ROMA, giovedì, 27 maggio 2004 (ZENIT.org).- In tre giorni, da quando hanno saputo che il Pontefice li voleva alla celebrazione della Pentecoste, si sono mobilitati e nel momento in cui questo articolo è stato scritto erano già 12.000 le persone che hanno risposto all’appello del Rinnovamento dello Spirito e che saranno con Giovanni Paolo II alla veglia di preghiera di sabato prossimo.
Quelli del Rinnovamento nello Spirito sono gli “entusiasti” del terzo millennio. Si affidano totalmente allo “Spirito Santo” e pregano incessantemente.
Per saperne di più ZENIT ha intervistato Salvatore Martinez, Coordinatore Nazionale del Rinnovamento nello Spirito.
Che cosa rappresenta la Pentecoste per il Rinnovamento dello Spirito?
Salvatore Martinez: Il Rinnovamento nello Spirito vuole essere un segno eloquente del prodigio inesauribile della Pentecoste e del risveglio della fede nei carismi dello Spirito, un “monito” perché la Chiesa riscopra la struttura fisiologica dell’esistenza cristiana, che è, per sua natura, un’esistenza nello Spirito Santo.
Il RnS, sin dal suo sorgere, appare come un esaudimento delle audaci speranze profetiche formulate da Giovanni XXIII, sin dall’apertura del Vaticano II. Due tappe salienti: in un primo tempo l’affermarsi della “corrente di grazia”, di una spiritualità supportata dall’esperienza comunitaria dei carismi, immagine di una Chiesa che ama stare “nel Cenacolo” per “parlare del mondo a Dio” e “fuori dal Cenacolo” per “parlare del mondo a Dio”; progressivamente, l’affermarsi della nozione di “movimento ecclesiale”, in un crescente impegno apostolico, di comunione con i Pastori, di formazione permanente che rende manifesta la vita nuova nello Spirito nei “ministeri laicali carismatici” attivati nella Chiesa e nel mondo.
Che cos’è lo “Spirito” per voi?
Salvatore Martinez: Senza lo Spirito l’evangelizzazione è come un fiume che ristagna, la carità un fuoco senza calore, la Parola un verbo indeclinabile, l’Eucarestia un mistero impenetrabile, l’altro non sarà mai prossimo, il mondo un inferno, il paradiso una realtà dimenticata, la Chiesa una madre senza amore.
Il Rinnovamento nello Spirito è un segno eloquente del prodigio inesauribile della Pentecoste e del risveglio della fede nei carismi dello Spirito, ma è anche un “monito” perché la Chiesa riscopra la struttura fisiologica della sua esistenza che è, per sua natura, un’esistenza nello Spirito Santo.
Guardando alla mia esperienza personale ho visto migliaia di peccatori ritornare a Dio; malati nel corpo e nello spirito recuperare la salute; uomini e donne che avevano perduto la loro dignità umana e peregrinavano senza speranza tra mille povertà ritrovare la gioia di vivere e di professarsi “figli, figlie di Dio”.
Questo e molto altro ancora fa lo Spirito in chi si rende docile al Suo potere, secondo le promesse di Gesù. Questo potere si manifestò nella vita degli apostoli e si manifesta nella vita di ogni credente per libera, imprevedibile iniziativa dello Spirito: ecco perché parliamo di “effusione pentecostale, carismatica dello Spirito” accanto alle effusioni dello Spirito “programmate” ed efficaci nei sacramenti della vita cristiana.
Il Rinnovamento dello Spirito è un movimento che conta più di 80 milioni di aderenti nel mondo. In che modo pensate di comunicare e testimoniare lo Spirito di Dio tra la gente? Quale progetto di vita proponete?
Salvatore Martinez: L’effusione dello Spirito rappresenta l’esperienza fondante della specifica spiritualità carismatica del RnS; è il “carisma scatenante” la specifica esperienza del RnS. Giovanni Paolo II la definisce: “causa di un’esperienza sempre più profonda della presenza di Cristo”.
L’effusione dello Spirito attualizza e riattiva il nostro battesimo, “sprigionando” lo Spirito Santo. È un richiamo alla conversione permanente, come nel giorno della discesa pentecostale dello Spirito a Gerusalemme; è una nuova coscienza della Signoria di Gesù nella nostra vita, quel Gesù che è Signore e solo mediante lo Spirito può essere amato, adorato, annunciato, testimoniato, condiviso.
A Paolo VI dobbiamo il primo, convinto, immediato e “profetico” riconoscimento del ruolo del RnS nella Chiesa e nel mondo. Egli diceva nel 1975: “Il Rinnovamento deve ringiovanire il mondo, deve dargli una spiritualità, un’anima. Sarà una chance per la Chiesa se griderete al mondo la gloria del Dio della Pentecoste”.
Siamo grati a Giovanni Paolo II per aver spinto il RnS a diventare – come ebbe a dirci sin dalla prima udienza del 1980 – “una speranza per il mondo”, un’avanguardia di testimoni della “nuova evangelizzazione” nella docilità allo Spirito.
L’incidenza del Pontificato di Giovanni Paolo II, le sue continue premure al nostro indirizzo, sono state la spinta più audace alla maturazione ecclesiale del RnS. Dal 1998, poi, riceviamo con cadenza annuale una lettera autografa del Sommo Pontefice in occasione del più grande evento da noi organizzato, a Rimini: una convocazione ecumenica alla quale intervengono mediamente venticinquemila persone: molti cardinali e vescovi; oltre seicento sacerdoti e religiosi; cinquemila nuclei familiari; oltre seicento volontari; un ministero di animazione composto da oltre centoventi tra cantori e orchestrali.
Una chiara dimostrazione della nozione di “popolo di Dio” tanto cara al Vaticano II che a Rimini vede interagire istituzione e carismi con modalità davvero uniche al mondo e con ricadute spirituali davvero uniche.
Basta affidarsi al Signore per vivere più umanamente?
Salvatore Martinez: Migliaia di battezzati non fanno esperienza della presenza e dell’azione dello Spirito Santo nella loro vita. Lo Spirito ci è stato lasciato da Gesù come il Paraclito – cioè “Colui che è chiamato a starci accanto” – eppure molti cristiani non solo non si avvalgono della Sua amabile compagnia, ma addirittura non Lo invocano, non Lo cercano, non affidano a Lui la guida della loro vita.
Risulta fin troppo evidente, intanto, rintracciare i “segni” dell’ assenza dello Spirito Santo: la disintegrazione della vita familiare, il calo delle vocazioni, l’indifferenza verso tante povertà del nostro tempo, l’indebolimento della testimonianza dei cristiani sono da ricondursi ad una vita nello Spirito debole, infeconda.
Chi si apre allo Spirito, e mediante la preghiera riscopre il primato della vita interiore e la bellezza dell’intimità con Dio, vede le proprie “aspirazioni naturali” trasformarsi in speranza; le interpretazioni umane e razionali della realtà ravvivarsi nella fede; l’amore umano rigenerarsi in carità; la ricerca umana di giustizia sublimarsi nell’impegno ad edificare il Regno di Dio sulle terra.
Che ruolo svolge la preghiera nella vostra proposta spirituale?
Salvatore Martinez: “L’esperienza della preghiera di lode e di intercessione fatte “nello Spirito” è dimensione centrale della Pentecoste, come già nel ’64 affermava Paolo VI. La preghiera è la nostra stessa anima davanti a Dio: quanto più è arresa, “afferrata dallo Spirito”, tanto più sperimenta la “lodevole pazzia” di Davide davanti all’Arca dell’Alleanza, o come ci ha ricordato Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte n. 34, “l’ardore di affetti fino ad un vero «invaghimento» del cuore”.
Dal Papa, in occasione della speciale udienza per il nostro trentesimo, nel 2002, abbiamo ricevuto una speciale consegna: “divenire nella Chiesa una «palestra di preghiera», in modo speciale facendo amare la preghiera di lode, forma di orazione che rende gloria a Dio per ciò che Egli è, prima ancora che per ciò che fa”. È in questo dinamismo spirituale specifico del Rinnovamento nello
Spirito che nasce e si sviluppa il progetto “Roveto Ardente”.
Può illustrarci quali sono le caratteristiche, le motivazioni e gli obiettivi di questo progetto?
Salvatore Martinez: Dal 1997, in molti Paesi del mondo – in special modo d’Europa – la “visione” del Roveto Ardente si è fatta strada e rappresenta un’autentica opportunità per molte comunità ecclesiali spente o fiacche nella preghiera e nell’abbandono allo Spirito Santo. Sono, infatti, persuaso che la fede nel terzo millennio avrà sempre più bisogno di essere sorretta da una “spiritualità carismatica”, che trova nella presenza imprevedibile e insostituibile dello Spirito la sua forza d’incidenza maggiore.
