Cardinal Tauran: le religioni sono “portatrici di senso”

CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 8 gennaio 2008 (ZENIT.org).- Le religioni sono “portatrici di senso” e per questo i credenti non devono aver paura di “unire gli sforzi” per diffondere il messaggio che propongono, ha affermato il Cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso.

Ripercorrendo l’anno che si è appena concluso in un’intervista concessa a “L’Osservatore Romano”, il Cardinal Tauran ha ricordato in particolare due eventi: la lettera aperta scritta da 138 leader musulmani al Papa e alle altre guide delle Chiese cristiane (cfr. ZENIT, 11 ottobre 2007) e l’incontro interreligioso di Napoli, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio dal 21 al 23 ottobre.

La lettera dei leader islamici ha dato occasione al porporato di affermare che se “per una parte dei musulmani il dialogo interreligioso non è una realtà né una priorità”, “è altrettanto vero che forse assistiamo a una interessante evoluzione”.

I 138 firmatari della lettera, ha ricordato, rappresentano 43 Nazioni. “Vi troviamo teologi, giuristi e intellettuali in maggioranza sunniti, ma ci sono anche alcuni sciiti”.

Il testo è destinato a tutti i responsabili delle Chiese cristiane e “definisce in maniera originale il monoteismo comune a ebrei, cristiani e musulmani, con un tema principale: la comune fede nel Dio vivente, uno e unico, nel quadro del doppio comandamento dell’amore di Dio e del prossimo, caro alla tradizione giudeo-cristiana”.

“Tutto questo rappresenta un’apertura considerevole e il dialogo islamo-cristiano viene rinvigorito da questi sforzi intesi a trovare valori comuni ai tre monoteismi”, ha constatato il Cardinale.

Quanto al rapporto tra il dialogo interreligioso e l’evangelizzazione, il Cardinal Tauran ha spiegato che i due elementi “mettono in gioco il misterioso piano di Dio e la libertà dell’uomo”.

Da una parte, ha osservato, c’è il dovere dei cristiani di proporre al mondo il Vangelo di Cristo, dall’altra parte c’è la libertà dell’uomo di accoglierlo o meno.

“Per noi – commenta – si tratta di condividere un tesoro, la nostra fede, con gli altri, rispettando l’altro, la sua libertà, le sue convinzioni” ed “evitando al contempo ogni sincretismo”.

“Non diciamo ‘tutte le religioni sono più o meno la stessa cosa’ – ha precisato –. Diciamo, invece, ‘tutti i ricercatori di Dio hanno la stessa dignità e la stessa libertà’. Il dialogo interreligioso non può riposare sull’ambiguità. Le parti in causa devono avere le idee chiare sulla propria identità religiosa e sul contenuto della propria fede”.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

In un mondo in cui la pace è minacciata “perché le società e i loro responsabili si lasciano condizionare dall’egoismo e dalla sete di dominio”, per il porporato le religioni, o meglio i credenti, “possono invertire la tendenza, perché sono consapevoli che l’umanità è una famiglia che Dio vuole radunata nell’amore, che la loro lingua è la preghiera e che il loro programma è la fraternità”.

Per favorire il dialogo interreligioso, ha osservato il Cardinale, i capi religiosi devono in primo luogo “avere cura di provvedere alla formazione religiosa dei propri correligionari”, di modo che ognuno sia “consapevole del contenuto della propria religione e di ciò che la differenzia da quella dell’altro”.

E’ poi “indispensabile” la volontà di conoscere l’altro, “di capirlo, di avere una certa conoscenza della sua storia personale e comunitaria nonché del contenuto della sua religione”.

“Infine, non bisogna avere paura di unire gli sforzi degli uni e degli altri per testimoniare ai nostri contemporanei che l’uomo non vive solamente di pane, ma ha anche bisogno di ragioni per vivere”.

“Le religioni sono portatrici di senso”, ha dichiarato il Cardinale, aggiungendo che “se i musulmani e i cristiani non vivono in pace tra di loro, il mondo non può essere in pace”.

La lettera dei leader musulmani, ha ricordato, “afferma che ogni vera religione riposa sull’unicità di Dio, la necessità di adorarlo nonché sulla necessità di amare tutti gli esseri umani e quindi di praticare la giustizia”.

In questo contesto “possiamo parlarci e lavorare per sradicare le ingiustizie, le malattie, per salvaguardare il patrimonio ecologico del pianeta. Possiamo discutere sui problemi che ci dividono”.

Secondo il Cardinal Tauran, “potrebbero essere associati a tale riflessione anche i fratelli ebrei”.

In questo modo, ha concluso richiamando le parole pronunciate da Benedetto XVI il 21 dicembre nel suo discorso alla Curia Romana in occasione del Natale, “la famiglia d’Abramo potrebbe contribuire all”effettivo rispetto della dignità di ogni persona umana per l’edificazione di una società più giusta e solidale’”.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione