Cristiani e indù uniti in amicizia per rafforzare la famiglia umana

Il messaggio alla comunità induista del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, in occasione della festa di Deepvali

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“Cari amici indù…”: si apre così, “in spirito di amicizia”, il messaggio del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, per la festa di Deepvali, che quest’anno ricorre il 3 novembre. Tema del messaggio – inviato anche in lingua hindi – è “Cristiani e Indù: favorire le relazioni umane con l’amicizia e la solidarietà“.

La celebrazione di Diwali, conosciuta come Deepavali ossia “fila di lampade ad olio”, si fonda simbolicamente su un’antica mitologia della vittoria della verità sulla menzogna, della luce sulle tenebre, della vita sulla morte, del bene sul male. La festa vera e propria dura tre giorni segnando l’inizio di un nuovo anno, la riconciliazione familiare, specialmente tra fratelli e sorelle, e l’adorazione a Dio.

Il cardinale Tauran ha rivolto al mondo induista “i migliori auguri e le più cordiali felicitazioni” per la ricorrenza. “Possa Dio, fonte di ogni luce e vita, illuminare le vostre vite e rendere più intense la vostra gioia e la vostra pace” ha scritto.

“In questo mondo così competitivo – ha sottolineato poi il porporato – in cui crescenti tendenze individualistiche e materialistiche hanno effetti negativi sulle relazioni umane e creano spesso divisioni nelle famiglie e nell’intera società, vorremmo condividere con voi le nostre riflessioni su come cristiani ed indù, con l’amicizia e la solidarietà, possono favorire le relazioni umane a beneficio di tutta l’umanità”.

“Le relazioni sono fondamentali per l’umana esistenza” ha assicurato Tauran. “La sicurezza e la pace nelle comunità locali, nazionali o internazionali sono in gran parte determinate dalla qualità del nostro interagire umano”. Quindi più si approfondiscono le reciproche relazioni, più si è capaci “di progredire nella collaborazione, nella costruzione della pace e nell’autentica solidarietà ed armonia”. 

Queste relazioni, secondo il cardinale, “dovrebbero scaturire naturalmente dalla nostra comune umanità, perché le relazioni umane sono al centro dell’esistenza umana e del suo progredire, dando origine spontaneamente a un senso di solidarietà nei confronti degli altri”. Tutti noi “apparteniamo, infatti, all’unica famiglia umana” ha rimarcato, a prescindere dalle differenze “etniche, culturali, religiose ed ideologiche”.

Tale consapevolezza, tuttavia, è oggi contrastata dalla crescita nella società “del materialismo e del disprezzo verso i valori spirituali e religiosi più profondi”, che “accompagnata da una pericolosa tendenza a dare identico valore alle cose materiali ed alle relazioni umane”, riduce la persona umana “da un qualcuno a un qualcosa che si può mettere da parte a propria discrezione”.

Inoltre, ha osservato il presidente del Dicastero per il Dialogo Interreligioso, “le tendenze individualistiche generano un falso senso di sicurezza” favorendo ciò che Papa Francesco ha descritto come “cultura dell’esclusione, cultura dello scarto e globalizzazione dell’indifferenza”.

Di fronte a questo scenario, diventa dunque un imperativo promuovere “una cultura della relazione” e “una cultura della solidarietà” per tutti i popoli, che incoraggino relazioni “basate sull’amicizia e sul reciproco rispetto, a beneficio dell’intera famiglia umana”. Al contempo, ha scritto Tauran, è assolutamente necessario “che la dignità intrinseca della persona umana sia comunemente riconosciuta e promossa”.

Citando, infine, le parole di Papa Francesco durante la Visita alla Comunità di Varginha, a Rio de Janeiro, lo scorso 25 luglio, il porporato ha sottolineato: “La cultura della solidarietà è vedere nell’altro non un concorrente o un numero, ma un fratello. E tutti noi siamo fratelli!”.

In conclusione, il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso afferma la sua convinzione che “la cultura della solidarietà si può ottenere solo come risultato di uno sforzo concertato di tutti verso il bene comune”. “Sostenuti dagli insegnamenti delle nostre rispettive religioni e coscienti dell’importanza di costruire relazioni autentiche – si legge nelle ultime righe del messaggio – possiamo noi, indù e cristiani, agire individualmente e collettivamente, insieme con tutte le tradizioni religiose e le persone di buona volontà, per favorire e rafforzare la famiglia umana attraverso l’amicizia e la solidarietà”.

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ZENIT Staff

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