ROMA, mercoledì, 27 maggio 2009 (ZENIT.org).- I laici non possono più essere considerati “collaboratori” del clero ma devono essere visti come “corresponsabili” della missione della Chiesa, afferma Benedetto XVI.
E' quanto ha detto Benedetto XVI, martedì pomeriggio, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, in occasione dell'apertura del Convegno ecclesiale della diocesi di Roma che ha per tema “Appartenenza ecclesiale e corresponsabilità pastorale”.
Nel suo indirizzo di saluto, il Cardinale Agostino Vallini, Vicario del Papa per la diocesi di Roma, ha sottolineato la particolarità di questo Convegno ecclesiale il cui scopo non è quello di riflettere su un tema specifico, ma di verificare il cammino pastorale percorso a Roma negli ultimi dieci anni per trarne poi orientamenti efficaci per la vita ecclesiale.
“Vogliamo interrogarci, Padre Santo, sulla condizione previa all’agire pastorale, vale a dire: sul presupposto di fede che la Chiesa è il popolo di Dio, inviato dal Signore Gesù nel mondo ad annunciare a tutte le genti il Vangelo di salvezza”, ha detto il porporato.
“Vogliamo domandarci quanto questa verità di fede sia sentita e praticata dai fedeli, particolarmente dai laici, e quanto la loro appartenenza ecclesiale sia aperta alla corresponsabilità pastorale”, ha poi continuato.
Infatti, ha affermato, il mandato missionario di Gesù “non ci lascia tranquilli davanti alle attese degli uomini e delle donne del nostro tempo”.
Nel suo intervento, il Papa ha richiamato i frutti del Concilio Vaticano II, ma allo stesso tempo ha sottolineato come la sua ricezione non sia avvenuta sempre senza difficoltà e secondo una giusta interpretazione, mentre c'è stata la tendenza a identificare la Chiesa con la gerarchia.
In particolare, ha messo in guardia contro una visione puramente sociologica della nozione di Popolo di Dio, avvertendo che il Concilio non ha voluto una rottura, un'altra Chiesa, “ma un vero e profondo rinnovamento, nella continuità dell'unico soggetto Chiesa, che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre identico, unico soggetto del Popolo di Dio in pellegrinaggio”.
Oggi, ha continuato, troppi battezzati hanno smarrito la via della Chiesa e non si sentono parte della comunità ecclesiale o si rivolgono alle parrocchie per ricevere servizi religiosi solo in alcune circostanze.
“Ciò esige un cambiamento di mentalità riguardante particolarmente i laici – ha sottolineato il Santo Padre –, passando dal considerarli ‘collaboratori’ del clero a riconoscerli realmente ‘corresponsabili’ dell’essere e dell'agire della Chiesa, favorendo il consolidarsi di un laicato maturo ed impegnato”.
Da qui la necessità di una formazione più attenta alla visione della Chiesa, una migliore impostazione pastorale e la promozione della corresponsabilità dei membri del Popolo di Dio, senza adombrare il ruolo svolto dai parroci.
Inoltre, ha proseguito, è importante curare la liturgia dell’Eucaristia, da cui deriva la comunione.
Infatti, ha spiegato il Papa, dobbiamo sempre imparare a custodire l’unità della Chiesa, da rivalità, da contese e gelosie che possono nascere nelle e tra le comunità ecclesiali.
“La crescita spirituale ed apostolica della comunità porta poi a promuoverne l’allargamento attraverso una convinta azione missionaria”, ha continuato.
“Prodigatevi pertanto a ridar vita in ogni parrocchia – ha aggiunto –, come ai tempi della Missione cittadina, ai piccoli gruppi o centri di ascolto di fedeli che annunciano Cristo e la sua Parola, luoghi dove sia possibile sperimentare la fede, esercitare la carità, organizzare la speranza”.
“Questo articolarsi delle grandi parrocchie urbane attraverso il moltiplicarsi di piccole comunità permette un respiro missionario più largo, che tiene conto della densità della popolazione, della sua fisionomia sociale e culturale, spesso notevolmente diversificata”, ha evidenziato.
Il Papa ha quindi sottolineato l’importanza di utilizzare questo metodo pastorale nei luoghi di lavoro.
“Alla domanda come si spieghi il successo del Cristianesimo dei primi secoli, l’ascesa da una presunta setta ebrea alla religione dell’Impero, gli storici rispondono che fu particolarmente l’esperienza della carità dei cristiani che ha convinto il mondo”, ha detto.
Per questo, ha concluso, “vivere la carità è la forma primaria della missionarietà”.