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Eccellenza Carissima
Autorità
Cari Fratelli e Sorelle nel Signore
Con gioia ho accolto il cordiale invito della Madre Generale delle “Suore Ravasco” per inaugurare la loro scuola. Era anche l’occasione di ritornare nella terra di Albania, terra bella, rigogliosa e promettente, e di celebrare in questa Cattedrale cuore pulsante della Diocesi.
Con fede vogliamo ora accogliere la parola del Vangelo per introdurci nel mistero eucaristico, sacrificio di Cristo, pane di vita eterna, sorgente perenne della Chiesa.
Ci troviamo di fronte al Signore Gesù che chiama a sé i Dodici. E’ un momento quanto mai significativo in quanto decide di ammetterli alla sua amicizia, alla conoscenza del suo mistero, di condividere la sua vita con loro, di renderli partecipi della sua missione. Solo così potranno dargli testimonianza un giorno: potranno annunciare al mondo ciò che di Lui avranno visto e da Lui ascoltato. Diventeranno così la norma della fede autentica e il fondamento della sua Chiesa. Passeranno i secoli e i millenni, ma la fede delle generazioni dovrà guardare alla fede di quei dodici uomini che, scelti da Gesù, diventano il criterio della verità cristiana. La fede s’ incarna nelle diverse storie e culture, con rispetto le valuta e con fiducia le sospinge verso un arricchimento e una crescita continua, ma non è mai catturata da niente e da nessuno. Essa è libera, storica e metastorica, perché riguarda il Figlio di Dio. Proprio per la chiamata particolare da parte di Cristo, e in forza della loro esperienza unica, i Dodici diventeranno il fondamento essenziale della Chiesa: nessuno ha la presa diretta sulla pietra angolare se non gli Apostoli, e chi vuole incontrare Cristo non ha altra strada.
Ecco perché ogni comunità cattolica nel mondo, in qualunque situazione culturale, sociale e politica, guarda al Papa: “la comunione con Pietro e i suoi successori – spiegava Benedetto XVI recentemente – è garanzia di libertà per i Pastori della Chiesa e per le stesse Comunità loro affidate (…) è garanzia di libertà nel senso della piena adesione alla verità, all’autentica tradizione, così che il Popolo di Dio sia preservato da errori concernenti la fede e la morale” (Omelia 29.6.2010). Insieme alla grazia di Dio, è anche per questo che, nelle situazioni più difficili e a prezzo di grandi sacrifici, non è mai mancato il coraggio della fede e l’amore alla Chiesa. Il seme della preghiera, del Vangelo, dei sacramenti, ha continuato a vivere nel segreto e a produrre frutti buoni per tutti. All’audacia della testimonianza cristiana, ad una fede coltivata e consapevole, siamo tutti richiamati come ad una particolare sfida del nostro tempo, a un debito che abbiamo verso gli uomini e le società.
L’uomo contemporaneo – forse più che in altri momenti della storia – sente il bisogno di trovare un senso vero e alla vita, di non cedere all’angoscia, di non sentirsi straniero nel mondo, di non essere catturato dal materialismo, di sapere cos’è il male e il bene; desidera di poter camminare verso un destino di luce. Il pane del corpo è necessario per la vita e la dignità dell’uomo, ma il pane dello spirito è ancor più necessario se non si vuole sopravvivere solamente. Si può essere sazi ma insoddisfatti, presi da una sottile angoscia di fronte al futuro come certe società testimoniano. Ma anche la società e la cultura, nel loro complesso, sono in attesa del contributo unico e peculiare della fede. Come spesso ricorda il Santo Padre Benedetto XVI, oggi il mondo occidentale vorrebbe costruire una storia senza Dio come se Dio dovesse essere confinato nel privato.
Ma la storia dice che una storia senza Dio non è storia, perché va sempre contro l’uomo in ciò che ha di più profondo. Si tratta allora di ispirare la società e la storia alla luce di Gesù che rivela il vero volto di Dio e il vero volto dell’uomo: c’è un grande bisogno di riscoprire l’umano dell’uomo in tempi di confusione e di relativismo; ma per riscoprire l’uomo dobbiamo riscoprire Cristo. Il suo Vangelo parla sì ai credenti, ma parla anche a tutti, perché fa parte della fede tutto ciò che di autenticamente umano è nel mondo.
Nel racconto della vocazione dei Dodici, inoltre, non sfugge il modo puntuale con cui l’Evangelista elenca i nomi dei chiamati. Il particolare non è di certo casuale: il modo indica che tra il Maestro e gli Apostoli non vi è un rapporto collettivo e anonimo, ma un rapporto personale così com’è personale il nome. Siamo richiamati al fatto che la fede ci immette in un rapporto intimo e personale con il Signore ascoltato, celebrato e vissuto. La preghiera, la vita sacramentale, la Parola di Dio non possono mai mancare nella vita del cristiano sia a livello personale che di comunità. L’importanza della vita spirituale e la necessità di curare, insieme alla crescita culturale, una forte maturazione umana e una profonda formazione ascetica e religiosa, fanno parte della chiamata alla fede. Al vertice dell’incontro con Gesù vi è l’Eucaristia Santa: essa racchiude tutto il tesoro della Chiesa. La cura delle giovani generazioni è una sfida per quest’ora: a loro la Chiesa guarda con speciale simpatia e fiducia conoscendo il patrimonio di generosità di cui sono portatori e il perenne fascino del Vangelo. La giovinezza di Cristo incontra il cuore giovane dei giovani di ogni tempo, li chiama per nome, li invita alla fiducia, li provoca ad entrare nella sua amicizia.
La Chiesa, nella luce e con la forza del suo Signore, si avvicina ai giovani e umilmente li accompagna perché non si lascino incantare da illusioni facili e abbaglianti, che promettono molto ma rubano l’anima, la gioia del cuore, l’onestà della vita. Si affianca a loro e li aiuta a liberarsi dal giogo delle opinioni per scoprire la verità delle cose, delle cose che contano, ricordando le parole di Erasmo: “Le opinioni sono fonte di felicità a buon prezzo! Apprendere la vera essenza delle cose, anche se si tratta di cose di minima importanza, costa una grande fatica” (Elogio della follia, XL VII). Cari Amici, come affermava il Santo Padre, dobbiamo “rispondere alla cultura materialistica ed egoistica con una coerente azioni evangelizzatrice, che parta dalle parrocchie: è infatti dalle comunità parrocchiali più che da altre strutture che possono e devono venire iniziative ed atti concreti di testimonianza cristiana” (Ai Vescovi della Slovenia, 24.1.2008). Eleviamo lo sguardo alla Santa Vergine, la grande Madre della Chiesa: a Lei affidiamo il cammino delle nostre Chiese Particolari, della Chiesa di Albania. Dalle sofferenze di tanti nascano nuovi cristiani, discepoli coraggiosi di Gesù, testimoni intrepidi della fede. La Chiesa che è in Italia vi ammira e vi è vicina: la reciproca preghiera ci sostenga.