BOSE, venerdì, 24 settembre 2004 (ZENIT.org).- Giovedì è stato diffuso il comunicato finale dell’incontro che ha riunito nell’annuale Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa, organizzato dalla Comunità di Bose, rappresentanti della Chiesa cattolica, di tutte le Chiese ortodosse e della Riforma, studiosi da ogni parte d’Europa, Canada, Stati Uniti e Israele.

I lavori del Convegno si sono articolati in due sessioni: la prima, svoltasi dal 12 al 14 settembre, è stata dedicata a “Sant’Atanasio e il Monte Athos”, la seconda, che ha avuto luogo dal 16 al 18 settembre, alla “Preghiera di Gesù nella spiritualità russa del XIX secolo”.

Il Convegno della Comunità di Bose si inserisce nel contesto dell’itinerario di approfondimento del dialogo tra la tradizione cristiana ortodossa ed il Cristianesimo latino iniziato più di dieci anni fa, nel 1993.

Lo scambio tra studiosi e ricercatori di tutto il mondo, operatori ecumenici e rappresentanti delle varie Chiese esprime la ricerca comune di un pluralismo che rispetti le diversità e sappia riscoprire nella propria tradizione le ragioni dell’accoglienza degli altri.

All’apertura del Convegno è stato ricordato il Patriarca di Alessandria Petros VII, morto l’11 settembre precipitando nel Mare Egeo con l’elicottero che lo stava portando, assieme ad altre persone, sul Monte Athos.

Petros VII, che come ha ricordato il priore di Bose, Enzo Bianchi, intercede ora “nella comunione dei santi”, nel messaggio augurale al Convegno, uno dei suoi ultimi scritti, aveva definito la scelta del tema “Sant’Atanasio e il Monte Athos” “significativa da un punto di vista scientifico, ma anche straordinariamente attuale”.

“Il contributo offerto dagli Athoniti a tutti i Cristiani, come anche ai popoli musulmani – aveva infatti spiegato –, e le relazioni tra di essi intercorse necessitano di un’attenzione adeguata e di uno studio urgente, per mettere in luce il reale valore dell’opera del fondatore della Grande Lavra, testimoniato dalla presenza sulla Santa Montagna di monaci di diversa origine”, che, assieme ai Greci, “hanno contribuito al progresso spirituale dell’intera Chiesa”.

Nel messaggio di saluto che ha inviato e che è stato letto dal metropolita Emiliano Timiadis di Sylviria, il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, ha affermato che il tema del Convegno costituisce “un motivo di gioia” e che “l’ininterrotta consuetudine degli incontri spirituali di Bose” apporta “un grande profitto spirituale” a tutti coloro che vi partecipano con spirito di umile desiderio di apprendere”.

Il monachesimo dell’Athos – ha proseguito il Patriarca riferendosi alla prima sessione del Convegno – ha costituito fino ad oggi un punto di riferimento “per le Chiese ortodosse di ogni luogo e in particolare per i loro monaci, che guardano alla maestosa figura di Sant’Atanasio quale loro iniziatore spirituale”.

L’importanza degli incontri è stata ribadita anche dal cardinal Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, che nel saluto, letto da monsignor Johan Bonny, Officiale del medesimo dicastero vaticano, ha ricordato alcuni segni di speranza nei rapporti tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse, come la visita a Roma di Bartolomeo il 29 giugno e la consegna dell’icona di Kazan’ al patriarca di Mosca Alessio II.

La seconda sessione del Convegno si è concentrata sulla preghiera, fondamentale per mantenere sempre viva l’attenzione nei confronti dei fratelli.

Nel suo messaggio al Convegno, Alessio II si è detto convinto che “la grazia dell’esperienza di preghiera dei santi asceti russi sia capace di arricchire qualsiasi tradizione cristiana che voglia attingervi”.

Aggiungendo che l’interesse dei Cristiani d’Occidente, “che cresce di anno in anno”, nei confronti dei “tesori della spiritualità russa” testimonia “il sincero desiderio di comunicare all’eredità dell’attività della preghiera”, che la Chiesa ortodossa russa ha custodito “come il suo tesoro più caro”.

La seconda sessione del convegno ha anche approfondito la dimensione teologica e patristica della cosiddetta “preghiera di Gesù”, o “preghiera interiore del cuore”, tradizione antichissima diffusasi dalla Montagna dell’Athos e da Bisanzio in Russia, dove nel XIX secolo ha vissuto una straordinaria fioritura che dura ancora oggi.

Come ha affermato Enzo Bianchi nel discorso di apertura del Convegno, nella tradizione spirituale cristiana “ci si è sempre domandato come mettere in pratica l’esortazione prima di Gesù (Lc 18,1; 21,36) e poi di Paolo (1Ts 5,17) sulla preghiera senza interruzione”.

“I padri pneumatofori – ha continuato –, fin dai tempi antichi hanno privilegiato la formula che noi troviamo testimoniata dai Vangeli come grido al Signore Gesù da parte di malati e peccatori: ‘Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me!’”: “poche parole ma densissime – ha aggiunto –, una sintesi delle due invocazioni del cieco di Gerico (Lc 18,38) e del pubblicano nel tempio (Lc 18,13)”.

“E’ urgente per i Cristiani ritrovare l’assiduità con Dio, esercitarsi nell’ineffabile arte del colloquio con Lui”, ha sottolineato con vigore il priore della Comunità di Bose.

“Se i Cristiani non sapranno dilatare lo spazio della loro preghiera, quell’incontro tra religioni che attraversa ormai la nostra quotidianità, invece di fiorire in dialogo, imploderà in un conflitto irrimediabile, sotto la pressione di opposti fanatismi”, ha affermato Enzo Bianchi.

Alla fine del Convegno sono stati annunciati i temi del prossimo anno: “San Giovanni Damasceno” per la sessione bizantina (11-13 settembre 2005) e “Sant’Andrej Rublev e l’icona russa” per la sessione russa (15-17 settembre 2005).

La Comunità di Bose è una comunità monastica che riunisce uomini e donne provenienti da diverse Chiese cristiane alla ricerca di Dio “nel celibato, nella comunione fraterna e nell’obbedienza all’Evangelo”.