Circa il nuovo Papa, il cardinal Maida invita a “lasciare tutto nelle mani dello Spirito Santo”

Intervista con l’Arcivescovo di Detroit

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ROMA, venerdì, 8 aprile 2005 (ZENIT.org).- Il cardinale Adam Joseph Maida, Arcivescovo di Detroit (USA) dal 1990, giunto a Roma per prendere parte al Conclave, ha rilasciato una intervista a ZENIT, nella quale parla dell’eredità spirituale lasciata da Giovanni Paolo II e afferma circa il suo successore che “dobbiamo lasciare tutto nelle mani dello Spirito Santo”.

Qual è stata la sua preghiera dopo aver appreso la notizia della morte di Giovanni Paolo II?

Cardinal Maida: Ho pregato il Signore. Egli conosce la mia anima, il mio cuore e le mie intenzioni meglio di quanto io riesca a descriverli, per cui ho solo pregato per quel momento e per il riposo dell’anima del Santo Padre – possa riposare in pace. Ho pregato per la Chiesa, perché Dio ci sia vicino in questi giorni. Non solo a noi cardinali, ma a tutti.

Qual è stata la sua impressione di Roma in quel momento?

Cardinal Maida: Come per qualsiasi grande evento umano c’è qualcosa di elettrizzante. Qualcosa di molto, molto speciale, e non importa quanto siano efficaci i media: non c’è alcun modo per replicare l’esperienza di essere lì, di vedere ciò che accade ed esserne parte.

Stavo riflettendo sul continuo flusso di persone e pensavo alle straordinarie differenze tra i pellegrini – si tratta di quasi tutta l’umanità! Colori diversi, culture diverse, giovani ed anziani. Ho visto gente in sedia a rotelle ed era incredibile assistere a quanto si stava svolgendo davanti ai nostri occhi.

Un’altra cosa che mi ha molto colpito è stato il fatto che, anche se sono andato a Piazza San Pietro centinaia di volte da solo durante la mia vita, non vi ho mai visto regnare tanto silenzio, nonostante tutta la gente che era presente. Grande silenzio, pur con tutte le preghiere che vi si recitavano – direi un’esperienza celestiale –. E’ stato commovente.

Ho visto folle enormi in passato… ma niente del genere.

So che lei è molto impegnato nel “Washington’s John Paul II Center”, che comprende un museo sulla vita del Papa. Secondo lei qual è l’eredità più grande lasciataci da questo Papa?

Cardinal Maida: E’ molto difficile classificare il nostro Santo Padre e la sua eredità. Quanto al “John Paul II Center” a Washington, D.C., penso che sia un luogo in cui quell’eredità verrà rivelata appieno. E’ un luogo in cui la gente continuerà a venire e a ricordare e raccontare gli eventi, e l’eredità si svilupperà nel corso della storia.

Quando rifletto su ciò che il nostro Santo Padre ha compiuto durante la sua vita, quando vedo ciò che afferma la stampa mondiale e cosa ha significato il Papa per tante persone, rimango sbalordito per il fatto che lo abbiano guardato così da vicino, ascoltato con tanta attenzione e siano ora capaci di esprimere l’impatto che il Santo Padre ha avuto nella loro vita, nella vita della loro cultura e in quella dei loro Paesi. E’ davvero illuminante.

Un aspetto che mi colpisce davvero è la santità dell’uomo, il fatto che quella santità sia anche vicinanza a Dio e dia a quasi tutto il resto credibilità ed integrità. Penso che quando si vede una persona così genuina, così santa e buona ci si scioglie e, com’è accaduto alla gente che vide Mosè quando scese dal monte Sinai, tutto ciò che si doveva vedere era la luce che irradiava dal suo volto.

Penso davvero che il Santo Padre fosse molto vicino a Dio. Era un vero mistico e spero che la sua eredità sarà la profondità della sua vita teologica, articolata in molti modi e riflessa in tante questioni attuali, della nostra cultura e delle altre che ci sono al mondo.

In qualche modo, Papa Giovanni Paolo II è stato capace di catturare quell’aspetto universale dell’amore misericordioso di Dio per tutti come parte della sua missione e della sua opera nella Chiesa.

