Un impegno comune tra vescovi e agenzie cattoliche e un coordinamento tra i vari Dicasteri di Curia, in modo da creare una piattaforma unitaria che possa far fronte alla crisi siriana e irachena, “una delle più gravi degli ultimi decenni”. Sono questi i principali risultati emersi dal vertice ‘d’emergenza’ convocato giovedì 17 settembre dal Pontificio Consiglio “Cor Unum”.
Sulla scia del forte incoraggiamento ricevuto in mattinata durante l’udienza del Papa, i partecipanti – ovvero i presuli delle regioni mediorientali e 30 rappresentanti di organismi di carità cattolici attivi nell’area – hanno confrontato le esperienze svolte singolarmente finora, elaborando un piano per trovare una soluzione alla crisi umanitaria.
Crisi che definire drammatica suonerebbe come un eufemismo. Ci sono infatti dati, cifre e statistiche delle Nazioni Unite, – le stesse poste sotto gli occhi dei presenti all’incontro – da far rabbrividire, soprattutto perché si pensa che dietro quei numeri ci sono persone. Secondo questi, sono oltre 200mila gli uomini, le donne, i bambini e gli anziani uccisi in Siria dall’inizio del conflitto, e più di un milione i feriti; 12.2 milioni sono in stato di urgente assistenza umanitaria in Siria, 8.6 milioni in Iraq; 7.6 milioni sono gli sfollati interni in Siria, 3.2 milioni in Iraq. E ancora: 4.1 gli emigrati dal 2011, e quasi 2 milioni i rifugiati in Turchia, più di un milione in Libano e 600mila in Giordania.
Una situazione più che drammatica, quindi, davanti alla quale non si può restare indifferenti né tantomeno “fingere di non sapere”, come ha rimarcato il Santo Padre. Il Dicastero “Cor Unum” ha dunque scelto di reagire e di intraprendere la strada, seppur tortuosa, dell’intervento immediato, diretto sul campo, mobilitando ogni risorsa “per assistere le persone che si trovano nel bisogno, senza mai dimenticare le persone che vengono prima dei soldi”.
Ad assicurarlo mons. Giampietro Dal Toso, segretario del Pontificio Consiglio, nel suo intervento conclusivo – che ZENIT riporta in esclusiva -, durante il quale ha ricordato che: “Per noi la crisi non è solo una questione umanitaria, ma una questione umana. L’essere umano e la sua dignità sono al centro della nostra attività caritativa, incentrata sulla cura di ‘ogni uomo e di tutto l’uomo’, senza alcuna discriminazione”.
Dal Toso ha fatto appello alla “visione comune” e ai “comuni strumenti di intervento, basati sulla nostra comune identità cattolica e sui valori condivisi” per portare avanti un impegno che possa “meglio rispondere ai bisogni delle popolazioni colpite” e “rendere più sostenibile ed efficace la nostra azione caritativa”. I vescovi sono chiamati quindi a informare le rispettive Conferenze Episcopali delle conclusioni dell’incontro, sottolineando l’importanza delle agenzie umanitarie cattoliche. Le quali, a loro volta, sono interpellate a rafforzare la collaborazione con i presuli, “con dedizione e trasparenza, per poter meglio servire coloro che sono più vulnerabili”.
Più nel concreto, il segretario del Dicastero ha identificato alcuni settori cruciali di intervento: “L’accesso al cibo, la sanità, l’alloggio, il supporto psicologico e sociale, la costruzione della pace e, soprattutto, l’educazione e la protezione dell’infanzia e della gioventù”. Inoltre, va compiuto ogni sforzo “per diffondere presso l’opinione pubblica l’idea che i cristiani sono e dovranno essere a tutti gli effetti cittadini del Medio Oriente”.
Da parte sua la Chiesa, di fronte a violenza e minacce, risponde “soccorrendo i più poveri e bisognosi, e lo fa senza alcuna discriminazione”, ha rimarcato Dal Toso. “Essa compie così la propria missione di servizio. Le Chiese e gli organismi che voi rappresentate ne sono la testimonianza vivente”. Per il futuro bisogna quindi incrementare “una più stretta collaborazione, a partire dall’interno di ciascuno paese colpito”, che sfoci poi in un forum “che riunisce diverse entità ecclesiali per rafforzare la comunione e le opportunità di collaborazione, creando così maggiori sinergie”. Da qui, ha detto il presule, si potrebbe poi “accedere a dei fondi istituzionali che rafforzino la risposta umanitaria”. “Il lavoro di rafforzamento delle capacità delle istituzioni locali – che ha prodotto dei risultati notevoli in alcuni casi, come per la Caritas Siria – riveste un’importanza fondamentale nel rendere progressivamente più efficace e trasparente la risposta umanitaria alla crisi”, ha aggiunto.
Annunciando anche un coordinamento tra i diversi dicasteri della Curia e un miglioramento del servizio dell’Information Focal Point con sede a “Cor Unum”, il segretario del Dicastero ha invitato quindi gli organismi a condividere sempre più documenti e informazioni sulla crisi, nonché sulle attività volte alla formazione e accompagnamento spirituale delle popolazioni colpite, in modo da alimentare questa piattaforma di scambio e magari allargare la formazione nel settore umanitario per le diocesi e a livello nazionale.
Un’azione, questa, che il Pontificio Consiglio sta provando già a svolgere dall’ottobre 2014, istituendo, in accordo con diversi organismi caritativi cattolici operanti nel contesto della crisi, il Catholic Aid Agencies Information Focal Point for the Iraqi-Syrian Humanitarian Crisis. Ovvero un servizio tramite il quale è stato possibile condurre un’indagine annuale sull’aiuto umanitario delle entità ecclesiali nei due paesi, al fine di avere un quadro dell’azione caritativa della Chiesa cattolica nel contesto dell’emergenza e di identificare preoccupazioni e orientamenti comuni per gli interventi futuri.
L’indagine riguarda 7 paesi (Siria, Iraq, Libano, Giordania, Turchia, Egitto, Cipro) e include dati qualitativi e quantitativi forniti da 55 entità ecclesiali, tra cui 30 organismi caritativi cattolici, 10 istituti religiosi e 15 diocesi di Siria e Iraq. Ora l’impegno deve continuare e ampliarsi, perché – ha concluso Dal Toso – la Chiesa non deve cessare “di essere, ad ogni livello, voce delle comunità cristiane e delle minoranze, vittime di violenza, costrette ad abbandonare le loro terre di origine, che vivono oggi in condizioni di estrema vulnerabilità, sottolineando il loro diritto al ritorno”.
Tutti – ha soggiunto – dobbiamo “continuare a lavorare, affinché questa crisi non sia dimenticata e l’attenzione dell’opinione pubblica e della comunità internazionale non si concentri solo sugli aspetti strategici, politici ed economici, ma ugualmente sul tragico impatto umanitario di questa crisi sulla popolazione civile”.