Fede e scienza, applicazioni nell'istruzione

Lettera del dicastero per i Migranti al SECIS

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di Roberta Sciamplicotti

ROMA, venerdì, 2 luglio 2010 (ZENIT.org).- La questione del rapporto tra fede e scienza illumina anche il settore dell’istruzione, ricorda il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti in una lettera inviata al Service of European Churches for International Students (SECIS) in occasione del suo incontro a Namur (Belgio) dall’8 al 10 giugno sul tema “Il linguaggio della fede e delle scienze: una sfida per gli studenti internazionali in una società retta sul mercato”.

“La mobilità attuale nel campo dell’istruzione nelle università mondiali è sempre crescente, essendosi quasi triplicata dal 1975”, ricorda il testo, firmato dal presidente del dicastero, l’Arcivescovo Antonio Maria Vegliò, e dal segretario, l’Arcivescovo Agostino Marchetto.

In questo contesto, il tema scelto per l’incontro assume particolare rilievo andando anche “al cuore della missione pastorale della Chiesa nel settore universitario”.“La vostra particolare concentrazione sulla specifica assistenza pastorale offerta agli studenti stranieri in Europa può aiutare ad aprire questo aspetto importante tra i rapporti di fede e ragione e una visione particolare nella formazione dei giovani adulti”, scrivono i firmatari al SECIS.

Come ha spiegato Papa Giovanni Paolo II nella sua Enciclica Fides et Ratio, sottolinea la lettera, “la verità si conosce attraverso una combinazione di fede e ragione”.

“L’assenza di una o dell’altra diminuirà l’abilità dell’uomo di conoscere se stesso, il mondo e Dio”.

Anche se la ragione umana cerca la verità, la verità ultima sul significato della vita non può essere trovata solo dalla regione, scriveva Papa Wojtyła.

“La ricerca della conoscenza”, constatano i firmatari della lettera, “la ricerca del significato della vita, è essenzialmente una ricerca di Dio”, che “al suo meglio è ispirata dallo Spirito Santo e risponde alla sua chiamata”.

Collaborazione e interculturalità

Parte della missione di coloro che hanno responsabilità sia accademiche che pastorali nel mondo studentesco, continua il testo, dovrebbe essere il “favorire la collaborazione non solo tra diverse discipline, ma anche tra diverse culture”.

“E’ in questo modo che può crescere un vero ‘umanesimo’”, si sostiene.

Lo stesso Benedetto XVI, nella veglia mariana del 10 ottobre 2009, ha ricordato “quanto siano importanti la formazione di giovani intellettuali e la collaborazione scientifica e culturale tra gli Atenei, per proporre e animare uno sviluppo umano integrale”.

Nell’Enciclica Caritas in Veritate, il Papa chiede invece un “vero sviluppo umano” esortando a un nuovo umanesimo che come “dialogo fecondo tra fede e ragione non può che rendere più efficace l’opera della carità nel sociale”.

Per i firmatari della lettera, il pericolo che l’istruzione possa essere ridotta a mero funzionalismo piuttosto che essere fondamentalmente una ricerca della verità è “particolarmente presente per molti studenti stranieri, soprattutto se il loro ritorno è legato al futuro economico e alla produttività industriale”.

Un vero umanesimo che pervada la ricerca accademica “può e dovrebbe permettere che la presenza di studenti stranieri – insieme agli studenti dei Paesi ospiti – apporti una ricchezza e una diversità che dovrebbero essere al cuore dell’università, promuovendo un’istruzione che tocchi tutta la persona umana”.

Allo stesso modo, è importante la promozione delle vocazioni nelle comunità universitarie.

“L’apertura degli individui, reciprocamente e a Dio, è parte del processo della ricerca vocazionale per trovare l’obiettivo che Dio ha per una persona nella sua vita”.

“L’incoraggiamento verso tutti a scoprire la volontà di Dio e, per coloro per i quali viene si percepisce, una specifica chiamata al sacerdozio non dovrebbe mai essere assente”, conclude la lettera.

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ZENIT Staff

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