"Integrare i figli dei migranti". Le parole di Mattarella condivise dalle Scalabriniane

La Congregazione delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo plaude all’appello del capo di Stato

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“È importante per l’Italia e per l’Europa intera, il modo con il quale saremo capaci di integrare i figli dei migranti”. Così ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico. In visita all’Istituto Davide Sannino Petriccione di Ponticelli di Napoli, il capo dello Stato ha indicato nella scuola il luogo d’accoglienza privilegiato. “La scuola italiana – ha detto – ospita oggi ottocentomila studenti stranieri: più della metà di questi è nata in Italia”.

Sottolineando che l’integrazione “è spesso difficile”, anche perché molti di questi giovani stranieri non parlano una parola d’italiano, Mattarella ha spiegato che “l’integrazione sta producendo risultati e assistiamo a un avanzamento negli studi di molti giovani stranieri”. Dunque “è importante per l’Italia e per l’Europa intera – ha osservato – il modo con il quale saremo capaci di integrare i figli dei migranti”.

Le parole del presidente della Repubblica sono condivise da suor Neusa de Fatima Mariano, Superiora Generale della Congregazione delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo, Scalabriniane.  “L’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sui migranti rende ancora più chiaro come sia necessario agire sui fattori di integrazione per aprire le porte a chi, per motivi vari  lascia il proprio Paese per un cammino nuovo”, ha detto la religiosa.

Suor de Fatima Mariano ha poi commentato le parole di Mattarella pronunciate nel corso dell’82esimo convegno della Società Dante Alighieri, quando ha sottolineato l’esigenza di “assicurare la conoscenza” della lingua italiana “agli immigrati che arrivanonel nostro Paese”, puntando all’italiano come a un veicolo e uno strumento importante per l’integrazione. La Superiora ha ricordato allora che nei centri di accoglienza per migranti gestiti dalle Scalabriniane, “i corsi di lingua e cultura locale sono sempre alla base di una profonda attività di assistenza, perché permettono un’inclusione completa nella società di arrivo e favoriscono la coesione sociale. In relazione all’insegnamento della lingua italiana bisogna considerare anche il grande tessuto di volontari che quotidianamente presta le competenze professionali per fare amare e apprezzare l’Italia, oltre a far nascere nuove amicizie”.

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ZENIT Staff

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