TUNISI, venerdì, 18 novembre 2005 (ZENIT.org).- La diffusione mondiale delle informazioni resa possibile dallo sviluppo delle nuove tecnologie deve essere accompagnata da una diffusione altrettanto vasta di “umanità e solidarietà”, altrimenti il lavoro dei comunicatori si risolverà in un “fallimento”, ha affermato l’Arcivescovo John P. Foley.

Intervenendo questo venerdì al Summit mondiale delle Nazioni Unite sulla Società dell’Informazione a Tunisi, il Presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali ha constatato che “le tecnologie moderne dell’informazione e delle comunicazioni, delle quali Internet è sicuramente l’espressione più evidente, stanno avendo e continueranno ad avere un profondo impatto sulla vita economica, sociale e culturale della famiglia umana”.

Il Summit di Tunisi rappresenta per monsignor Foley “un’opportunità unica per capire come indirizzare la ‘società dell’informazione’ verso uno sviluppo costruttivo e come evitare di compiere passi sbagliati”.

“Ciò che stiamo considerando non sono solo ‘opportunità digitali’, ma anche ‘dilemmi digitali’”, ha osservato.

Il processo in atto, ha spiegato, realizzerà i suoi obiettivi se permetterà di “raggiungere ed assistere quanti vivono nelle regioni più povere e isolate del mondo e di offrire una voce a quanti nel passato sono rimasti spesso inascoltati e dimenticati”.

Se invece “crea solo nuove opportunità per quanti godono già un buono standard di vita ed eccellenti possibilità di comunicazione, allora il nostro lavoro sarà stato un fallimento”, ha commentato.

Secondo monsignor Foley, “l’attuale disparità nell’accesso alle comunicazioni digitali tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo, richiede uno sforzo congiunto da parte dell’intera comunità internazionale”.

I Paesi più sviluppati dovrebbero quindi “assumersi la responsabilità di aiutare le Nazioni meno sviluppate ad accelerare il processo di computerizzazione e di accesso ai nuovi media di comunicazione attraverso il sostegno finanziario, il trasferimento di tecnologie informatiche, misure commerciali e cooperazione culturale”.

L’Arcivescovo statunitense ha ricordato l’impegno della Chiesa a questo proposito: anche prima che Internet diventasse popolare, ha sottolineato, “la Santa Sede ha collaborato allo sviluppo della Red Informatica de la Iglesia en America Latina (RIIAL), che ha reso accessibili ai più remoti villaggi della foresta amazzonica e delle Ande non solo le informazioni attuali, ma anche i tesori culturali che prima si potevano trovare solo in poche biblioteche”.

In un mondo in cui “gran parte dell’attività commerciale e perfino della comunicazione interpersonale ha luogo in un ambiente che molti chiamano spazio virtuale o cibernetico”, è inoltre fondamentale che “non ci sia in esso alcuno spazio […] per le tragiche divisioni e discriminazioni, per l’egoismo, i pregiudizi e le ingiustizie che hanno macchiato gran parte della storia umana”, ha proseguito il Presidente del Dicastero vaticano.

“Cose di questo tipo dovrebbero essere ricordate solo per prevenire che si verifichino anche in futuro”, ha aggiunto.

A questo proposito, secondo monsignor Foley, è interessante notare come Internet, “in origine ideata come strumento di comunicazioni in guerra, sia ora diventato uno strumento di vasta portata di sviluppo e di pace”.

L’Arcivescovo ha quindi ricordato quanto scritto da Papa Giovanni Paolo II nell’ultimo grande documento che ha pubblicato, “Il Rapido Sviluppo”: “Le moderne tecnologie aumentano in maniera impressionante la velocità, la quantità e la portata della comunicazione, ma non favoriscono altrettanto quel fragile scambio tra mente e mente, tra cuore e cuore, che deve caratterizzare ogni comunicazione al servizio della solidarietà e dell'amore” (n. 13).

“E’ nostra responsabilità colmare questo divario di umanità e solidarietà a beneficio di milioni di persone e delle generazioni future”, ha concluso Foley.