Cresce l’economia in Africa

Ma le forti disparità interne richiedono maggiori aiuti

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Di Padre John Flynn

WASHINGTON, D.C., mercoledì, 6 dicembre 2006 (ZENIT.org).- La situazione economica dell’Africa è migliorata, ma ancora molto rimane da fare. È questa in sostanza la conclusione che emerge da una serie di rapporti recenti sull’Africa subsahariana.

Infrastrutture, investimenti, innovazione e istituzioni sono le quattro grandi “i” di cui l’Africa ha bisogno, secondo un comunicato stampa della Banca mondiale, del 9 novembre scorso, relativo ad un suo studio dal titolo “Facing the Challenges of African Growth: Opportunities, Constraints, and Strategic Directions”.

“L’Africa sta migliorando e sta per uscire fuori dalla lunga stagnazione degli anni ’80 e ’90”, ha affermato Gobind Nankani, Vicepresidente della Banca mondiale, incaricato della regione africana, in occasione della presentazione dello studio.

Secondo il rapporto, alcune economie africane hanno dimostrato la capacità di compiere brevi scatti di crescita economica. La sfida ora è di sostenere questi sforzi per periodi più lunghi e di assicurare che i bisognosi, le donne, i giovani e altri gruppi di persone emarginate possano beneficiare di questa crescita, ha aggiunto Nankani.

La povertà estrema (ovvero la capacità di spendere meno di un dollaro al giorno per le necessità di base) in Africa è aumentata dal 36% della popolazione nel 1970, a circa il 50% della popolazione (300 milioni di persone) nel 2000, ha spiegato John Page, responsabile economico della Banca mondiale per la regione africana. L’Africa, quindi, avendo il 10% della popolazione mondiale, ospita il 30% di tutti i poveri del mondo.

Per quanto riguarda i tassi di sviluppo economico, l’Africa è retrocessa dietro i Paesi dell’Estremo Oriente. Il reddito pro capite in queste due regioni era sostanzialmente equivalente nel 1960. Ma per la fine del XX secolo, quello dell’Africa subsahariana ammontava a meno di un quarto del reddito pro capite dell’Estremo Oriente.

La necessità di avere un maggior numero di imprese e di imprenditori è stato evidenziato in un altro comunicato stampa emesso dalla Banca mondiale il 13 novembre. Fino al 2050, il numero degli africani tra i 15 e i 24 anni di età supererà la soglia dei 400 milioni. La sfida è quella di assicurare per loro e le loro famiglie un numero sufficiente di posti di lavoro.

Troppo spesso il settore privato è rimasto escluso dai tentativi di trovare soluzioni a problemi di questo tipo, osserva la Banca mondiale. Ma ora in Africa è più facile fare affari: dozzine di Paesi stanno tagliando i tempi, i costi e la burocrazia, necessari per costituire una società, nel rispetto la normativa locale.

Un altro segno positivo sottolineato dalla Banca mondiale è l’aumento degli investimenti esteri. Nel 2005, secondo la Conferenza dell’ONU per il commercio e lo sviluppo (UNCTAD), gli investimenti diretti esteri in Africa sono aumentati del 78%, raggiungendo così quota 31 miliardi di dollari (23,3 miliardi di euro).

Indici di sviluppo

Uno sguardo d’insieme sul continente è offerto dalla Banca mondiale con la pubblicazione, il 30 ottobre scorso, del documento “African Development Indicators 2006”. Lo studio osserva che una serie di Paesi africani, tra cui Senegal, Mozambico, Burkina Faso, Camerun, Uganda, Ghana e Capo Verde, sono riusciti a portare fuori dai livelli di povertà significative quote di popolazione.

La crescita economica media per l’Africa subsahariana è stata del 2,4% negli anni ’90. Essa è poi salita al 4% nel periodo 2000-2004, ed è stimata al 4,3% per il 2005. Inoltre, il tasso d’inflazione nel continente si attesta ai livelli storicamente più bassi e i deficit di bilancio sono in diminuzione.

Anche nell’ambito dell’istruzione si registrano dei miglioramenti. Le iscrizioni alla scuola primaria sono aumentate notevolmente in tutto il continente. Inoltre, i tassi di HIV/AIDS e di mortalità infantile hanno iniziato a scendere.

I dati generali sull’Africa nascondono tuttavia ampie diversità tra Paesi. Il rapporto mostra che 16 nazioni africane hanno fatto registrare tassi di crescita del prodotto interno lordo superiori al 4,5% sin dalla metà degli anni ’90.

In effetti, il gruppo di Paesi africani maggiormente in crescita mostra un tasso del 5,5%. Questi Paesi rappresentano il 35% della popolazione della regione. Tuttavia, i 13 Paesi a crescita più lenta fanno registrare solo una media dell’1,3%. Molti di questi sono tuttora coinvolti in conflitti, o ne sono venuti fuori da poco. Essi ospitano il 20% della popolazione africana.

