CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 25 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Se Gesù è nato davvero più di duemila anni fa, “tutto è cambiato”, ha affermato Benedetto XVI nella Messa della notte di Natale per spiegare come questa festa abbia un’importanza decisiva nella vita di ogni persona.
L’omelia della celebrazione eucaristica, presieduta nella Basilica di San Pietro, è quindi diventata un’esortazione a mettere al primo posto della propria vita Dio.
La celebrazione, che quest’anno è iniziata alle 22.00, è stata turbata all’inizio dal gesto di una donna che si è lanciata verso il Papa facendolo cadere.
Meditando sul mistero verificatosi a Betlemme, il Vescovo di Roma ha dichiarato che la notizia della nascita di Gesù “non può lasciarci indifferenti”.
“Se è vera, tutto è cambiato. Se è vera, essa riguarda anche me”, ha constatato.
Dio al primo posto
“La maggioranza degli uomini non considera prioritarie le cose di Dio, esse non ci incalzano in modo immediato. E così noi, nella stragrande maggioranza, siamo ben disposti a rimandarle”, ha riconosciuto il Papa.
“Prima di tutto si fa ciò che qui ed ora appare urgente. Nell’elenco delle priorità Dio si trova spesso quasi all’ultimo posto. Questo – si pensa – si potrà fare sempre”.
Ad ogni modo, “se qualcosa nella nostra vita merita fretta senza indugio, ciò è, allora, soltanto la causa di Dio”, ha affermato citando la famosa massima della Regola di San Benedetto che dice: “Non anteporre nulla all’opera di Dio”.
“Dio è importante, la realtà più importante in assoluto nella nostra vita”, ha spiegato. “Il tempo impegnato per Dio e, a partire da Lui, per il prossimo non è mai tempo perso. È il tempo in cui viviamo veramente, in cui viviamo lo stesso essere persone umane”.
“Ma la maggior parte di noi uomini moderni vive lontana da Gesù Cristo”, ha ammesso. “Viviamo in filosofie, in affari e occupazioni che ci riempiono totalmente e dai quali il cammino verso la mangiatoia è molto lungo”.
Dio “ci viene incontro”
“Da soli non potremmo giungere fino a Lui. La via supera le nostre forze. Ma Dio è disceso. Egli ci viene incontro. Egli ha percorso la parte più lunga del cammino. Ora ci chiede: Venite e vedete quanto vi amo”, ha proseguito il Pontefice.
“Il segno di Dio è la sua umiltà. Il segno di Dio è che Egli si fa piccolo; diventa bambino; si lascia toccare e chiede il nostro amore”.
“Quanto desidereremmo noi uomini un segno diverso, imponente, inconfutabile del potere di Dio e della sua grandezza. Ma il suo segno ci invita alla fede e all’amore, e pertanto ci dà speranza: così è Dio. Egli possiede il potere ed è la Bontà”.
“Ci invita a diventare simili a Lui. Sì, diventiamo simili a Dio, se ci lasciamo plasmare da questo segno; se impariamo, noi stessi, l’umiltà e così la vera grandezza; se rinunciamo alla violenza ed usiamo solo le armi della verità e dell’amore”.
Il Papa ha quindi concluso la sua meditazione con una preghiera: “Signore Gesù Cristo, tu che sei nato a Betlemme, vieni a noi! Entra in me, nella mia anima. Trasformami. Rinnovami. Fa’ che io e tutti noi da pietra e legno diventiamo persone viventi, nelle quali il tuo amore si rende presente e il mondo viene trasformato”.