MADRID, domenica, 19 febbraio 2006 (ZENIT.org).- Il sacerdote, teologo, filosofo e scrittore José Pedro Manglano ha dedicato un nuovo libro alla colpa, la confessione e il perdono.
In un’intervista rilasciata a ZENIT, Pedro Manglano afferma che “solo il cattolicesimo contempla la realtà della colpa” e che “solo Gesù Cristo insegna che Dio vuole sanare il cuore dell’uomo”.
Manglano ha scritto un libro sulla confessione, indirizzato “ad ogni persona che abbia provato il senso di colpa”.
Il volume, dal titolo “El libro de la confesión. El enigma de la culpa”, è stato pubblicato in Spagna da Editorial Planeta.
È vero che la gente si confessa poco?
Manglano: Così pare. Ci troviamo in un momento culturale nel quale ci risulta difficile comprendere la grandezza della semplice confessione. Forse perché la confessione è l’incontro di due intimità, l’abbraccio tra un figlio e un Padre; un cuore pentito che si apre alla sconfinato amore gratuito di Dio… e ne viene invaso.
Oggi si fa fatica a credere che qualcuno ci voglia bene, si fa fatica a lasciarsi voler bene; siamo tornati al Dio dei greci che era amato ma che era incapace di amare. Non ci sembra dignitoso affermare che Dio ci ama… Da una parte perché non ci consideriamo meritevoli di essere amati – già non mi sopporto da solo! -; dall’altra perché pensiamo che Egli avrà altre cose ben più importanti da fare.
Diceva il buon curato d’Ars che se ai condannati all’inferno gli si dicesse: “Mettiamo un sacerdote alle porte degli inferi; tutti coloro che volessero confessarsi non ci dovranno più andare”. Pensate – domandava ai suoi fedeli in un’omelia -, pensate che rimarrebbe qualcuno? E incoraggiava ad approfittare del presente, in cui abbiamo tempo e mezzi per farlo.
La confessione è una pratica specifica del cattolicesimo?
Manglano: Sì. Chesterton dice che è questo che l’ha portato al cattolicesimo: la bellezza dell’umiltà cristiana, che ha una delle sue grandiose espressioni nell’umile confessione dei propri atti, messi di fronte a Dio con semplicità, che restituisce di nuovo la capacità di vedere, con l’anima di un bambino, i meravigliosi castelli di cristallo.
Un capitolo del libro è dedicato a vedere come le altre religioni risolvano l’esigenza di scaricarsi della colpa. È un tema interessante. Per nessuna delle grandi religioni esiste il peccato come lo intende il Cristianesimo: come un atto libero che nasce dal cuore dell’uomo che si allontana da Dio.
L’Islam non considera l’uomo un peccatore: se commette delle mancanze – come per Adamo ed Eva – è a causa della tentazione e non per responsabilità personale. L’Induismo ritiene che ogni atto cattivo è sottomesso alla determinazione della legge di Samsara: tutto ciò che avviene, avviene perché doveva avvenire. Il Buddismo non considera affatto il peccato: vi sono azioni etiche e azioni non etiche e nulla di più.
Sulla base di questi presupposti, se non esiste il peccato, non c’è bisogno del perdono di Dio. Solo il cattolicesimo contempla la realtà della colpa, solo Gesù Cristo insegna che Dio vuole sanare il cuore dell’uomo e che mediante la pratica di un semplice rito – che la Chiesa va adattando ai tempi – ogni cuore pentito può raggiungere l’abbraccio di Dio che sana nel più intimo dell’intimità.
È il senso di colpa che deve spingere la gente al confessionale?
Manglano: Ciò che propriamente deve avvicinare al confessionale è la fede. Il senso di colpa può mettere in moto una ricerca che può approdare al confessionale. La fede, perché la confessione è un mistero: il mistero della tenerezza incomprensibile di Dio nei miei confronti, il quale è disposto ad annullare qualunque realtà che mi separi da Lui, a condizione che gli confessi umilmente le cose così come sono e che desideri che così non siano più.
Insisto, perché talvolta noi sminuiamo la sacralità della confessione. Solo la fede è in grado di dirmi che nel momento dell’assoluzione il potere assoluto procedente da Dio mi libera del male e mi fa tornare allo stato di una vita rinnovata in Dio che mi è stata concessa nel Battesimo.
Come è arrivato a scegliere una principessa (Pipa) per addentrarsi nel mondo della confessione?
Manglano: Pipa è un personaggio di fantasia che aveva funzionato bene nel mio precedente libro, “El libro de la misa”. Ad essa sono tornato perché in questo libro mi interessava entrare nuovamente nel mistero che circonda e che costituisce la confessione. Ai misteri non accede il sapiente razionalista, così limitato dalle sue conoscenze “chiare e distinte”. Nel mistero non entrano “gli adulti”, nel senso peggiorativo del termine come inteso nell’opera “Il piccolo principe”.
La principessa Pipa rappresenta l’intruso che tutti portiamo dentro, che, libero dalle leggi che regolano lo spazio e il tempo, si confronta con le realtà che superano l’uomo, capace di vivere comodo senza che la ragione si renda presente.
Dio è misericordia: ci perdona sempre?
Manglano: Sempre, sempre. Anche se ci rivolgiamo a Lui perché non ci resta altro da fare; anche se lo abbiamo respinto mille volte e facciamo ricorso a Lui perché tutto il resto è fallito… Lui ci perdona sempre. Non esiste essere umano che possa capirlo, ma questo è il centro del mistero cristiano: l’amore di Dio; non solo un Dio che ama, ma un Dio che è amore. A Lui non importa essere seconda scelta, e neanche terza.
Le filosofie moderne ci hanno abituato a considerarci massa, individui anonimi che aggregati formano un gruppo che li identifica: ci insegnano che non siamo più che un’associazione di individui.
Per comprendere la confessione occorre spazzare via questa forma di intendersi. Non è vero che sono un granello di sabbia caduto senza motivo nel deserto dell’esistenza; sono una persona. È così: una persona, un tu, qualcuno voluto da qualcun altro. Sono il tu di Dio.
Una libertà estranea alla mia ha voluto aver bisogno di me. Per questo Lui mi cerca sempre, perché mi appartiene; e quando commetto errori, quando il male mi sovrasta, lui sempre desidera che io mi rialzi e ritorni.
Questa non è un’ipotesi elaborata per consolarci. San Paolo ci ha detto: Dio è più grande della nostra colpa, il buono supera il male, o – con le parole di Giovanni Paolo II – l’agnello è più forte del drago. Solo quando lo vedremo faccia a faccia saremo capaci di intravedere uno spiraglio di ciò che significa che Dio “è” misericordia, che “è” amore.