Quando mi sono inginocchiato in preghiera, ho ringraziato Dio per questa esperienza e per questo periodo di tempo – non c’era niente di prestabilito, era solo ciò che mi sgorgava dal cuore in quel momento –, ed è stato come se Dio fosse in qualche modo presente.

Ho cenato con il nostro Santo Padre a gennaio e so quanto si sforzasse di mangiare e parlare, e perfino di cantare, ed ora sembrava così in pace, e non si trattava di una pace artificiale – a volte si possono fare cose strane con il trucco e la tecnologia, ma mentre lo guardavo ho sentito che era un uomo che ha vissuto la propria vita, ha servito Dio ed il popolo di Dio e vedere che la gente ha ora questa reazione conferma la sua missione ed il modo in cui l’ha svolta per tutta una vita, anche alla fine.

Stavo anche riflettendo su come ha attratto le persone. Giovani, anziani, sani e malati… spiegando come soffrire ed accettare queste prove, come affrontare quell’esperienza umana di cui molti di noi hanno paura e che egli ha saputo abbracciare e vivere con dignità. E’ stato molto commovente.

Considerando i sentimenti così forti che lei provava per Giovanni Paolo II, quale delle sue caratteristiche le piacerebbe vedere nel nuovo Papa? Cos’è importante per lei?

Cardinal Maida: Posso dirle che non ci ho pensato. Tutti i miei pensieri e le mie energie sono ora concentrati sul Santo Padre.

Sono andato a vederlo subito dopo aver offerto una Messa nelle Cappelle vaticane.

Come Cardinale americano, cosa pensa della decisione di Bush di guidare la delegazione statunitense ai funerali?

Cardinal Maida: Non ne sono affatto sorpreso. Credo che abbiano avuto delle divergenze, soprattutto sulla questione della guerra, visto che il Santo Padre era molto impegnato a promuovere un altro tipo di politica nei confronti dell’Iraq. Ma nonostante questo, c’era un certo affetto reciproco tra i due, perché ognuno vedeva nell’altro certi valori che condivideva.

Credo che il presidente Bush abbia reagito in modo naturale. Ho sentito anch’io quell’affinità con il Presidente in alcune occasioni.

Cosa prova in questo periodo di lutto e in vista del Conclave?

Cardinal Maida: Sto ancora cercando di orientarmi, sono appena arrivato. Non ho acceso nemmeno la televisione, perché volevo stare tranquillo. Ho letto, ho pregato, ho recitato l’ufficio ed il rosario, vivendo un momento dopo l’altro.

A casa, nel mio ufficio, tutto scorre velocemente, con un appuntamento ogni quindici minuti. Qui sono venuto con l’idea di essere presente solo per un motivo. Ho detto al mio staff di non importunarmi con cose di Detroit, perché sono qui in missione. La missione è in qualche modo rispondere allo spirito di Dio mentre celebriamo la vita di Giovanni Paolo II e siamo in seguito incaricati della responsabilità di scegliere il suo successore.

E cosa ci dice del Conclave?

Cardinal Maida: Sono stato consulente del Codice di Diritto Canonico, e prima di allora ho fatto avanti e indietro fin dal 1972, venendo a Roma circa cinque volte all’anno, il che mi ha aiutato a lavorare con gente molto diversa ed ora con Cardinali che all’epoca erano sacerdoti qui. Questo è il momento per noi di lavorare insieme e siamo chiamati ad un compito più elevato.

Direi che li conosco molto bene almeno per metà, ma ci sono altri che non conosco ed è per questo che è così importante per noi essere qui. Nessuno di noi conosce l’altro troppo bene e quindi questa esperienza ci farà crescere; ci sarà una curva d’apprendimento nei confronti di quelli che non conosciamo, mentre parleremo con quelli che conosciamo già.

Tuttavia non ho ancora parlato con nessun Cardinale circa un degno successore. Non ho avuto questo tipo di conversazioni. Ci sarà tempo. Dobbiamo lasciare tutto nelle mani dello Spirito Santo.

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ZENIT Staff

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