Uno dei Paesi maggiormente indietro è lo Zimbabwe, che nel 2004 aveva un tasso di crescita negativo del 2,4%. In Africa risiedono poi 6 dei 10 Paesi che presentano le condizioni imprenditoriali più difficili al mondo. Uno dei problemi continua ad essere quello delle infrastrutture, che vede una carenza nella rete stradale, portuale ed energetica.

D’altra parte, i Paesi sviluppati hanno promesso di aumentare gli aiuti all’Africa di 25 miliardi di dollari (18,7 miliardi di euro) l’anno fino al 2010. Se la promessa fosse mantenuta, risulterebbe in un raddoppio dell’assistenza alla regione. In alcuni recenti incontri internazionali, le nazioni più ricche si sono impegnate ad aprire i loro mercati ai prodotti africani ed a condonare il debito di 25 Paesi tra i più poveri del continente.

Queste promesse potrebbero rimanere solo sulla carta, commenta il rapporto. La Banca mondiale cita al riguardo l’opinione dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e del Partenariato strategico UE-Africa, secondo cui gran parte dell’aumento degli aiuti allo sviluppo per l’Africa nel periodo 2006-2008 sarà rappresentato principalmente dalla cancellazione del debito e dagli aiuti alimentari di emergenza.

Inoltre, sono stati deludenti anche gli ultimi sviluppi dei negoziati del “Doha Round” in seno all’Organizzazione mondale del commercio.

Mantenere le promesse

La Santa Sede ha recentemente parlato della necessità di mantenere gli impegni presi nei confronti delle nazioni africane e degli altri Paesi in via di sviluppo. Il 12 ottobre scorso, l’Arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, ha parlato all’Assemblea generale dell’ONU.

L’argomento era la Nuova Partnership per lo Sviluppo Africano (NEPAD). L’Arcivescovo ha spiegato che il NEPAD è da considerare con favore “perché si tratta di un programma elaborato e guidato dai Paesi africani, che riflette una visione comune sul continente e un impegno condiviso per sradicare la povertà”.

Il processo richiede tuttavia una “continua creatività”, ha affermato il rappresentante del Vaticano. In concreto, è necessario stabilire nuove forme di solidarietà a livello bilaterale e multilaterale. Ma il raggiungimento di questo obiettivo richiede una nuova cultura politica, ha aggiunto l’Arcivescovo Migliore.

Egli ha anche criticato la lentezza di altri Paesi nell’onorare i loro impegni di cooperazione e la mancanza di azione sulla questione del debito estero.

Cinque giorni dopo, l’Arcivescovo Migliore ha parlato nuovamente all’Assemblea generale dell’ONU, questa volta sulla questione del commercio internazionale e dello sviluppo. Rimarcando la situazione di stallo nell’ambito dei negoziati in seno all’Organizzazione mondiale del commercio, il prelato ha altresì stigmatizzato la mancanza di progresso nell’ambito delle necessarie riforme nel sistema finanziario e commerciale internazionale.

“Sembra che l’interesse di alcuni settori dei Paesi più sviluppati abbia prevalso sul bene comune, aumentando la già preoccupante distanza che separa questi Paesi dalle regioni del mondo in via di sviluppo”, ha dichiarato l’Arcivescovo.

Gli aiuti che i
Paesi ricchi riservano ai propri settori agricoli ammonta a 10 volte tanto l’intera somma destinata annualmente alla cooperazione con l’Africa, ha rilevato il Rappresentante della Santa Sede. E molto di questo aiuto finisce per danneggiare l’agricoltura dei Paesi più poveri.

Anche l’Arcivescovo Silvano Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio di Ginevra delle Nazioni Unite, ha parlato di recente della questione del commercio. Ad un incontro dell’UNCTAD che si è svolto nella città elvetica lo scorso 5 ottobre, l’Arcivescovo Tomasi ha affermato che l’economia mondiale è in forte crescita, ma i benefici che ne derivano non sono distribuiti equamente. Molti Paesi poveri, principalmente in Africa, “si trovano ancora ai margini del processo di sviluppo”, ha osservato.

L’Arcivescovo ha anche raccomandato che ogni valutazione inerente lo sviluppo deve avere al centro la persona umana. “Ogni strategia di sviluppo”, ha affermato, “deve riconoscere che il suo vero obiettivo è funzionale al valore e alla dignità di ogni donna e uomo”.

Sicuramente il progresso economico è importante per questo obiettivo. Tuttavia, il valore e la dignità della persona vanno ben al di là delle sole questioni economiche. Migliorare sia l’economia che la dignità umana in Africa è un compito arduo, ma realizzabile.

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ZENIT Staff

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