Gli europarlamentari, di 18 Paesi – Italia, Olanda, Germania, Malta, Belgio, Portogallo, Regno Unito, Polonia, Slovacchia, Spagna, Austria, Slovenia, Irlanda, Grecia, Repubblica Ceca, Ungheria, Francia e Finlandia – “manifestano la propria preoccuapazione e le loro critiche nei confronti di questo nuovo tentativo di liberalizzazione dell’aborto in Portogallo”, si legge in una dichiarazione datata gennaio 2007.

“I più recenti progressi nel campo della scienza e della medicina rendono ancor più evidente l’esistenza di un essere umano nel ventre materno, dovendo questo meritare la protezione adeguata alle sue circostanze e alla sua fragilità”, sostengono.

In virtù di queste nuove conoscenze, “si discute oggi nella maggior parte degli Stati europei sulla limitazione della pratica dell’aborto e non sulla sua liberalizzazione”, che i firmatari definiscono “anacronistica e oscurantista”.

Pur non ignorando “il dramma delle donne che abortiscono”, i politici ritengono che “l’aborto su richiesta della donna rappresenti un grave passo indietro a livello di civiltà e un’irragionevole violazione del diritto alla vita del bambino di dieci settimane di vita”.

“Ed è anche una violenza contro la donna e la sua dignità banalizzare l’aborto come se fosse un mezzo contraccettivo”, aggiungono.

“Considerando gli effetti devastanti a livello individuale, sociale e demografico che la liberalizzazione dell’aborto in alcuni dei nostri Paesi ha provocato, ci appelliamo al popolo portoghese affinché non scelga questa via di false risposte a problemi complessi”, sostengono.

“I Portoghesi meritano di meglio”, concludono gli europarlamentari.