di Renzo Allegri

ROMA, giovedì, 4 novembre 2010 (ZENIT.org).- Il 6 e il 7 novembre, Benedetto XVI sarà in Spagna per il suo secondo viaggio apostolico in quella nazione. Due le tappe: il 6, a Santiago di Compostela, per rendere omaggio all’apostolo San Giacomo, evangelizzatore della Spagna, di cui è in corso “l’anno giubilare”, e il giorno dopo, 7 novembre, si recherà a Barcellona per presiedere il solenne rito di “dedicazione” del tempio della “Sagrada Familia”, il celebre capolavoro di Antoni Gaudì, monumento simbolo di Barcellona e della Catalogna.

La “Sagrada Familia”, (il cui nome esatto è “Tempio espiatorio della Sacra Famiglia”), è uno dei più grandi capolavori architettonici moderni. I lavori per la costruzione sono iniziati 127 anni fa, ma non sono ancora finiti. Si prevede che termineranno verso il 2030. Ma anche se incompleta, questa “cattedrale” è già una delle meraviglie ammirate da tutto il mondo, dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità: l’unico monumento che richiami ogni anno oltre due milioni di turisti.

Al di là del suo valore artistico, grandissimo, la “Sagrada Familia” ha un profondo significato religioso. E’ stata ideata, come le mitiche cattedrali del Medioevo, per essere soprattutto uno straordinario monumento alla Fede, un trattato teologico, un libro di pietra che racconta Dio, la creazione, la storia dell’uomo. Il suo autore, Antoni Gaudì, geniale architetto e insieme singolare santo, ha “materializzato” in questa sua opera, alla quale ha dedicato 40 anni della sua vita, la concezione teologica di chiesa, cioè “luogo della celebrazione dell’eucaristia e del culto”. Concetto che ha conquistato l’ammirazione di Benedetto XVI, che da sempre lo sostiene nelle sue direttive liturgiche. All’interno della Sagrada Familia, infatti, non ci sono, raffigurazioni, né cappelle laterali, niente che possa distrarre l’attenzione dall’altare, dal tabernacolo, dalla Messa. Le uniche tre immagini presenti sono la croce, cioè Gesù uomo-Dio, sua madre la Vergine Maria e San Giuseppe, cioè le due persone che con Lui formano alla “Sacra Famiglia”.

Le raffigurazioni illustrative, con innumerevoli immagini e simboli, sono tutte all’esterno del tempio e intrecciano un racconto immenso di tutto il mistero cristiano, secondo il ciclo dell’anno liturgico. Oltre a figure di santi, episodi biblici, scritte religiose, Gaudi volle arricchire ogni dettaglio di simboli, emblemi, elementi della flora e della fauna catalana, perchè questo tempio fosse il più rappresentativo possibile del popolo. Diceva: "La mia è un’opera che è nella mani di Dio e nella volontà del popolo". Il simbolismo è l’essenza principale della Sagrada Familia. La riveste, la fascia, presentandosi ovunque e in tutte le sue possibili forme. Un simbolismo forte, “parlante”, di tipo dantesco. Il cardinale Francesco Ragonesi, che dal 1913 al 1921 fu Nunzio apostolico in Spagna, quando andò a visitare il cantiere della Sagrada Familia, rimase molto colpito da questo simbolismo e disse a Gaudì, che gli illustrava il progetto: "Lei è il Dante dell’architettura".

"Antoni Gaudì ha dedicato tutto se stesso a questo capolavoro", dice padre Lluìs Bonet i Armengol, parroco della Sagrada Familia. "Quando ebbe l’incarico di questo lavoro, Gaudì era un giovane architetto ma già molto famoso. A poco a poco, lavorando a questo progetto, ne fu coinvolto al punto da abbandonare tutti gli altri impegni che gli davano celebrità e ricchezza, per dedicarsi completamente a questa opera immensa con la quale voleva celebrare Dio nel corso dei secoli". Padre Lluìs Benet i Armengol è figlio di un famoso architetto che conobbe Gaudì e lavorò con lui, e, oltre ad essere parroco della Sagrada Familia è anche il vice-postulatore della causa di beatificazione di Gaudì.

"Nel 1992 - racconta - un gruppo di cattolici di Barcellona fondarono l’Associazione per la Beatificazione di Antoni Gaudì. Venne raccolta un’ampia documentazione informativa e il 18 aprile 1998 il cardinale di Barcellona mi nominò vicepostulatore della causa. Il processo diocesano è proseguito celermente e si è concluso il 13 maggio 2003. Ora gli atti sono a Roma, alla Congregazione per le Cause dei santi, dove il processo continua. Il fatto che il Papa in persona abbia voluto venire a Barcellona per celebrare il rito della dedicazione della Sagrada Familia fa sperare che il processo di beatificazione dell’autore di questo capolavoro possa concludersi al più presto".

