E’ stata lanciata la Coalizione internazionale sulla detenzione di immigrati e rifugiati

Vi aderiscono i principali leader musulmani e cristiani

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ROMA, venerdì, 16 giugno 2006 (ZENIT.org).- Il Servizio Gesuita per i Rifugiati (JRS) ha organizzato per questo giovedì a Roma, presso la Sala Marconi della Radio Vaticana, una tavola rotonda interreligiosa sulla detenzione per lanciare la neo-costituita Coalizione Internazionale per la Detenzione dei Rifugiati, Richiedenti Asilo e Immigrati.

Primo evento in Italia all’interno di una serie di appuntamenti in programma in altri 14 Paesi è servito a porre l’accento su questa Coalizione il cui obbiettivo è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo alle problematiche sulle politiche e le pratiche di detenzione dei governi e promuovere una maggiore protezione e rispetto dei diritti umani dei detenuti.

Alla conferenza hanno preso parte il Cardinal Renato Martino – Presidente del Consiglio Pontificio per la Giustizia e la Pace –, Mario Scialoja – Presidente in Italia della Lega dei Musulmani Mondiale – e Alan Naccache – Presidente della Sezione Giovanile dell’Organizzazione Ebraica, Bnai Brith –. A fare da moderatore è stato invece padre Lluís Magriñà, S.I.,Direttore Internazionale del JRS.

La Coalizione coinvolge oltre 100 membri (organizzazioni non governative – ONG, organizzazioni religiose, esperti ed individui) in 36 paesi di tutto il mondo (Europa, Medioriente, Africa, Asia, Oceania, Caraibi, America Settentrionale, America Centrale e Meridionale). Tutti paesi in cui si applica la detenzione per motivi legati allo status di immigrati.

Il suo scopo è quello di raccogliere informazioni sulle pratiche di detenzione degli immigrati e promuovere iniziative di advocacy a favore di un uso limitato della detenzione, dell’adozione di pratiche alternative e per un utilizzo delle forme minime di detenzione per gli immigrati.

“Dopo aver affrontato la persecuzione e la povertà estrema nei loro paesi, i rifugiati si trovano ad affrontare nuove ulteriori sofferenze, nel momento in cui vengono privati della loro libertà di circolazione e rinchiusi in centri di detenzione – semplicemente per essere fuggiti per salvare le proprie vite”, ha dichiarato padre Magriñà.

“Da più di 20 anni rivisitiamo i centri di detenzione per immigrati in tutto il mondo e il nostro personale è testimone diretto dei danni fisici e psicologici causati ad individui già molto vulnerabili, in modo particolare i bambini”, ha continuato.

Nel prendere la parola il Cardinale Martino ha osservato che “la privazione arbitraria della libertà avvelena la società umana, arreca danno a coloro che la impongono, così come a coloro che la subiscono. E’ moralmente sbagliato far ricorso a mezzi inaccettabili, anche al fin di preservare quello che viene percepito come il bene comune”.

“Se voi od io ci trovassimo a dover fuggire dalla nostra casa o dal nostro Paese, come vorremmo essere accolti?”, si è domandato il porporato, secondo quanto riferito dalla “Radio Vaticana.

“Credo che nessuno risponderebbe in un centro di detenzione!”, ha quindi risposto, sottolineando poi che allo stesso modo “i rifugiati e gli immigrati dovrebbero essere accolti come persone ed aiutati, insieme alle loro famiglie, ad integrarsi nella società”.

“Dobbiamo accoglierli a braccia aperte e con spirito di solidarietà”, ha aggiunto.

“Anche all’interno di centri chiusi, in molti dei paesi di arrivo, come l’Italia, le procedure legali che regolano la detenzione sono totalmente inadeguate e le condizioni di detenzione sono inaccettabili”, ha dichiarato Mario Scialoja.

“Un tale trattamento spesso risulta essere illegale, ma è comunque sempre immorale e degradante per la persona”, ha aggiunto.

A questo proposito, il JRS ha osservato che il numero delle richieste di asilo nei Paesi industrializzati è calato del 40% a causa dei sempre maggiori ostacoli al movimento delle persone, anche per coloro che fuggono da gravi crisi e conflitti sanguinosi.

“Nell’esercizio del proprio ruolo di controllo e regolazione dei flussi migratori è comprensibile che gli Stati possano creare dei centri di detenzione temporanea”, ha ammesso Alan Naccache.

“Tuttavia gli Stati non dovrebbero mai dimenticare i loro obblighi internazionali verso i rifugiati e gli altri immigrati – ha continuato –. In particolare la detenzione arbitraria dei rifugiati penalizza la persona, per il semplice fatto di aver messo in salvo la propria vita, e nega la sua umanità”.

Il JRS è stato fondato nel 1980 da padre Pedro Arrupe, ex Superiore Generale della Compagnia di Gesù, il quale volle in questo modo rispondere alla chiamata di accompagnare, servire e difendere i diritti dei rifugiati.

Il JRS è attivo in oltre 50 paesi dei cinque continenti. Gli oltre 1.000 membri del suo personale, laici, gesuiti e religiosi appartenenti ad altri ordini, si dedicano all’istruzione, alla salute, ai servizi sociali ed altre attività atte a rispondere alle necessità di oltre 500.000 rifugiati e sfollati interni.

Si occupa di rifugiati indipendentemente da razza, etnia o religione d’appartenenza e fornisce inoltre assistenza legale ed altri servizi ai rifugiati che si trovano in stato di detenzione, poiché immigrati, in Africa, Asia, Europa e nelle Americhe.

Fra le più importanti ONG a livello internazionale appartenenti alla Coalizione figurano oltre al JRS Amnesty International, Human Rights First, l’Osservatorio per i Diritti Umani, il Servizio Luterano per immigrati e rifugiati, la Commissione delle Donne per le Donne e i Bambini Rifugiati (Women’s Commission for Refugee Women and Children), il Consiglio Mondiale per le Chiese, e un certo numero di ONG nazionali.

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ZENIT Staff

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