Buone gravidanze possibili anche senza il sacrificio di embrioni, sostiene il prof. Manna

Parla un medico che ha compiuto numerose ricerche sulla riproduzione assistita

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ROMA, domenica, 26 settembre 2004 (ZENIT.org).- Il dibattito sulla legge 40/2004 che regola in Italia la fecondazione assistita sta diventando sempre più incandescente, al punto che da una parte si stanno raccogliendo le firme per un referendum abrogativo e dall’altra si cerca di apportare modifiche intese ad aggirare il referendum.

Per approfondire la conoscenza, la natura e la praticabilità della legge in vigore, ZENIT ha intervistato il professor Claudio Manna, un medico che pratica la fecondazione assistita secondo i criteri della legge.

Attualmente dirige il Centro Genesis per lo studio e la terapia dell’infertilità di Roma ed è il consulente scientifico responsabile del Centro Biofertility , sempre di Roma.

Uno dei punti più contrastati della legge 40/2004 riguarda il divieto della selezione degli embrioni. I critici dicono che questo costringe le future mamme a rischiare nascite di bimbi imperfetti. Cosa può dirci in proposito?

Prof. C. Manna: Su questo punto desidero essere estremamente chiaro perché è stato quello più frainteso. La Diagnosi preimpianto è un metodo che può essere usato nel contesto della fecondazione assistita quando i componenti della coppia siano portatori di particolari malattie genetiche come l’anemia mediterranea o la fibrosi cistica.

La legge in Italia riguarda solo le coppie infertili e non concede l’accesso a quelle fertili portatici di malattie genetiche. Con questa tecnica si può scoprire se gli embrioni risultanti dalla fecondazione potrebbero essere affetti dalla malattia.

Ci sono due metodi per arrivare allo stesso risultato. Uno consiste nell’analizzare un particolare elemento dell’ovocita che si chiama ‘globulo polare’. L’altro metodo analizza una o due cellule dell’embrione già formato.

Bisogna chiarire anzitutto che normalmente quando si procede con la fecondazione assistita la Diagnosi preimpianto non si applica, né il biologo può sapere se gli embrioni sono malati o sani! Pertanto come ci si potrebbe trovare di fronte al dilemma se trasferire o no gli embrioni malati? L’equivoco è nato (come i miei pazienti mi spiegano) dal fatto di immaginare che tutte le volte che si fa la fecondazione assistita si vede se l’embrione è sano o malato.

Inoltre anche in quei casi particolari in cui la Diagnosi preimpianto si applica è possibile eseguirla sul globulo polare degli ovociti appena raccolti ed eventualmente per maggior sicurezza su quello dell’ovocita allo stadio di pronuclei.

In tal caso verranno utilizzati per la fecondazione solo gli ovociti sani. Se anche lo spermatozoo fosse portatore l’embrione che ne deriva sarebbe solo portatore sano. Che bisogno c’è allora di fare la diagnosi preimpianto sull’embrione? Questo è talmente vero che forse il maggior esperto di questa tecnica Yuri Verlinsky ha eseguito con successo proprio sui globuli polari degli ovociti la metà di tutti i casi al mondo di Diagnosi preimpianto che a questo punto si dovrebbe chiamare diagnosi pre-fecondazione.

In Italia fino all’entrata in vigore della legge si erano avuti circa 200 casi di diagnosi preimpianto per le malattie genetiche trasmissibili a fronte di circa 10.000 cicli di fecondazione assistita ogni anno.

Un altro dei punti controversi riguarda la fecondazione eterologa. I contestatori della legge sostengono che l’omologa è troppo limitativa per l’accessibilità a pratiche di fecondazione assistita. Qual è la sua valutazione?

Prof. C. Manna: Vediamo la realtà ed i suoi numeri. Anzitutto la tecnica ICSI (l’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo, ndr) ha consentito di eliminare quasi completamente la necessità di ricorrere all’uso del cosiddetto “donatore di seme” per i casi più gravi di infertilità maschile.