La chiesa, quando sarà finita, probabilmente risulterà essere la più grande basilica del mondo. Attualmente, è realizzata per il 60 per cento. Sono pronti, la navata centrale, il pavimento, le vetrate, l’altare maggiore e il baldacchino. Per l’arrivo del papa, circa 8000 fedeli potranno accedere all’interno della Basilica su una superficie di 4500 metri quadrati. La Sagrada Familia ha tre grandi facciate, alle quali Gaudì ha dato i nomi di Natività, Passione e Gloria. Ognuna, con tre porte che simboleggiano le tre virtù teologali: fede, speranza e carità. La facciata della Natività si trova di fronte al sorgere del sole e rappresenta la vita. E’ in stile gotico, con infiltrazioni moderniste, innumerevoli elementi naturalistici di flora e fauna, tartarughe di terra, lumache, paperi, galli e gufi che rendono l’opera densa di vitalità. La facciata della Passione ricorda la passione e morte di Gesù e celebra la desolazione, il dolore: si presenta nuda, con forme semplici ed ornamenti scarni, che richiamano l’autunno e l’inverno. La terza porta, della Gloria, che non è ancora finita, è orientata a mezzogiorno e celebra l’uomo all’interno della creazione. La parte alta della basilica richiama una foresta con grandi alberi che svettano nel cielo. L’idea fondamentale dell’ispirazione architettonica di Gaudì era legata alla natura. Attraverso lo studio delle sue forme, che sono ordine e bellezza, la natura conduce a Dio Creatore. "Il mio maestro è l’albero del giardino di fronte alla mia finestra", diceva Gaudì. "Tutto deriva dal grande libro della Natura".

"Gaudì svolgeva la sua attività di architetto con uno spirito profondamente religioso, intriso di preghiera e adorazione", dice padre Lluìs Bonet. "Secondo lui, la creazione voluta da Dio non è finita, ma continua attraverso le creature che operano nello spirito di Dio. Diceva: 'Tutti coloro che cercano le leggi della natura per modellare nuove opere, collaborano con il Creatore'. Il cardinale Ricardo María Carles Gordó, che da arcivescovo di Barcellona ha molto sostenuto l'apertura della causa di beatificazione di Gaudì, disse: 'Egli seppe trovare nella natura nuove fonti d’ispirazione per la sua arte e in questo modo ci mostrò soprattutto due cose: che la creazione è opera del Grande Artista, che è il Padre, il quale ha creato tutto il mondo come un regalo al Figlio, 'espressione della sua gloria e impronta della sua sostanza'".

Sulla parte alta della Sagrada Familia ci sono 18 torri che si protendono verso il cielo. Torri affusolate, ieratiche, solenni e di altezza diversa. Dodici rappresentano i dodici apostoli. Quattro, più elevate, rappresentano i quattro evangelisti, e ognuna di esse è sormontata da una statua raffigurante il tradizionale simbolo di ciascuno evangelista: l’angelo, il bue, l’aquila e il leone. Più alta è la torre dedicata alla Madonna, sormontata da una corona di stelle. E infine, la torre di Gesù, che supera tutte in altezza ed è sormontata da una grande croce. Questa torre misura 170 metri ed è visibile da molto lontano: di giorno brilla grazie ai mosaici da cui è composta; di notte splende per la luce proiettata dalle altre torri.

"Il concetto di famiglia era fondamentale nella mente di Gaudì", spiega padre Lluis Bonet. "Egli era innamorato di Gesù, devotissimo della Madonna e di San Giuseppe, cioè della 'Sacra Famiglia', che, secondo lui, rap presentava il fulcro della fede cristiana, il centro della creazione, il simbolo della salvezza dell’universo, anche da un punto di vista ecologico". Nato a Reus, in Catalogna, il 25 giugno 1852, Antoni Gaudì apparteneva a una famiglia modesta di calderai, cioè artigiani che costruivano manufatti in rame o lamiera. Fin da bambino mostrò una particolare vivacità intellettuale e la famiglia decise di farlo studiare. Per otto anni frequentò la scuola degli Scolopi a Reus e poi la Scuola di Architettura a Barcellona. Per pagarsi gli studi, lavorava affrontando sacrifici non piccoli. Si laureò in architettura nel 1878 e subito aprì un suo piccolo studio a Barcellona. Gli inizi furono difficili, ma il suo genio era prorompente e in poco tempo si impose all’attenzione come uno dei giovani architetti più originali e innovatori. Stupiva ed entusiasmava con idee belle e insieme d’avanguardia. Se lo contendevano i più ricchi imprenditori e per loro Gaudì realizzò, non solo a Barcellona, opere che continuano ad attirare folle di ammiratori.

"Era però un architetto particolare", dice padre Lluìs. "Non aveva sete di guadagni, di gloria, ma bruciava di passione per il suo lavoro, una passione che scaturiva dalla sua profonda fede religiosa e trasformava il suo operare in una continua preghiera. Dedicava a Dio ogni sua opera, e cercava di lasciare su di essa, anche se era un’opera civile, un 'segno' religioso, una statua della Madonna, la croce, e cose del genere. A volte si scontrava con chi gli aveva commissionato il lavoro, perché la Spagna, all’inizi del Novecento, era percorsa da un forte vento anarchico e da un socialismo ateo, anticlericale. Ma non si piegò mai alle mode politiche o ideologiche, preferiva perdere il lavoro".

