ROMA, lunedì, 9 novembre 2009 (ZENIT.org).- La promozione dei diritti dei disabili ha fatto un passo indietro nel decennio scorso mentre le scuole si concentravano sul razzismo e sull’omofobia”, riferisce l’articolo pubblicato il 6 novembre sul quotidiano britannico l'Independent dal titolo "Attenti al linguaggio: le parole possono provocare un danno terribile".

Già: dei disabili si parla sempre di meno e certamente i modo insufficiente. Ora vediamo che se ne parla anche in maniera scorretta e offensiva. Si parla di altre "minoranze", che oggi sono nell'agenda dei grandi quotidiani, da cui forse i disabili sono ai margini, mentre noi crediamo che ogni discriminazione debba essere stigmatizzata e combattuta, e che non si debba andare ‘per mode’. Ad esempio, l’articolo sottolinea che si debba bandire il termine ‘ritardo mentale’ dal linguaggio comune, talvolta usato come dispregiativo, mentre è molto più corretto parlare di ‘malattia dell’apprendimento’.

E' solo un esempio, certo, ma quante espressioni vengono usate fuori posto, per stigmatizzare ed emarginare - spesso inconsapevolmente -  chi "non è appieno dei nostri"? Ma come ci sentiamo quando sentiamo chiamare gli italiani "mafiosi" come luogo comune? E come si sentono le persone malate quando si sentono chiamare "spastici" o "mongoloidi", cosa provano le loro famiglie?

Le offese alle minoranze non solo offendono, ma ERODONO, come la goccia sulla pietra, creano una cultura, o piuttosto distruggono una cultura. Un esempio è la satira sui politici relativa alla loro bassa statura. Esistono politici e uomini famosi non tanto alti, che vengono apostrofati e derisi per questo, pur non costituendo il fatto un loro handicap. Può sembrare motivo di ilarità, ma cosa pensano le persone basse e che per questo soffrono o quelle davvero affette da grave ritardo di crescita, quando sentono che la loro malattia è spunto per prendere in giro qualcuno? E se ne vede dappertutto: giornali, televisioni, libri satirici. Si dirà che chi fa satira così vuole solo far ridere. Sì: ma credo che le persone di bassa statura (quelli che scorrettamente vengono chiamate ‘nane’), che già hanno problemi per la loro situazione, non siano felici di sentire che il nanismo viene usato come se fosse una cosa di cui vergognarsi.

Ricordo sempre che tra noi aleggia l’handifobia: andrebbe sanzionata non solo quando diventa violenza fisica, ma anche quando su TV e giornali ERODE una mentalità buona di integrazione e solidarietà. Perché non punire chi diffonde una mentalità irrispettosa di chi è malato, preludio alla violenza fisica? In fondo ‘o tutti siamo una risorsa, o tutti siamo da buttare’, ho spesso scritto; dobbiamo tornare a capire la ‘normalità della disabilità’: paradosso o provocazione umanissima?

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*Il dott. Carlo Bellieni è dirigente del Dipartimento di Terapia intensiva neonatale del Policlinico universitario "Le Scotte" di Siena e membro della Pontificia Accademia Pro Vita.