Con la ICSI infatti bastano pochissimi spermatozoi per ottenere la fecondazione (addirittura possono essere prelevati dal testicolo negli uomini azoospermici).

La necessità di ovociti provenienti da altre donne al di fuori della coppia può riguardare i rari casi di menopausa precoce (meno dell’1%) e le pazienti che in genere dopo i 43 anni non producono un numero ed una qualità di ovociti idonea per eseguire, con risultati accettabili, la fecondazione in vitro.

Avere gli ovociti da un’altra donna giovane che si sottopone alla tecnica costituisce una ricerca spesso illusoria perché logicamente questa donna tiene per sè gli ovociti migliori.

Inoltre tende a congelare gli altri per ritentare la fecondazione assistita in caso di insuccesso. Questa difficoltà è talmente reale che negli Stati Uniti ed in Spagna le cosiddette ‘donatrici’ sono giovani donne pagate per essere stimolate allo scopo di prelevare gli ovociti.

A guardare la tv si ha l’impressione che il dibattito sulla legge che regola la fecondazione assistita tenda a confondere i giudizi. E’ vero che la comunità scientifica è tutta contraria alla legge in vigore? Qual è il parere dei suoi colleghi in merito?

Prof. C. Manna: Sì, è assolutamente vero che i dibattiti televisivi sembrano aver confuso le idee alle persone. La mamma di una mia paziente mi chiedeva recentemente: “E’ vero, dottore, che con questa legge non si può più fare la fecondazione assistita?”. Questa domanda la dice lunga sul messaggio mediatico pervenuto alla gente.

Non è vero che tutta la comunità scientifica è contraria alla legge. Non pochi colleghi ritengono che la grande maggioranza delle coppie potrà continuare ad usare con successo le tecniche di fecondazione assistita per avere un figlio.

Sono convinto che la maggioranza degli operatori considererebbe la legge soddisfacente dopo piccole ma significative modifiche. In particolare dovrebbe essere chiarito che gli ovociti allo stadio di pronuclei possono essere crioconservati e che la diagnosi prefecondazione con i globuli polari possa essere utilizzata anche per le coppie normalmente fertili ma portatrici di malattie genetiche trasmissibili.

Dal punto di vista scientifico si possono raggiungere risultati soddisfacenti in termini di fecondazione assistita con l’attuale legge?

Prof. C. Manna: Ancora è presto per avere risultati definitivi sull’applicazione dell’attuale legge. I dati preliminari del mio centro e quelli di numerosi altri sono incoraggianti nel senso che non abbiamo rilevato significative riduzioni dei tassi di gravidanze.

D’altra parte questo non deve sorprendere eccessivamente perché in Paesi come la Germania e la Svizzera dove non è possibile congelare gli embrioni nè selezionarli i risultati sono sempre stati simili a quelli dei centri di altre nazioni come la Francia, la Gran Bretagna e la stessa Italia prima della legge 40.

C’è da dire però che in Germania e Svizzera è possibile congelare gli ovociti allo stadio di pronuclei; questa metodica è sicura ed eviterebbe a molte donne di ripetere la fecondazione assistita in caso di fallimento del primo tentativo.

Sul piano scientifico la legge 40 pone attualmente l’Italia in una condizione storica particolare perché costringe a studiare molto approfonditamente i follicoli ovarici e gli ovociti. Da essi infatti dipende per la gran parte la qualità dell’embrione che si forma dopo la fecondazione.

Dimostrare anche in Italia che senza sacrificare gli embrioni è possibile mantenere buoni risultati con la fecondazione assistita ed anzi forse accrescerli grazie ad un aumento della ricerca sugli ovociti è importante. Si potrebbe impostare un dibattito scientifico internazionale sulla fecondazione assistita per un consenso sul fatto che sia davvero necessario sacrificare gli embrioni umani per ottenere buone percentuali di gravidanze.

La maggior parte dei Paesi continua a fare selezione sugli embrioni quando vice
versa si assiste ad un crescente numero di lavori scientifici sulla validità di selezionare gli ovociti. Una specie di contraddizione in termini in altre parole.

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ZENIT Staff

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