L’incarico della costruzione della Sagrada Familia lo ricevette nel 1883, quando aveva 31 anni. "I lavori erano già iniziati", racconta padre Lluìs. "Una Associazione di devoti di San Giuseppe, sorta nel 1866, voleva costruire un tempio dedicato alla Sacra Famiglia. Ma i due architetti del progetto iniziale non andavano d’accordo e fu necessario sostituirli con un terzo. Venne scelto Gaudì, che era il giovane artista emergente. Gaudì, già assistente di uno degli architetti belligeranti, accettò l’incarico e si appassionò a quel lavoro, che divenne la ragione della sua vita. Il progetto iniziale venne da lui stravolto in un progetto nuovo, stupefacente, studiato nei minimi dettagli. Un’opera mastodontica, che avrebbe richiesto una montagna di soldi, ma che poteva invece contare solo sulle scarse sovvenzioni dell’Associazione di San Giuseppe. E Gaudì si aggrappò a quel Santo, di cui era molto devoto. Ogni giorno lo pregava, lo proclamò amministratore della sua opera e prima di morire disse che l’opera era stata fatta da San Giuseppe”.

"In certi momenti, quando i soldi mancavano del tutto, Gaudì si trasformò in mendicante. Andava per le strade di Barcellona a chiedere la carità. Molti ritenevano che fosse impazzito. Non riuscivano a concepire che un uomo del suo genio, che avrebbe potuto avere enormi ricchezze se solo si fosse applicato ai progetti che la ricca borghesia gli chiedeva, pensasse invece solo a quel 'tempio' che forse non sarebbe mai stato portato a termine. Ma lui non badava alle chiacchiere. Con l’aiuto delle offerte della povera gente, continuò a costruire. 'Questo tempio verrà finito da san Giuseppe', diceva. 'Nella Sagrada Familia tutto è frutto della Provvidenza, inclusa la mia partecipazione come architetto'".

Purtroppo, Gaudì riuscì a portarne a termine solo una parte del progetto. Il 7 giugno 1926, mentre camminava per la città, venne investito da un tram. Ricoverato, morì tre giorni dopo, il 10 giugno, e venne sepolto nella cripta della chiesa che stava costruendo. "Dell’opera aveva però realizzato tutti i bozzetti e li aveva illustrati con migliaia di disegni e appunti", spiega padre Lluìs. "I suoi collaboratori poterono così continuare la grande impresa. Ma, durante la Guerra civile, lo spirito ateo che dominava in Spagna spinse gruppi di facinorosi ad accanirsi contro l’opera di Gaudì. Distrussero parte dei bozzetti, profanarono la tomba dell’architetto e tentarono di demolire il tempio in costruzione. A guerra finita, i modellini, sulla scorta di disegni e fotografie, furono recuperati e il lavoro potè riprendere".

Oggi, Antonio Gaudì è riconosciuto come uno dei grandi geni dell’architettura.   La Corbusier lo ha definito  “Il più grande architetto in pietra del secolo XX”, e Joan Mirò "il primo fra i geni". La sua fama non è legata solo alla “Sagrada Familia”, ma a molte altre straordinarie opere da lui realizzate in varie città della Spagna, quando era giovane. Opere che lo hanno reso famoso in tutto il mondo e richiamano folle di turisti. "Ma non è possibile separare il Gaudì-architetto dal 'Gaudì-cristiano', dall’uomo profondamente religioso", sostiene padre Lluìs. "Negli atti del processo diocesano, sono raccolte molte testimonianze di persone che lo hanno conosciuto, e tutti affermano che fu un grande santo. Una santità, la sua, classica ed eclatante data la sua professione e la sua fama artistica. Una santità fatta di preghiera, di sacrifici, di povertà, di carità verso i poveri”.

"Anche se era una celebrità, tutte le mattine si alzava presto per andare a Messa. Uscendo di casa, si fermava sempre davanti a una statua di Sant’Antonio a pregare. La sua povertà era assoluta. Non aveva neppure da vestire. Andava in giro come un barbone. Quando finì sotto il tram non venne riconosciuto e i soccorritori lo trasportarono all'ospedale della Santa Croce, un ospizio costruito per i mendicanti. Pensavano fosse un barbone senza fissa dimora. La notizia della morte del grande architetto si sparse per la città. Ai funerali partecipò una grande folla, costituita in gran parte da quella povera gente che lui frequentava e aiutava. Un giornale di Barcellona, La Veu de Catalunya titolò: 'A Barcellona è morto un genio! A Barcellona ci ha lasciato un santo! Anche le pietre lo piangono'”.

"La fama di santità di Antoni Gaudì fu sempre viva a Barcellona. Subito dopo la morte, venne pubblicato un libro dove 17 celebri scrittori ricordavano il grande personaggio. Tutti misero in evidenza la sua santità e uno di quei capitoli si intitolava 'L’architetto di Dio'. Gaudì è sepolto nella cripta della Sagrada Familia e io, come parroco di questa chiesa, vedo ogni giorno persone che vanno su quella tomba a pregare e molte raccontano di avere avuto, per intercessione di Gaudì, grazie strepitose".