Attraverso la fede, tutti possiamo generare Cristo, spiega il predicatore del Papa

Commento di padre Cantalamessa, OFM Cap., alla liturgia della solennità della Madre di Dio

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ROMA, venerdì, 29 dicembre 2006 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il commento di padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap. – predicatore della Casa Pontificia – alla liturgia della Solennità di Maria Santissima, Madre di Dio, che si celebrerà il 1° gennaio.

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MARIA MEDITAVA NEL SUO CUORE TUTTE QUESTE PAROLE
Solennità di Maria Santissima, Madre di Dio

Numeri 6, 22-27; Galati 4, 4-7; Luca 2, 16-21

Il Concilio ci ha insegnato a guardare a Maria come alla “figura” della Chiesa, cioè suo esemplare perfetto e sua primizia. Ma può, Maria, essere di modello alla Chiesa anche nel suo titolo di “Madre di Dio” con cui viene onorata in questo giorno? Possiamo noi diventare madri di Cristo?

Non solo ciò è possibile, ma alcuni Padri della Chiesa sono arrivati a dire che, senza questa imitazione, il titolo di Maria sarebbe inutile per me: “Che giova a me – dicevano – che Cristo sia nato una volta da Maria a Betlemme, se non nasce anche per fede nella mia anima?“. Gesù stesso iniziò questa applicazione alla Chiesa del titolo di “ Madre di Cristo “, quando dichiarò: “Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8, 21). La liturgia odierna ci presenta Maria come la prima di coloro che diventano madri di Cristo mediante l’ascolto attento della sua parola. Ha scelto infatti, per questa festa, il brano evangelico dove è scritto che “Maria, da parte sua, serbava tutte queste parole meditandole nel suo cuore”.

Come si diventa, in concreto, madre di Cristo ce lo spiega Gesù stesso: ascoltando la Parola e mettendola in pratica. Vi sono due maternità incomplete o due tipi di interruzione di maternità. Una è quella, antica e nota, dell’aborto. Essa ha luogo quando si concepisce una vita ma non si partorisce, perché, nel frattempo, o per cause naturali o per il peccato degli uomini, il feto è morto. Fino a poco fa, questo era l’unico caso che si conosceva di maternità incompleta. Oggi se ne conosce un altro che consiste, all’opposto, nel partorire un figlio senza averlo concepito. Così avviene nel caso di figli concepiti in provetta e immessi, in un secondo momento, nel seno di una donna, e nel caso desolante e squallido dell’utero dato in prestito per ospitare, magari a pagamento, vite umane concepite altrove. In questo caso, quello che la donna partorisce, non viene da lei, non è concepito “prima nel cuore che nel corpo”.

Purtroppo, anche sul piano spirituale ci sono queste due tristi possibilità. Concepisce Gesù senza partorirlo chi accoglie la Parola, senza metterla in pratica, chi continua a fare un aborto spirituale dietro l’altro, formulando propositi di conversione che vengono poi sistematicamente dimenticati e abbandonati a metà strada; chi si comporta verso la Parola come l’osservatore frettoloso che guarda il suo volto nello specchio e poi se ne va dimenticando subito com’era (cfr. Gc 1, 23 24). Insomma, chi ha la fede, ma non ha le opere.

Partorisce, al contrario, Cristo senza averlo concepito chi fa tante opere, magari anche buone, ma che non vengono dal cuore, da amore per Dio e da retta intenzione, ma piuttosto dall’abitudine, dall’ipocrisia, dalla ricerca della propria gloria e del proprio interesse, o semplicemente dalla soddisfazione che dà il fare, l’agire. Insomma, chi ha le opere, ma non ha la fede.

Questi i casi negativi, di una maternità incompleta. San Francesco d’Assisi ci descrive i1 caso positivo di una vera e completa maternità che ci fa somigliare a Maria: “Siamo madri di Cristo – scrive – quando lo portiamo nel cuore e nel corpo nostro per mezzo del divino amore e della pura e sincera coscienza; lo generiamo attraverso le opere sante, che devono risplendere agli altri in esempio!”. Noi – viene a dire il santo – concepiamo Cristo quando lo amiamo in sincerità di cuore e con rettitudine di coscienza, e lo diamo alla luce quando compiamo opere sante che lo manifestano al mondo.

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ZENIT Staff

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