La "Quercia millenaria" che genera vita

Il 26 maggio al Gemelli di Roma verrà presentata la prima metodica di “Caring Perinatale” in Italia

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di Massimo Losito

ROMA, lunedì, 21 maggio 2012 (ZENIT.org).- «Mi spiace ma in questi casi non c’è niente da fare, se non interrompere la gravidanza». Questa frase viene pronunciata molto frequentemente quando si è di fronte ad una diagnosi infausta durante la gestazione, fino al caso estremo del “feto terminale”, cioè incompatibile con la vita.

Eppure non è mai vero che non ci sia “nulla da fare”. Piuttosto c’è sempre molto da fare, dal punto di visto dell’assistenza medica, umana e spirituale. È quanto emerge dal lavoro serio svolto qui in Italia dall’associazione “La Quercia Millenaria ONLUS”, che presenterà la prima metodica di Caring Perinatale in Italia nel convegno “Il dono della cura, la cura del dono”, sabato 26 maggio al Policlinico A. Gemelli di Roma.

ZENIT ne ha parlato con la fondatrice e presidente dell’associazione, Sabrina Pietrangeli Paluzzi.

Cosa racchiude una metodica di Caring Perinatale?

Sabrina Pietrangeli: La metodica racchiude tutta una serie di servizi, che non sono soltanto “tecnici e pratici”, ma conditi di un grande desiderio di aiutare i genitori a spezzare il dolore in tante parti, per portarne un pezzetto ciascuno. Si parte dall’affiancamento, subito dopo la diagnosi infausta, a famiglie che hanno già vissuto quel particolare e doloroso momento, alla programmazione di future ecografie, sempre da farsi con un operatore vicino per contenere l’ansia e sostenere i genitori. E poi l’accoglienza residenziale ove necessario, a titolo gratuito, fino a programmare un vero e proprio “piano nascita” per i bambini sicuramente terminali, dove i genitori possono esprimere tutti i loro desideri sulla gestione del travaglio, del parto, dei momenti da passare accanto al piccolo, fino al momento della morte e ai gesti di amore da fare anche dopo: vestirlo, tumularlo, conservare dei ricordi concreti come le foto, le impronte delle manine, una ciocca di capelli, o altro.

Si tratta dunque di qualcosa paragonabile al servizio che svolge un hospice per i malati terminali, ma qui il morente è un “nascente”: con poche ore di vita davanti… a molti sembrerà una vita senza senso.

Sabrina Pietrangeli: Il senso lo vedono i genitori che fanno una scelta di accoglienza, perché sono nutriti e sostenuti durante l’attesa e persino dopo la morte stessa del piccolo, grazie all’amore che realmente scorre tra la coppia e il bambino, che risponde agli stimoli e “partecipa” con tutta la sua famiglia ai suoi istanti di vita, sia intrauterina che terrena. I frutti si vedono nel tempo, e tutte le famiglie ne hanno raccontati molti. Dal nostro punto di vista, e con l’esperienza maturata, non potremmo mai dire che sono “vite senza senso”.

Dalle storie che avete raccolto nei vostri libri e sul vostro sito, si evince che non sempre la diagnosi infausta si traduce in realtà.

Sabrina Pietrangeli: Sono le storie più belle, quelle in cui un bambino riesce a sorprendere la scienza, anche quando è una scienza ben fatta. Sono episodi non prevedibili, ma non per questo trascurabili, anzi… Bisogna sempre dare una possibilità alla vita, perché la vita sa ancora sorprendere.

La “Quercia” ha rami in molte strutture ospedaliere in tutta Italia, ma sicuramente le radici per così dire qui a Roma: dopo anni di lavoro in collaborazione con gli specialisti del Policlinico Gemelli, cosa rappresenta questo convegno per voi?

Sabrina Pietrangeli: Rappresenta il coronamento di sette anni di lavoro in cui davvero persone concrete hanno perso la propria vita e messo nel progetto tutte le loro capacità e le abilità personali, nonché una enorme quantità di tempo, sacrificando spesso anche i propri interessi familiari.

Sono stati anni in cui è maturata la consapevolezza di quale buco istituzionale e assistenziale andavamo a coprire, e si sono messe in opera tutte le energie per rappresentare l’eccellenza nel campo. Eccellenza che si sposa con quella del Policlinico Gemelli, lì dove la Quercia Millenaria ha preso vita grazie alla nostra storia familiare con il nostro terzo figlio, “ex feto terminale”!

La vostra linfa però sembra scorrere dall’alto verso il basso, da quella che chiamate “la quercia celeste”…

Sabrina Pietrangeli: I “figli della Quercia” che sono in cielo sono per noi grande motivo di stupore e riflessione, perché li sentiamo vivi più che mai. Siamo sicuri che da lassù si diano un gran da fare per garantire benedizioni non solo alle loro famiglie, ma a tutti coloro che collaborano per far sì che quelle piccole vite, “le pietre scartate dai costruttori”, non vengano più uccise ma accolte con l’amore dovuto!

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ZENIT Staff

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