Il 14 marzo 2002, il Santo Padre Giovanni Paolo II, ricevendo in udienza privata i responsabili nazionali del RnS in occasione del trentesimo della nascita del Rinnovamento in Italia, così si esprimeva consegnando al RnS uno specifico mandato apostolico al Rinnovamento riferendosi al progetto “Roveto Ardente”: “Il progetto ‘Roveto ardente’ è un invito all’adorazione incessante, giorno e notte. Avete voluto promuovere questa opportuna iniziativa per aiutare i fedeli a ‘ritornare nel Cenacolo’ perché, uniti nella contemplazione del Mistero eucaristico, intercedano mediante Spirito per la piena unità dei cristiani e per la conversione dei peccatori. Si tratta di un campo apostolico nel quale la vostra esperienza può fornire una quanto mai provvidenziale testimonianza… In modo speciale, continuate ad amare e a far amare la preghiera di lode, forma di orazione che più immediatamente riconosce che Dio è Dio; lo canta per se stesso, gli rende gloria perché Egli è, prima ancora che per ciò che fa” (cfr. CCC, 2639).
“Nel nostro tempo, avido di speranza, fate conoscere ed amare lo Spirito Santo. Aiuterete allora a far sì che prenda forma quella ‘cultura della Pentecoste’, che sola può fecondare la civiltà dell’amore e della convivenza tra i popoli. Con fervente insistenza, non stancatevi di invocare: ‘Vieni, o Santo Spirito! Vieni! Vieni!’”.
Il Santo Padre Giovanni Paolo II, in linea di continuità con Leone XIII, Giovanni XXIII e Paolo VI, ha continuamente segnalato nel Suo Magistero l’attualità e la necessità di un “ritorno allo Spirito Santo”.
Oggi, decide di segnalare il progetto “Roveto Ardente” e il RnS, in modo improvviso e per noi assolutamente inatteso, all’interno del Vespro di Pentecoste, la preghiera liturgica della Chiesa con cui la Festa di Pentecoste ha inizio. L’accostamento tra il “Roveto Ardente” e la Pentecoste è quanto mai provvidenziale in questo nostro tempo secolarizzato e bisognoso di risorse spirituali.
Nel “Roveto Ardente”, Mosè “vede” l’amore di Dio che brucia senza esaurirsi; “sente” la voce di Dio che lo chiama per nome; “riceve un mandato da Dio”, per far sapere a tutti che “Dio è” e opera segni e prodigi per la salvezza del suo popolo (cfr. Es 3).
Anche noi, come Mosè, siamo convocati dallo Spirito di Dio a penetrare e vivere la realtà del “Roveto Ardente”: contemplando il “mistero” del “Roveto ardente” nell’adorazione di Gesù, Colui che ci ha amati di un amore “appassionato” sulla croce e continua ad amarci mediante il Suo Spirito che ci è stato dato. «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12, 49) dice Gesù, parlando del “fuoco” della sua passione e del “fuoco” di Pentecoste; sostando davanti all’Eucarestia, “fuoco d’amore”, per essere educati dallo Spirito a dare amore a Gesù, così che più ci doniamo, più egli si dona a noi; più bruciamo d’amore per Lui e più questo amore non si estingue, anzi è capace di “incendiare” altri cuori. adorando il Vivente e potente Signore Gesù, per proclamare nelle nostre preghiere di lode e di supplica la sua vittoria sul male e sulla morte, richiamando il Suo intervento nel tempo presente, perché la Sua salvezza circoli nelle nostre famiglie, negli ambienti sociali, in tutto il mondo.
Voi del RnS siete gli “entusiasti” della nostra epoca. Da dove nasce l’entusiasmo e la speranza di cui siete animati?
Salvatore Martinez: Nella Pentecoste, gli apostoli furono “costretti” da Gesù a rimanere in preghiera e a non avere fretta di conoscere i “tempi di Dio”. Nel Cenacolo, perseverando nella preghiera, i primi seguaci di Gesù furono riempiti del potere dello Spirito e poterono iniziare la loro missione evangelizzatrice.
Il primo dono da essi ricevuto fu il “carisma delle lingue”, un “segno” della novità dello Spirito negli apostoli, indicatore della nuova capacità di “annunziare a tutte le genti” il Vangelo di Gesù, con il nuovo linguaggio dello Spirito.Anche noi, come gli apostoli, siamo chiamati a ritornare nel Cenacolo, per invocare una nuova manifestazione dello Spirito Santo nella Chiesa e nel mondo: è lui il “fuoco” di Dio; è lui che brucia in noi; è lui che rende le nostre lingue “infuocate”, irresistibili nell’annunzio del Vangelo; per “portare” il mondo nel Cenacolo, per parlare a Dio del mondo, cuore a cuore, con un linguaggio nuovo «non suggerito dalla sapienza umana, ma insegnato dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali» (1 Cor 2, 13); per fare esperienza di una nuova intimità con il Signore, in special modo facendo ricorso all’adorazione, alla lode, all’intercessione, alla supplica nello Spirito, cioè mediante una preghiera fatta “nello Spirito”.