Chiesa, relativismo e morale

Parla padre Sabatino Majorano, Preside dell’Alfonsianum

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ROMA, lunedì, 26 febbraio 2007 (ZENIT.org).- Nella confusione dei tempi moderni, è urgente comprendere cosa sia “la morale”. Un tema che ben conosce padre Sabatino Majorano, C.Ss.R (redentorista), teologo e Preside della Pontificia Accademia Alfonsiana di Roma, che ha concesso questa intervista a ZENIT.

Alla luce di un diffuso relativismo, cosa si intende oggi per morale?

P. Majorano: Per morale si indica la qualità pienamente umana del nostro vivere e del nostro decidere: una qualità che non privilegia l’una o l’altra dimensione della nostra vita, dimenticando le altre, ma che tende a mettere in gioco la totalità della persona in solidarietà con gli altri.

Se riusciamo a ridare alla morale questo significato positivo e globale, penso che ne possiamo nuovamente riscoprire l’importante significato.

Si può parlare di una evoluzione della morale cattolica? Oppure nel tempo i valori non sono cambiati restando gli stessi; è modificata solo la loro forma?

P. Majorano: Lo stesso Giovanni Paolo II, nell’Enciclica Veritatis splendor, sottolinea che c’è una permanenza, una continuità nella comprensione della morale da parte della Chiesa, ma anche un approfondimento e un tentativo di riesprimere i valori nell’ambito delle situazioni, dei contesti e dei nuovi dati che vengono acquisiti.

Questa novità e continuità allo stesso tempo è presente in diverse aree dell’insegnamento morale. Se guardiamo allo sviluppo della morale sociale appare subito con molta chiarezza.

Tenendo conto delle polemiche che, soprattutto in Italia, hanno investito la Chiesa perché considerata ingerente in alcuni temi come la fecondazione assistita e le unioni di fatto, secondo lei esiste un’autorità religiosa distinta da un’autorità morale del Papa?

P. Majorano: Il Papa, quando parla dei problemi morali ai credenti, parla come autorità religiosa e quindi in nome dei principi della fede, ma quando si rivolge agli uomini di buona volontà la sua argomentazione è rivolta sempre alla dignità della persona e alla possibilità di futuro dell’umanità e della persona stessa.

Credo che queste siano le due portanti del ragionamento morale che la Chiesa fa anche verso chi non crede. Naturalmente in questo sforzo si lascia sempre arricchire dalla luce della fede.

Nel suo Messaggio per la 41ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, Benedetto XVI ha invitato ad un uso corretto dei media per lo sviluppo morale e spirituale dei bambini. Come raccogliere e realizzare questo appello?

P. Majorano: Ci sono diversi elementi di cui tener conto.

Il primo dovrebbe essere una maggiore deontologia per chi fa comunicazione sociale, tenendo presente che si tratta di promuovere una crescita umana attraverso un’informazione corretta e vera che si inserisce in uno sforzo di promozione umana.

Il secondo elemento dovrebbe essere una forte formazione delle persone a vivere in un contesto determinato dalla comunicazione sociale.

In questo modo, il feed-back tra chi comunica e chi riceve un’informazione o un messaggio può svilupparsi in maniera positiva.

Infine credo che un ruolo importante appartenga alle agenzie formative, quindi famiglia, scuola, Chiesa che devono sostenere la maturità personale di ognuno per poter vivere costruttivamente in un contesto in cui la comunicazione sociale svolge un ruolo sempre più importante.

A novembre, il Papa ha inviato un messaggio alla Conferenza di Istanbul su “Pace e tolleranza” dal tema “Dialogo e comprensione nel sud-est dell’Europa, Caucaso e Asia Centrale”. Nell’occasione ha condannato il “relativismo morale che indebolisce gli effetti della democrazia”. Come costruire e rafforzare la base morale che il Santo Padre indica come necessaria per il mantenimento di una pace stabile?

P. Majorano: Nella stessa visione di Benedetto XVI appare che la strada giusta sia quella del dialogo, del confronto, del non arrendersi alla constatazione della diversità.

Attraverso una lettura più approfondita, diventa allora possibile far emergere ciò che è al di sotto delle stesse diversità: un fondo umano comune e permanente è capace di porsi come un punto di riferimento prezioso per tutti.

La faticosa storia delle carte dei diritti umani è al riguardo una pagina preziosa da continuare a sviluppare.

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ZENIT Staff

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