Con queste parole il Santo Padre si è rivolto ai partecipanti all’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, ricevuti in udienza a fine mattinata di questo martedì, 18 maggio.
Dopo essersi complimentato per il “lavoro che riguarda un settore sempre più importante della Comunità mondiale”, il Santo Padre ha sottolineato “l’attualità e l’importanza del servizio che il Pontificio Consiglio è chiamato a svolgere in questo momento storico”.
“La comunità cristiana è chiamata oggi a confrontarsi con situazioni profondamente mutate rispetto al passato. Una di queste è certamente il massiccio fenomeno migratorio” ha proseguito il Papa, tanto da rendere urgente “da parte delle comunità cristiane, un rinnovato annuncio evangelico”.
“L’integrazione sul piano sociale e l’interazione su quello culturale – ha spiegato il Pontefice – sono diventate dunque il presupposto necessario per una vera convivenza pacifica tra le persone e le nazioni”.
Il Vescovo di Roma ha precisato poi che: “Ogni cultura costituisce un approccio al mistero dell’uomo anche nella sua dimensione religiosa e ciò spiega, come afferma il Concilio Vaticano II, perché alcuni elementi di verità si trovino anche fuori del messaggio rivelato, perfino presso quei non credenti che hanno il culto di alti valori umani, pur non conoscendone la sorgente (cfr. Gaudium et spes, 92)”.
Per questo motivo “è necessario accostarsi a tutte le culture con l’atteggiamento rispettoso di chi è cosciente che non ha solo qualcosa da dire e da donare, ma anche molto da ascoltare e ricevere (cfr. Messaggio per la Giornata della Pace 2001, 12)”.
“Da qui la necessità del dialogo interculturale: si tratta di un processo aperto che, assumendo quanto di buono e di vero vi è nelle diverse culture, fa sì che vengano tolti alcuni ostacoli sul cammino della fede”.
Il Papa ha avvertito che: “simile dialogo comporta un cambiamento profondo di mentalità e anche di strutture pastorali, per cui tutto quello che i pastori investiranno in formazione spirituale e culturale, anche attraverso incontri e confronti interculturali, va nella direzione del futuro, e costituisce un elemento della nuova evangelizzazione”.
Giovanni Paolo II non ha nascosto però che: “L’integrazione tra popolazioni appartenenti a culture e a religioni diverse non è mai priva di incognite e di difficoltà” ha ribadito che “l’amore e l’accoglienza costituiscono, di per sé la prima e più efficace forma di evangelizzazione”.
Ed è per questa ragione che egli invoca “una sempre più generosa testimonianza evangelica dei cristiani stessi anche con iniziative pastorali d’incontro e di dialogo, ma soprattutto aiutando i fedeli a superare i pregiudizi ed educandoli a diventare, anch’essi, missionari ad gentes nelle nostre terre”.
Il Santo Padre ha più tardi auspicato “nuove possibilità per la fraternità e il dialogo ecumenico, spingendo a realizzare, lontano da facili irenismi e dal proselitismo, una maggiore comprensione reciproca fra Chiese e Comunità ecclesiali”.
In conclusione, riflettendo sul movimento ecumenico il Vescovo di Roma ha affermato che esso: “può essere inteso come un grande esodo, un pellegrinaggio, che si mescola e si confonde con gli esodi attuali di popolazioni alla ricerca di una condizione di vita meno precaria”.
Così da rendere il fenomeno migratorio e il movimento ecumenico “uno stimolo, nei rispettivi ambiti, verso una migliore intesa umana”.