Cardinale Danneels: “La diaspora è la condizione normale del cristianesimo nel mondo”

Il porporato propone un “Consiglio della corona” per coadiuvare il Papa nel suo compito

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ROMA, domenica, 17, giugno 2007 (ZENIT.org).- “La diaspora è la condizione normale del cristianesimo nel mondo”, sostiene il Cardinale Godfried Danneels, Arcivescovo di Mechelen-Brussel, in una lunga intervista concessa alla rivista internazionale 30Giorni, diretta da Giulio Andreotti, in uscita la prossima settimana.

Il Primate del Belgio prende le mosse da una constatazione: “È un dato di fatto che non c’è più una Civitas cristiana, che il modello medievale di Civitas cristiana non vale per il momento attuale”.

“Forse qualcuno non se n’è ancora accorto, ma i cristiani vivono nel mondo tamquam scintillae in arundineto, come scintille sparse in un campo. Viviamo nella diaspora. Ma la diaspora è la condizione normale del cristianesimo nel mondo. L’eccezione è l’altra, la società completamente cristianizzata”, aggiunge.

Il Cardinale Danneels mette in risalto un risvolto singolare di tale condizione: “Nelle Chiese di antica cristianità anni fa pensavamo che tutto poteva andare avanti anche senza la grazia. Non lo dicevamo così, ma lo si pensava. C’era sempre l’idea che quando Gesù ha detto ‘senza di me non potete far nulla’, lo ha detto tanto per dire. Adesso vediamo davvero che se il cristianesimo continua, è un miracolo”.

La Chiesa e il mondo

Davanti a questa realtà, il porporato belga parla della Chiesa come minoranza in lotta: “Il cristianesimo è prima di tutto un fermento buono, il dono di cose buone da offrire al mondo, e non avere il problema di vincere sul mondo”.

Secondo Danneels i cristiani non si possono presentare come coloro che con le loro battaglie etiche infieriscono sulle miserie umane: “Se dipende da noi, noi cristiani per primi ci troviamo nell’impotenza a obbedire, a credere, a pregare e a vivere bene, a praticare la vita buona”.

“È l’obbedienza di Cristo che traccia una linea di guarigione dentro i nostri tradimenti e le nostre malattie – aggiunge – . E questo riconoscimento dovrebbe sconsigliare ogni superbia. E favorire uno sguardo di misericordia più grande verso ogni uomo”.

La morale e le leggi

Nell’attuale dibattito sui valori morali in corso nelle società occidentali, secondo Danneels non è utile “usare la strategia del niet. Ripetere in continuazione ciò che non va fatto, finendo quasi per nascondere il bene che si dice di difendere”.

A detta del porporato 74enne, “che la legge civile non coincida con i precetti del Vangelo e della morale cristiana, rappresenta la situazione normale”.

Il Cardinale Danneels registra che in molte società dell’Occidente “la legge diventa una specie di termometro, che si limita a registrare e regolare i comportamenti individuali così come sono, rinunciando alla sua funzione di essere anche un termostato”.

“Ma questo è un dato di fatto nelle nostre società moderne: la legge spesso non educa più. Non è una cosa buona, ma questo è il posto in cui ci è dato di vivere. Si devono denunciare i rischi, ma poi si tratta di vivere il Vangelo in una tale situazione, che non abbiamo creato noi”, prosegue.

Riguardo alle scelte dei legislatori cristiani davanti a argomenti eticamente controversi, Danneels suggerisce di tener presente la “salutare distinzione tra le cose che sono intollerabili, e quelle che vengono definite le ‘leggi imperfette’, che si possono tollerare in base alla categoria tradizionale del male minore”.

Il porporato ricorda anche che “riguardo ai comportamenti dei singoli, c’è una saggezza della Chiesa, una capacità di guardare la realtà per quello che è, che per secoli si è esercitata soprattutto nel confessionale”.

Fede e ragione

Riguardo alla categoria di ragione, oggi insistentemente richiamata nel dibattito ecclesiale, il porporato concorda sul fatto che “l’intelligenza è un dono da far fruttare. Non si deve cadere nel fideismo, quello delle sètte in America ma anche in Europa. La fede non è razionale, ma è ragionevole”.

Allo stesso tempo, Danneels aggiunge che “non si possono comprendere razionalmente i misteri della fede. Come Dio è uno e trino? Come Gesù si incarna e nasce da Maria Vergine? Come risorge dopo la morte? E come è presente in corpo, sangue, anima e divinità, nel pane e nel vino?”.

Un “Consiglio della Corona” per aiutare il Papa

Interpellato sul ruolo della Curia romana, l’Arcivescovo di Mechelen-Brussel dichiara che a suo giudizio “essa deve rimanere un organo di esecuzione nelle mani del Papa. La Curia è secondaria, assiste, ma non deve prendere in mano la direzione”.

Il Cardinale ripropone l’idea di istituire un “Consiglio della corona” come strumento per coadiuvare il Papa nel suo compito: “Rimango ancora convinto che raccogliere ogni tanto intorno al papa un piccolo Consiglio di personalità della Chiesa provenienti da diversi Paesi, i cui membri magari possono variare ogni due o tre anni, sarebbe per lui un aiuto, per essere sicuro di poter avvertire la temperatura della Chiesa”.

“La Curia non può sentire e registrare tale temperatura, non è il suo compito. Certo, c’è già il Sinodo dei vescovi, e il Collegio dei cardinali. Ma quello che chiamo il ‘Consiglio della corona’ potrebbe essere uno strumento più elastico, discrezionale, contingente, che certo non sta sopra il papa, ma è solo un organo di aiuto al suo servizio”, osserva poi.

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ZENIT Staff

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