Grande devozione, a Roma, per la Madonna di Fatima

A rendere omaggio alla Vergine in Santa Maria delle Grazie alle Fornaci, sono intervenuti, tra gli altri, mons. Fisichella e il card. Schonbörn

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di Luca Caruso

ROMA, mercoledì, 16 maggio 2012 (ZENIT.org) – Grande concorso di fedeli, questi giorni alle varie celebrazioni in Santa Maria delle Grazie alle Fornaci, per la presenza della venerata immagine della Madonnina di Fatima. Arrivata la sera di domenica 13 maggio nella parrocchia a un passo dal Vaticano, vi rimarrà fino alla mattina di domenica 20 maggio.

Di seguito alcuni passaggi dell’omelia dell’arcivescovo Rino Fisichella, che ha presieduto la celebrazione eucaristica lunedì 14 maggio.

“Che cosa c’era nel cuore di questi tre ragazzi, di Giacinta, di Francesco e di Lucia il giorno dopo” la prima apparizione della Vergine? – si è chiesto Fisichella. “Non immaginavano che qualcosa di straordinariamente grande era stato realizzato nella loro vita, né di essere stati eletti per portare questo messaggio”.

“L’esperienza dell’aver vissuto con il Signore ci deve toccare in prima persona. Non soltanto i tre pastorelli di Fatima sono stati scelti, anche ognuno di noi è stato scelto ed eletto da parte di Dio. Il battesimo è il dono con il quale ci viene detto che apparteniamo in maniera chiara e definitiva alla Chiesa, che possiamo chiamare Dio con il nome di Padre. Non è un caso che noi siamo cristiani, è una scelta, ed è una scelta che avviene perché ad ognuno di noi è stata rivolta la parola del Signore, dobbiamo aver compiuto l’esperienza di Cristo”.

“Ognuno di noi, in forza del battesimo, è stato eletto testimone del Vangelo, testimone della risurrezione. E come mai, allora – mi domando – viviamo soprattutto nei nostri Paesi, soprattutto in questo Occidente, una situazione di così profonda crisi? Crisi della fede, che porta con sé tante altre conseguenze”.

“Ma la crisi più importante, lasciatemelo dire, non è la crisi economica, è quella che sta alla base di tutto questo: la crisi di fede che purtroppo ha generato una crisi nel cuore dell’uomo, che non sa più chi è, dove sta andando, non ha più un futuro davanti a sé, manca di speranza, non è più capace di dare una risposta di senso alle domande fondamentali della propria vita”.

“Come mai ci troviamo in questa situazione? Non è forse perché anche noi abbiamo dimenticato di essere stati scelti, eletti, testimoni della risurrezione del Signore? Non è che forse ci siamo un po’ rinchiusi in noi stessi e non siamo più capaci di annunciare il Vangelo a quanti incontriamo nella nostra giornata? Perché siamo diventati timidi, paurosi, preoccupati solo di questioni terrene e non pensiamo più che c’è qualche cosa di più profondo, di più importante nella vita? Ed è proprio quanto la Vergine di Fatima ci ha ricordato”.

“Perché a questi tre pastorelli ha detto subito, senza tergiversare: ‘Siete disposti a tornare di nuovo qui?’. Cioè: ‘Siete disposti a rimanere con me?’. Per sei mesi ha voluto che ritornassero, nonostante le incomprensioni e le difficoltà. Occorre costanza nella fede, non si crede solamente nel momento del bisogno: quando si crede, si crede sempre. Quando si è incontrato Cristo, si rimane per sempre con lui”.

“Sant’Agostino ha una bella espressione: dice che Dio non voleva che il suo unico figlio rimanesse solo, e allora gli ha dato una moltitudine di fratelli e di sorelle, perché nel corso dei secoli tutti potessero insieme invocare il Padre Nostro. Noi facciamo compagnia alla solitudine di Gesù. Come possiamo lasciarlo solo? Noi,scelti per il battesimo, chiamati ad essere responsabili di quella fede, figli nel figlio, chiamati a donare la nostra vita, per amore.

“Ecco qual è l’insegnamento che ci proviene oggi da Fatima: tenere fisso lo sguardo su quel volto. Lì troviamo la forza per credere ancora di più. Maria è icona della fede, tutta se stessa ha dato a quel Dio che le chiedeva di entrare nella sua vita in maniera così inaspettata. Oggi chiede a noi di sentirci responsabili della nostra fede”.

“Non stanchiamoci mai di avere la forza che ci proviene dalla fede, ma non dimentichiamo mai che è un cammino che dev’essere percorso per tutta la vita. Ogni giorno dobbiamo dire al Signore Gesù, come gli apostoli: “Credo, o Signore, ma tu aumenta la mia fede”. E quanto di più lo dobbiamo ripetere oggi, davanti a quella icona che ci chiede ancora una volta di poter donare noi stessi”.

Ieri la giornata è stata particolarmente dedicata ai giovani, con la partecipazione del cardinale Schonbörn e di don Fabio Rosini.

Il card. Cristoph Schonbörn, arcivescovo di Vienna, ha brevemente ripercorso la vita di Gesù: dall’Annunciazione, alla nascita, dall’inizio della vita pubblica fino alla morte.

“Santa Teresina – nota il cardinale – medita anzitutto la fede di Maria: credere nell’oscuro del quotidiano”. Di Maria Schonbörn ricorda poi i “30 anni vissuti nella fede. Conosceva la promessa dell’Angelo: ‘Sarà grande e chiamato figlio dell’Altissimo’”. “Maria ha dovuto imparare, passo a passo, nella fede, in che modo il suo figlio è figlio dell’Altissimo, in che modo sarà grande”.

E infine Gerusalemme, la passione, Maria “stava presso la croce”. “Dov’è la promessa dell’Angelo? Santa Teresina parla in questo momento della notte della fede che Maria ha conosciuto”. Quindi una riflessione sul Sabato santo: “Gesù è morto, è nella tomba. Sappiamo perché ogni sabato facciamo specialmente memoria di Maria. Perché la Chiesa sa che lei sola ha mantenuto la fede anche quando suo figlio era nella tomba. E nella fede di Maria tutta la fede della Chiesa è sopravvissuta, fino al mattino della risurrezione”.

“Vi invito – ha concluso il cardinale – a mettere la nostra fede nelle mani, nel cuore di Maria, affidando la nostra piccola fede alla grande fede di Maria nostra madre, a cui siamo affidati da Gesù sulla croce”.

Nella sua intensa catechesi, don Fabio Rosini, Direttore del Servizio Diocesano per le Vocazioni del Vicariato di Roma, si è in particolare soffermato sul tema della vocazione, notando che oggi “mancano vocazioni sacerdotali, ma anche avventure vincenti nel matrimonio”.

“Chi sbaglia la propria vocazione – ha osservato – non è felice. Chi non fa ciò che è la cosa più bella che può fare resterà infelice”. Quali i nemici che si ergono contro la vocazione? Sostanzialmente tre: il “mondo”, la “carne e le sue paure”, il “demonio”.

“Perché io capisca la mia vocazione, non devo misurare le mie forze, devo credere in Dio. La fede che Gesù chiede all’inizio della sua attività è un movimento di fiducia e di abbandono per il quale l’uomo rinuncia di fare affidamento sui propri pensieri e le proprie forze per rimettersi alle parole e alla potenza di colui in cui crede. Non conta che io sia forte, conta che io mi fidi” ha ribadito Rosini. Chi è allora l’uomo? “Una freccia dalla terra al Cielo. Io sono per il Cielo, per il Paradiso, sono un viaggio verso le braccia del Padre”.

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ZENIT Staff

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