"Lumen Fidei": una stella di orientamento

L’enciclica offre indicazioni autorevoli, incoraggianti e incisive sulla necessità di una rinnovata esperienza di fede

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L’Enciclica Lumen Fidei, redatta a quattro mani dal Papa emerito Benedetto XVI e da Papa Francesco, quasi un passaggio di consegne, tra i due pontefici, costituisce un documento guida per la Chiesa di oggi. Nell’intreccio del pensiero del papa teologo con la spiccata dimensione pastorale di Papa Francesco la Comunità cristiana in questo tempo di crisi trova in essa indicazioni autorevoli, incoraggianti e incisive sulla necessità di una rinnovata esperienza di fede.

Nel cuore dell’anno della fede, inaugurato l’11 ottobre nel ricordo del 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, l’Enciclica diventa oggetto di preghiera, meditazione e scambio, tra cristiani e costituisce un fattore di orientamento, una risposta positiva, un messaggio di speranza nel travaglio determinato dalle incontrollate trasformazioni sociali e cultuali di questo particolare momento storico, segnato da una perdurante crisi antropologica, di fede, di valori, che inasprisce la crisi economica.

Raccogliere la sfida per rinnovare la missione della Chiesa nello stile evangelico della testimonianza, sulla scia dei gesti e delle parole di Papa Francesco, che provocano un rinnovamento di  gesti, di azioni e di linguaggi, costituisce oggi un impegno per  tutta la comunità dei credenti.

La limpidezza della testimonianza data in semplicità, povertà e letizia, ed in particolare da parte del Clero, come ha detto Papa Francesco ai giovani seminaristi, ai novizi e alle suore, determina una nuova vitale presenza della Chiesa nella società e nello stesso tempo  sollecita la responsabilità dei laici affinché sappiano essere in ogni ambito presenza propositiva, incisiva, capace di dialogo e di un cammino condiviso con tutti, disponibili ad affrontare le problematiche del tempo presente per rendere più serena, solidale, fiduciosa la vita di ciascuno.

Nella lettera enciclica Lumen fidei, che completa la trilogia teologica e pastorale di Benedetto XVI sulle virtù teologali, iniziata con la carità (Deus caritas est, 2006) e proseguita la speranza (Spes salvi, 2007), Papa Francesco evidenzia che “la fede appare come un cammino dello sguardo, in cui gli occhi si abituano a vedere in profondità” (LF, 30).

Saper leggere la realtà con gli occhi della fede significa dare un senso alle cose ed un significato alle azioni. La fede, infatti, “Non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita” e come virtù teologale insieme alla speranza e alla carità coinvolge l’intero essere umano,  come singola persona e illumina anche tutti i rapporti sociali donando un nuovo significato alla fraternità universale tra gli uomini, che non è mera uguaglianza, bensì esperienza della paternità di Dio creatore.

Nel testo di Papa Francesco c’è tanto e molto di Papa Benedetto, si legge, infatti, che “queste considerazioni sulla fede – in continuità con tutto quello che il magistero della Chiesa ha pronunciato circa questa virtù teologale – intendono aggiungersi a quanto Benedetto XVI ha scritto nelle lettere encicliche sulla carità e sulla speranza. Egli aveva già quasi completato una prima stesura di lettera enciclica sulla fede. Gliene sono profondamente grato e, nella fraternità di Cristo, assumo il suo prezioso lavoro aggiungendo al testo alcuni ulteriori contributi”.

Grande valore viene dato  nel quarto capitolo di più evidente stile bergogliano dal titolo: “Dio prepara per loro una città” al legame tra la fede e il bene comune, ribadendo che la fede non serve solo per l’aldilà,non allontana dal mondo e non è estranea all’impegno concreto dell’uomo contemporaneo.

I sacramenti, mezzi speciali di trasmissione della fede ed in particolare il matrimonio “tra uomo e donna che porta a generare figli” costituiscono dei “segni” e “momenti” di congiunzione tra l’uomo e Dio. Il matrimonio che si origina dal riconoscimento e dall’accettazione della bontà della differenza sessuale, si fonda, infatti, sull’amore in Cristo e promette “un amore che sia per sempre”, riconoscendo l’amore creatore che porta a generare figli. 

La fede non è, quindi, un presupposto scontato, ma è in grado di illuminare ogni ambito dell’esistenza dell’uomo, in essa rifulge l’amore di Dio che “ci trasforma, illumina il cammino del fu­turo, e fa crescere in noi le ali della speranza per percorrerlo con gioia”. E’ proprio la fede che aiuta anche l’uomo a rispettare la natura e a “trovare modelli di sviluppo che non si basino solo sull’utilità o sul profitto, ma che considerino il creato come un dono”.

Quando la fede viene meno, afferma il Papa, c’è il rischio che anche i fondamenti del vivere vengano meno” e quindi la sofferenza vissuta senza fede porta alla disperazione, invece, accompagnata dalla fede apre un varco di luce nelle tenebre e amplia i sentieri della speranza.    

Quando la sua fiamma si spegne anche tutte le altre luci finiscono per perdere il loro vigore” e il mondo ricade nel buio.

L’appello di Papa Francesco “Non facciamoci rubare la speranza , non permettiamo che sia vanificata con soluzioni e proposte immediate che ci bloccano nel cammino” diventa costante monito per andare avanti e meglio comprendere la realtà del mondo contemporaneo, caratterizzata dal “grande oblio di Dio”. La società di oggi, infatti, temendo il fanatismo, e nutrendosi di relativismo ha dimenticato di porsi la domanda su Dio e quindi di tendere alla ricerca della verità. Per questo Papa Bergoglio precisa con parole semplici che “la fede non è intransigente e il credente non è arrogante”, infatti, la verità, frutto dell’amore di Dio, che non è arrogante, né intransigente, “rende umili e porta alla convivenza e al rispetto dell’altro”. Ecco perché la fede diventa via e porta che apre al dialogo con la scienza, risvegliando il senso critico, allargando gli orizzonti della ragione, invitando a guardare con meraviglia il creato e aprendo un confronto interreligioso, in cui il cristianesimo offre il proprio contributo.

L’enciclica sulla fede si compone di quattro capitoli e sessanta paragrafi, e sono ricorrenti i termini dialogo e confronto con la ragione, la scienza, la verità, la gioia, i giovani, i sacramenti ed anche sul decalogo, inteso non come “un insieme di precetti negativi”, ma come “insieme di indicazioni concrete” per entrare in dialogo con Dio, “lasciandosi abbracciare dalla sua misericordia”.

Dato che la fede è una sola, deve essere confessata in tutta la sua purezza e integrità: “l’unità della fede è l’unità della Chiesa”; togliere qualcosa alla fede è togliere qualcosa alla verità della comunione.

Nella conclusione dell’Enciclica, il Santo Padre invita a guardare a Maria, “icona perfetta” della fede, perché, in quanto Madre di Gesù, ha concepito “fede e gioia”.

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Giuseppe Adernò

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