Il Monte Nebo

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ROMA, sabato, 9 maggio 2009 (ZENIT.org).- Su questo monte, che si trova nella Giordania occidentale e dal quale si ha una panoramica straordinaria del Mar Morto, Mosè ebbe la visione della Terra Promessa che Dio aveva destinato al suo Popolo eletto.

Il monte (in ebraico: “Har Nevō” e in arabo “Jabal Nībū”) raggiunge un’altezza di poco superiore agli 800 metri sul livello del mare. Dalla sua sommità sono visibili parte della valle del Giordano, la città cisgiordana di Gerico e a volte anche Gerusalemme.

Secondo la tradizione ebraico-cristiana, Mosè fu sepolto su questa montagna dallo stesso Dio, ma il sito preciso rimase sconosciuto.

Il 9 marzo 2000, Papa Giovanni Paolo II visitò il luogo durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa. Durante la sua visita, il Pontefice piantò un albero di ulivo a fianco della cappella bizantina come simbolo di pace.

La scultura cruciforme con serpenti di rame intrecciati sopra il Monte Nebo è stata creata dall’artista italiano Giovanni Fantoni. Ricorda il “Nehushtan”, il serpente di rame creato da Mosè (Numeri 21, 9).

Dopo una lunga e laboriosa preparazione nel gennaio 2008 cominciarono i lavori di un progetto di copertura per il memoriale di Mosè. Il progetto definitivo – approvato dalla Custodia di Terra Santa responsabile del luogo santo – ha inteso rispettare la copertura originaria, ormai diventata storica, eseguita nel 1963 sotto la direzione di padre Virgilio Corbo e di fra Nazzareno Moretti.

La novità maggiore riguarda i quaranta micropali che ancoreranno in profondità la nuova struttura alla montagna. Nel frattempo, la cima della montagna è stata preparata perché l’apertura del cantiere non ostacoli i pellegrini e i visitatori, che possono quindi continuare a visitare il Monte Nebo.

Lo scopo finale di questi lavori, che si sono resi indispensabili a causa del lento ma inarrestabile smottamento della cima della montagna, resta quello di migliorare e assicurare per il futuro la visita e la sosta dei pellegrini che qui possono cogliere il messaggio di pace e di riconciliazione di cui il santuario nel nome di Mosè Profeta vuole essere simbolo e memoria.

Sul punto più elevato della montagna, Syagha, sono stati scoperti nel 1933 i resti di una chiesa e di un monastero. La chiesa fu costruita una prima volta nella seconda metà del IV secolo per commemorare il posto in cui Mosè morì.

La chiesa, che rispetta la pianta tipica della basilica, fu ampliata nel tardo V secolo e ricostruita nel 597. E’ ricordata per la prima volta in un resoconto di pellegrinaggio compiuto da una dama di nome Egeria nel 394.

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ZENIT Staff

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