e-Islami (JI) -, Liaquat Baloch, ha qualificato l’altro ieri le parole di Papa Ratzinger come “folli”, perché mettono in pericolo “la sicurezza dei cristiani pakistani”. Per il capo islamista, l’assassino del governatore del Punjab godrebbe d’altronde del sostegno “di tutta la nazione”. In un comunicato diffuso dopo l’uccisione di Taseer, il JI ha dato la colpa infatti all’ex governatore: non avrebbe dovuto disonorare 170 milioni di pachistani, definendo la legge sulla blasfemia una “norma oscura” (New American, 11 gennaio).

Ma il discorso del Santo Padre ha ricevuto anche plausi ed adesioni. “È tempo di assumere posizioni ferme e promuovere la libertà religiosa. Anche io sostengo le parole del Papa per l’abrogazione della legge sulla blasfemia, perché è usata solo per dirimere controversie personali”, ha detto ad AsiaNews (13 gennaio) il capo del consiglio islamico di Islamabad, il mullah Mehfuz Ahmed. Anche il capo del dipartimento di Studi islamici presso la Quaid-e-Azam University di Islamabad, Muhammad Asad Shafique ha approvato l’intervento di Benedetto XVI. A suo avviso, il discorso è arrivato in un “momento cruciale” e il processo contro l’assassino di Taseer sarà “un banco di prova per il sistema giudiziario” del suo paese. E come osserva un altro noto studioso musulmano, Waqas Ali Wasti, persino il fondatore del Pakistan, Muhammad Ali Jinnah (1876-1948), verrebbe oggi ucciso da estremisti islamici “con false accuse di blasfemia”

Nel frattempo, il marito di Asia Bibi ha potuto visitarla nel carcere di Sheikhupura, nei pressi di Lahore, il capoluogo del Punjab. Come riportano fonti dell’agenzia Fides (12 gennaio), la donna è stanca e preoccupata, e si sente costantemente in pericolo. “Chi ci proteggerà adesso? Siamo tutti in pericolo”, ha detto la Bibi in reazione alla morte del governatore. La sua preoccupazione non è per nulla esagerata. Secondo il capo dell’associazione che assiste la famiglia della donna – la Masihi Foundation -, Haroon Bsrket Masih, “oggi ci sono 10 milioni di potenziali killer di Asia. Taseer è stato ucciso; il ministro Shahbaz Bhatti o l’ex ministro Sherry Rehman sono stati condannati a morte dagli estremisti”. L’imam della moschea di Mohabat Khan (la più grande di Peshawar), Maulana Yousuf Qureshi, ha offerto una ricompensa di 500.000 rupie (circa 4.500 euro) per chiunque uccida la donna (AsiaNews, 4 gennaio).

Parlando con Fides, Masih ha criticato d’altronde il governo del primo ministro Yousaf Raza Gilani, del PPP (Pakistan People Party). “Il governo, con il premier Gilani e il ministro per la Giustizia, ha detto apertamente che non intende modificare in alcun modo la legge sulla blasfemia. L’esecutivo è ostaggio dei fondamentalisti: in tal modo si allontana dai principi e dalla visione democratica e legittima patenti violazioni dei diritti umani. Mi chiedo: oggi chi è al potere in Pakistan? Il governo o i leader religiosi radicali?”

Anche il vescovo della diocesi di Islamabad-Rawalpindi, monsignor Rufin Anthony, ha espresso la propria sorpresa per l’atteggiamento del governo Gilani, messo sotto torchio dagli estremisti. Sotto le pressioni dei partiti religiosi, “ha compiuto una virata di 180° sugli emendamenti alla legge sulla blasfemia”. Così ha dichiarato il presule ad AsiaNews (12 gennaio).

Comunque, l’atmosfera in Pakistan si fa sempre più incandescente. E vanno dunque prese sul serio le minacce di morte dirette contro il ministro per le Minoranze, il cattolico Shahbaz Bhatti, e l’ex ministro ed attuale deputata Sherry Rehman, che alla fine di novembre ha presentato una proposta di revisione della legge sulla blasfemia. “Oggi viviamo tempi particolarmente difficili in cui ogni cittadino liberale in Pakistan rischia di essere ucciso dai fanatici”, ammette Peter Jacob, segretario della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza Episcopale del Pakistan (Fides, 13 gennaio). Infatti, non dimentichiamo che per il più grande quotidiano in lingua urdu del Pakistan, Jang, “chi sostiene un blasfemo è a sua volta un blasfemo” (Agence France-Presse, 5 gennaio).

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ZENIT Staff

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