Pakistan: una donna cristiana condannata a morte per blasfemia

Primo caso di condanna alla pena capitale di una donna per questo reato

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ROMA, mercoledì, 10 novembre 2010 (ZENIT.org).- Asia Bibi è la prima donna ad essere condannata a morte in Pakistan perché accusata di blasfemia.

La donna, 37 anni, operaia agricola e madre di due bambini, è stata accusata di aver offeso l’islam durante una discussione sul luogo di lavoro, durante la quale alcune donne musulmane avevano cercato di convertirla.

La sentenza, emessa da un tribunale del Punjab domenica sera, riguarda una discussione avvenuta nel 2009 a Ittanwali, durante la quale, di fronte alle insistenze delle colleghe a rinunciare al cristianesimo, Asia Bibi ha parlato di come Gesù sia morto sulla croce per i peccati dell’umanità, chiedendo alle altre donne cosa avesse fatto Maometto per loro, ricorda l’agenzia AsiaNews.

La norma del codice penale pakistano punisce con l’ergastolo chi offende il Corano e con la condanna a morte chi insulta il profeta Maometto.

Le colleghe musulmane hanno picchiato Asia Bibi e l’hanno chiusa in una stanza. Secondo quanto raccolto dall’organizzazione caritativa “Release International”, una piccola folla si è radunata presso il luogo dell’accaduto e ha iniziato a insultare lei e i bambini.

Il direttore di “Release International”, Andy Dipper, ha affermato che condannando a morte una donna per blasfemia “il Pakistan ha varcato una linea”. Ad Asia Bibi è stata inoltre inflitta una multa pari a due anni e mezzo del suo stipendio.

Peter Jacob, Segretario Esecutivo della Commissione nazionale “Giustizia e Pace” della Conferenza Episcopale del Pakistan, ha commentato la sentenza di condanna con Fides affermando che “i cristiani sono sotto tiro, per l’uso strumentale della legge anti-blasfemia”.

“I casi di false accuse si susseguono e siamo molto preoccupati: sono almeno 5 negli ultimi due mesi”, ha spiegato. “Purtroppo non vi sono cambiamenti in vista: il Governo non considera affatto una revisione o un’abolizione della legge. E questo è molto grave”.

La condanna di Asia Bibi è “un autentico oltraggio alla dignità umana e alla verità”, ha denunciato. “Faremo di tutto perché il giudizio venga smentito e rovesciato in appello”.

Le norme sulla blasfemia, ricorda “L’Osservatore Romano”, sono state introdotte tra il 1980 e il 1986 per garantire il rispetto della religione musulmana. In base a questa normativa, sono stati censurati anche alcuni siti Internet.

Secondo i dati pubblicati dal National Commission for Justice and Peace (Ncjp) della Conferenza episcopale del Pakistan, dal 1986 al 2009 ben 964 persone sono state arrestate per aver profanato il Corano o dissacrato Maometto. Di queste, 479 sono musulmane, 119 cristiane, 340 ahmadi, 14 indù e dieci di altre religioni.

La legge sulla blasfemia è spesso utilizzata come pretesto dai fondamentalisti per attaccare le minoranze religiose, che in Pakistan costituiscono il 4% della popolazione.

Il Pakistan Christian Congress (Pcc), che ha promosso varie conferenze a livello sia nazionale che internazionale per chiedere l’abrogazione delle norme sulla blasfemia, ha espresso preoccupazione per la sentenza di condanna a morte di Asia Bibi e ha fatto appello al Presidente del Pakistan per assicurare giustizia per la donna.

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ZENIT Staff

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